Archive for novembre 2007

La casta dei tassisti

Hanno un diritto esclusivo, recintato ed inalienabile? Sono parte di un albo inaccessibile, come notai, avvocati e professionisti in genere? Brahmini di una casta sacra d’intoccabili? O discendenti diretti degli Dei? I tassisti scioperanti che bloccano la viabilità della capitale, peraltro già pesantemente compromessa, si arrogano il diritto di vietare la concorrenza. Come se un impiegato delle Poste smettesse di accettare bollettini,  per impedire nuove assunzioni, come se un barista spegnesse la macchina del caffè, per opporsi all’apertura di nuovi esercizi. Potranno certamente pronunciarsi “contro”, manifestare la propria opinione di dissenso, ma non interrompere il servizio per dettare di fatto la scelta amministrativa da intraprendere. I tassisti guidano. Non governano, né amministrano.

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L’ennesimo lifting

Il coniglio estratto dal cilindro del Cavaliere, in piazza S. Babila pochi giorni fa, ha stupito ogni astante e sorpreso tutti gli addetti ai lavori. L’inatteso exploit del più esperto dei prestigiatori.
Con un sol colpo, magistralmente meditato e riuscito, Berlusconi ha portato in cascina parecchio fieno.
Innanzitutto si è ritagliato una settimana (almeno) di prime pagine e discussioni, rientrando sulla scena politica dalla porta principale. Non s’è parlato d’altro, rievocando anacronisticamente lo spirito nuovo della sua “discesa i campo”. Proprio come se per quindici anni fosse stato altrove.
In secundis il Cavaliere ha oscurato, con una sorta di ingente eclissi mediatica, Veltroni e il suo neonato partituccio. Mesi e mesi per partorire il deforme feto del PD ed oggi il perbenista Walter si ritrova senza voce e senza i clamori e la pubblicità che tanto aveva sognato, progettato, meritato. Doveva essere la stagione del Partito Democratico, nella quale spiegare e promuovere uomini, idee e programmi nuovi (nuovi?), ed invece si è rivelata la stagione del Partito del Popolo delle Libertà, delle donne arrembanti e del rosso malpelo.
Infine Berlusconi ha ristabilito le gerarchie all’interno della propria scuderia. Soffrendo, il Nostro, di egocentro-narcisismo tremens, mal sopportava i picchi di popolarità ed il successo dei Fini e dei Casini qualunque: “il capo sono io, o con me o contro di me”.
Proprio quest’ultima circostanza, ovvero il macero della CdL, rischia di rappresentare l’elemento più innovativo di tutta la delirante fiction.
Delle anomalie politiche che farciscono l’annuncio di Berlusconi, le più macroscopiche sono fondamentalmente due.
La prima è che a fronte della farsa del referendum “subito al voto” promosso contro Prodi, Berlusconi ha applicato una curiosa proprietà transitiva. Siccome, secondo lui, dieci milioni di italiani vogliono che Prodi vada a casa, allora questi cittadini vogliono che io fondi un partito nuovo. Intanto sarebbe interessante verificare davvero quanti si sono recati ai gazebo per l’assurda raccolta di firme di Forza Italia, dieci milioni sembrano francamente un po’ troppi. Ma poi come si può trasporre la richiesta di nuove elezioni, nel mandato a fondare un nuovo partito? Per assurdo anche un rifondarolo potrebbe chiedere le dimissioni di Prodi, ma questo non significa che sia pronto ad aderire al club della Sciura Brambilla.
La seconda anomalia andrebbe spiegata agli elettori. Che cosa differenzia Forza Italia dal Partito del Popolo delle Libertà, o come cavolo si chiama? Non cambia il vertice, né la base, non si annettono partiti terzi… Qual è il valore aggiunto dunque?
L’impressione è che il Redivivo abbia puntato sull’ennesimo lifting, ringiovanendo i tessuti del partito e facendo un po’ di liposuzione ai vecchi colonnelli plurinquisiti. Per altri quindici anni dovrebbe essere a posto.

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La rimpatriata

Mi preme ringraziare coram populo Gianluca e Daniela per la bella serata di sabato. Al di là dei festeggiamenti per i loro dieci anni di matrimonio (circostanza forse più importante di tutte), è stata l’occasione di rivedere vecchi amici che da anni latitavano. Ascoltare voci e scambiare sguardi con persone “perse di vista” è stato magnifico. Potrei dilungarmi facendo nomi e cognomi, suggerendo emozioni ed inevitabili ricordi che molti dei partecipanni hanno suscitato. Ma non è rilevante. È rilevante esserci stati.
Detto da me, elitista per vocazione ed ostile nei confronti di confusione e cumuli umani, forse vale doppio.

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Beota ignoranza

C’è un’inquietante ignoranza nelle firme raccolte in questi giorni per “Subito la voto”, l’iniziativa di Forza Italia per mandare a casa il governo Prodi. Non che il Gabinetto di Centrosinistra abbia acquisito grandi meriti e debba essere plaudito e premiato, anzi… tutt’altro.
Le migliaia di persone che si sono recate nei gazebo a firmare, dovrebbero sapere che il loro contributo civile non avrà alcun fine pratico. Le raccolte di firme possono avvenire o per promuovere referendum abrogativi di leggi esistenti (divorzio, caccia, leggi elettorali) o per dare vita a proposte di legge di iniziativa popolare (ultima in ordine di tempo quella del “Parlamento pulito” di Beppe Grillo). Non ha alcun riscontro con la storia, e soprattutto con il diritto pubblico, una raccolta di firme per licenziare un governo in carica. Terminato il weekend di mobilitazione popolare, e consegnate le migliaia di adesioni, cosa si aspettano che accada? Che Napolitano, ricevute centomila firme, sciolga le camere ed indìca nuove elezioni? Ma si può essere più ingenui? Più beoti, più ignoranti?
Bene inteso che l’ignoranza non alberga in Forza Italia, pienamente consapevole di aver mobilitato solo una campagna d’opinione e di aver fomentato e pilotato un dissenso diffuso e sostenuto, ma piuttosto nei cittadini plagiati da tanta demagogia e permeati da un analfabetismo del diritto.
Se poi si sapesse (e lo si dovrebbe sapere!) che questa legge elettorale è la peggiore della storia repubblicana e che, se non verrà cambiata prima delle nuove elezioni, produrrà nuovi ed ulteriori abomini, forse non ci si recherebbe a firmare tanto facilmente.

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I figli degeneri di Robespierre

Robespierre salterebbe sul patibolo, pervaso dalla sorpresa ed esaltato dalla profonda speranza. Se potesse vederli, quegli ultrà che si sono ribellati alle forze dell’ordine, forse non crederebbe ai suoi occhi. Affronterebbe la morte col ghigno fiero del padre soddisfatto, che ha scoperto figli degni, emuli coraggiosi della lotta al potere.

Lotta dura che piega l’ordine costituito, costringendolo a sospendere le partite. Assalti alle sedi giornalistiche, armi in pugno contro i mezzi della polizia, cariche alle caserme. A vederlo così, sembra proprio il popolino che esausto alza le mani contro il governante. Rivoluzione.

Viene da chiedersi come mai tutta questa energia, questo coraggio e questo ardore, degne dei più nobili ideali giacobini,  non vengano spiegati in battaglie più sensate. Perché nessuno insorge contro un parlamento di pregiudicati, contro un aumento inverosimile dei carburanti che tra le accise comprendono ancora le sovvenzioni per la guerra d’Abissinia o la ricostruzione del Vajont? Perché nessuno imbraccia le armi contro la mafia o lo strapotere truffaldino delle lobby bancarie? Contro i mass media da regime o la casta degli intoccabili?

I disordini di ieri sono solo lo sfogo di insane e dissennate brame. La drammatica morte di un tifoso, vittima di una raccapricciante e tragica fatalità, è stata l’occasione per sfogare la violenza e menare le mani. Dietro a ciò, nessun ideale, nessun sogno, nessuna utopia. Altro che lotta al potere.

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Editto Bulgaro – L’Estremo oltraggio

“Caro Enzo,
non vorrei disturbare il tuo secondo giorno di Paradiso, anche perché ti immagino lì affacciato sulla nuvoletta in compagnia delle tue adorate Lucia e Anna e dei tuoi amici Montanelli e Afeltra.
Ma, se vuoi farti qualche sana risata, dai un’occhiata a quel che sta accadendo in Italia intorno alla tua bara, perché ne vale la pena. Berlusconi è fuori concorso: ieri ha ringraziato l’Unità per aver riportato il testo dell’editto bulgaro in cui ti dava del «criminoso» e ordinava ai suoi servi furbi di cacciarti dalla Rai. «L’Unità – ha detto – finalmente mi ha reso giustizia».
Dal che puoi dedurre quale sia il suo concetto di giustizia. Poi ha rivelato che l’editto bulgaro non c’è mai stato.
Ma, a parte il Cavaliere che ormai appartiene all’astrattismo, o al futurismo, ci sono tanti colleghi che, appena saputo della tua morte, han ritrovato la favella sul tuo conto, dopo un lungo silenzio durato sei anni, e han cominciato a parlare a tuo nome.
Marcello Sorgi chi non muore si rivede ha scritto sulla Stampa che «il maggior dolore di Biagi, nel 2002, all’epoca dell’editto» bulgaro, non fu l’editto bulgaro medesimo, ma «il ritrovarsi nel calderone berlusconiano dei reietti insieme con Santoro, Freccero, comici come Luttazzi e la Guzzanti e così via». Gentaglia, insomma.
Non ricorda, il pover’uomo, che tu eri orgoglioso di quella compagnia, come hai ripetuto mille volte nei tuoi ultimi libri e nelle tue dichiarazioni, al punto di farti intervistare per due ore da Sabina per il film «Viva Zapatero» e di intervistare Luttazzi all’inizio della tua ultima avventura televisiva.
Poi ci sono Feltri e Cervi, che approfittano della tua dipartita per dire che in fondo, tra te e il Cavaliere, è finita pari e patta. «Biagi l’ha fatta pagare ai suoi detrattori e loro l’hanno fatta pagare a lui», anzi «Biagi e Berlusconi si somigliano». Cervi, sul Giornale che ti ha insultato per sei anni di fila raccontando che te n’eri andato volontariamente dalla Rai per intascare una congrua liquidazione, riconosce spericolatamente che «Berlusconi ha sbagliato», ma pure «Biagi aveva acceduto»: uno a uno, palla al centro. Anche il nostro amico Michele Brambilla, purtroppo, scambia le cause con gli effetti, non distingue il lupo dall’agnello e domanda a chi osa rammentare chi e come ti ha rovinato gli ultimi sei anni di vita: «Ma perché tutto questo rancore?». Parla addirittura di «uso politico della morte», come se non fosse proprio chi ti ha voluto e fatto tanto male a usare la tua morte per minimizzare l’accaduto o addirittura negarlo o comunque raccontarlo a modo suo, profittando del fatto che non puoi più smentire certe frottole. Brambilla cita una frase di Paolo Mieli: «Non credo che Enzo avrebbe voluto essere ricordato per quell’episodio». Strano: ci avevi dedicato gli ultimi tre libri (l’ultimo, scritto con Loris Mazzetti, s’intitola «Quello che non si doveva dire») e ne parlavi sempre come della peggiore violenza che tu avessi mai subìto nella tua vita, peggio di quella della Dc che ti silurò dal tg Rai nei primi anni 60 e di quella di «Artiglio» Monti che ti cacciò dal Resto del Carlino.
Così il diktat bulgaro viene ridotto a incidente di percorso, a sfogo momentaneo, peraltro giustificato dalle tue «esagerazioni» (avevi financo intervistato Montanelli e Benigni). E nessuno ricorda che ancora un anno fa l’amico Silvio, quello che ti stimava tanto, non contento di averti fatto licenziare dalla Rai, chiese di farti fuori anche dal Corriere: «È una vergogna che un giornale come il Corriere della Sera ospiti i rancori di un vecchio rancoroso che ce l’ha con me» (Ansa, 21 maggio 2006).
Per fortuna è rimasto in vita qualche tuo vecchio amico di buona memoria, come Sergio Zavoli, che ha ricorda come la tua «prova più ardua e iniqua» sia stata proprio l’editto bulgaro. Ma è uno dei pochi. Era già accaduto al vecchio Indro, anche lui come te troppo generoso per aggiungere al testamento la lista delle persone che non avrebbe voluto alle sue esequie (lui però, forse presagendo l’affollamento di coccodrilli e paraculi attorno al feretro, diede disposizione di non celebrare alcun funerale). Prima di salutarti, caro Enzo, ti segnalo un’ultima delizia: Johnny Raiotta, quello del Kansas City, ha chiuso lo speciale Tg1 a te dedicato con queste parole: «Biagi fu cacciato dal tg dopo pochi mesi, io al Tg1 sono durato già il doppio. In qualche modo, l’Italia migliora…». Che vuoi farci, è l’evoluzione della specie.”

(Marco Travaglio – 8 novembre 2007)

Mi limito ad aggiungere che anch’io ho vuto l’impressione che il Tg1 di Riotta sia uno dei peggiori degli utlimi anni. E mi dispiace, perchè mi sembrava un buon giornalista.

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Quell'impossibile via di mezzo

Tra il garantismo preventivo e insensato di Rifondazione, che vuole “ammorbidire” qualsiasi cosa, anche un decreto fetale a rischio di aborto o di malformazione da forcipe, e le sparate irresponsabili della Lega che invoca ronde e giustizia sommaria, potrà pure esserci un punto di equilibrio? Nel mezzo, nella vasta landa che spazia dai comunisti ai neo-squadristi di Pontida, è peregrino sperare che ci possa essere una diffusa comunione di intenti ed obiettivi, finalizzata a provvedimenti ragionevoli ed equi? È davvero balzana la speranza che si possa arrivare ad una sintesi condivisa e saggia? Che si lavori insieme per un risultato comune?

Ha ragione il direttore del Sole 24 ore, Ferruccio De Bortoli, quando dice che i politici sono riusciti a  trovare intese trasversali sull’indulto, ma non sanno trovare accordi quando in ballo c’è davvero la sicurezza dei cittadini.

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