Archive for agosto 2017

Ferragosto mantovano

Il folklore, nelle sue varie forme,

non deve essere concepito come una bizzaria,

una stravaganza o un elemento pittoresco,

ma come un’espressione spirituale da prendersi sul serio

(G. Gozzi, Superstizioni? Credenze, Ubbie, Incantesimi, Magie)

 

Ieri mi trovavo in piscina e non ho potuto fare a meno di ignorare la conversazione tra alcuni ragazzini vicini. Un gruppetto di quindicenni  stava organizzando l’imminente giornata di Ferragosto. Ad un certo punto il più loquace della schiera lancia, con claudicante cadenza mantovana, un’imbarazzante domanda: “Oh ragàs, ma che festa è Ferragosto? Seriamente, dai… che festa è? Cosa si festeggia?” Le ragazze ridono, i ragazzi rispondono oscenità prive di senso, ma nessuno azzarda la minima risposta. Anche l’artefice del dibattito desiste dal cercare argomentazioni pertinenti. Tabula rasa: il quesito rimane sospeso, astruso, irrisolto. Vien voglia di alzarsi ed improvvisare una sintesi, dall’Editto di Costantino ai giorni nostri. Ma fa troppo caldo, è quasi Ferragosto dicono.

Invece per i mantovani più colti, Ferragosto significa soprattutto “Fiera delle Grazie”. Oltre al celebre Santuario Mariano, il mantovano ruspante medio è legato alla tradizione del cotechino, che qui si degusta anche con trentacinque gradi.

Il Santuario della Madonna delle Grazie è celebre soprattutto per il suo coccodrillo imbalsamato, appeso al soffitto. Al di là delle tante e suggestive leggende, si tratta di un’offerta ex voto, probabilmente proveniente da qualche viaggio in Africa. Il coccodrillo, alla stregua di un serpente o di un drago, era simbolo del demonio ed il fatto di appenderlo al soffitto di una chiesa rappresenta inevitabilmente la vittoria di Dio su Satana, del bene sul male. Tuttavia, quello che mi ha sempre affascinato molto di questa chiesa non è tanto il suo coccodrillo, spauracchio affascinante di ogni bambino, quanto piuttosto i numerosi manichini che ne riempiono i lati. Fantocci di cartapesta, gesso, legno e altri stravaganti materiali dell’epoca, costruiti come preghiere ex voto, per ringraziare la Madonna delle svariate grazie ricevute. Ogni statua riporta un’iscrizione, la metopa, che ne chiarisce la ragione d’essere. Sotto l’impiccato, ad esempio, è scritto: “io veggo e temo ancor lo stretto laccio, ma quando penso che tu l’hai disciolto, ribenedico il tuo prezioso braccio”. Ogni manichino ha evidentemente una storia, ogni storia una suggestione. È il fantastico mondo di superstizioni, credenze, ubbie, incantesimi, magie e… religione.

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Uomini forty – Ferrata Alleghesi

La più bella muraglia di roccia delle Alpi

(D. Buzzati)

La conquista di una vetta oltre i 3000 metri, non può mai dirsi banale. L’arrivo sul Monte Civetta è stato il coronamento di un vecchio sogno. La fantasia, bizzarra e forse morbosa, di percorrere la ferrata con il maggior dislivello a me noto. Quasi mille metri di sola ascesa ferrata. Se ne esistono di più “alte”, dovrò assolutamente farle.

La Alleghesi è considerata una delle vie più belle delle Dolomiti e poi l’imponenza del Civetta è tutta nelle parole di Buzzati. Dalla cima sia ha una vista a trecentosessanta gradi sulla Moiazza, sulla Marmolada, sulle Tofane, sul Pelmo.

Giro estenuante, non tanto per le difficoltà tecniche della via, ma per la lunghezza di tutto il percorso. La partenza dal rifugio Coldai, la salita alla vetta, la discesa al rifugio Torrani ed il ritorno a Palfavera attraverso la via normale. Dieci ore intense, tempi di sosta esclusi. Un’infinità a ripensarci.

Avventura forte, massacrante, quasi mistica. Tra le più belle esperienze montane della mia vita. Ringrazio Simone per avermi accompagnato in questa fantastica impresa.

Rifugio Coldai

Rifugio Coldai

 

Lago Coldai, ai piedi del Civetta

Lago Coldai, ai piedi del Civetta

 

Quasi in cima

Quasi in cima

 

Dalla cima: il mio compare sotto e più giù il lago di Alleghe

Dalla cima: il mio compare sotto e più giù il lago di Alleghe

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