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Buona forchetta (a casa mia) – Breve passo dall’Alto Adige al mare

Talvolta mi assale il desiderio di bere una buona bottiglia di vino, anche se non sto cenando solennemente con gli amici, ma sto mangiando nell’intimità semplice e confortevole della mia famiglia. Il dubbio è concreto: apro la bottiglia, pur sapendo che non la finirò? Oppure rinuncio e rimando il piacere a serate più consone? Spreco una bottiglia se la bevo a più riprese da solo? La dignità del vino buono merita per sua natura la condivisione del piacere?

Da qualche tempo, di fronte a queste domande, la regola è semplice e dirime ogni perplessità esistenziale: se ho voglia, si apre.

Stavolta galeotto fu il pinot bianco, comprato qualche settimana fa alla cantina di Elena Walch. Ovviamente per ogni buon vino occorre un piatto all’altezza. Bigoli all’orata, con capperi e pepe rosa. Le guide specializzate direbbero: “semplice, estivo, gustoso, leggero”.

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AltRo Adige

Sempre pronto a una nuova idea e ad un antico vino
(B. Brecht)

Questa volta il protagonista delle nostre irruzioni enologiche è stato l’Alto Adige. Terra amata per le montagne, per l’ordine, per la tranquillità e per i vini bianchi straordinari. Innanzitutto l’approdo alla magnifica cantina Elena Walch di Termeno, con il palazzo residenziale al centro del paese ed il suo curatissimo parco. Questo luogo sembra un villaggio nel villaggio. Una visita guidata, tra la tecnologia di ambienti e macchinari ultramoderni e i profumi e le suggestioni di luoghi ancestrali ed ammalianti. Da una parte i monitor touch screen permettono di controllare l’evoluzione di ogni singolo acino, dall’altra imponenti botti di rovere testimoniano la loro lunga vita con bassorilievi secolari e doghe che han visto passare la storia. Un connubio speciale che colpisce lo sprovveduto visitatore quale sono. Degustazione  ottima e abbondante, immersi (è il caso di dirlo) tra l’aroma del gewürztraminer ed il calore del lagrein riserva. Sarà anche una cantina commerciale e dispendiosa, ma l’accoglienza ricevuta e la qualità assaporata ci hanno piacevolmente sorpreso.

La giornata è proseguita sulle rive del Lago di Caldaro, a pranzare sulla luminosa veranda dell’Hotel Leuchtenburg. Dopo una breve passeggiata, abbiamo visitato la cantina Haderburg di Salorno, di dimensioni decisamente più familiari.

Ringrazio i partecipanti per la bella giornata, che ci ha permesso di assaporare e apprezzare un altro Trentino, diverso e un po’ insolito.

Nota bene per i miei compagni di viaggio. La raffigurazione di Mosè con le corna e la sua spiegazione da parte di Anna è abbastanza vera. I corni sulla testa di Mosè rappresentano raggi di luce. Infatti nella Bibbia è riportato che Mosè scendendo dal monte Sinai aveva due raggi che partivano dalla sua fronte. In ebraico “raggi” si scrive “karen”, che però nelle varie traduzioni è stato trasformato in “keren” (corna) anche perché nel Medioevo si riteneva che solo Gesù potesse avere il volto pieno di luce.  Le corna che si possono vedere sul capo della famosa statua del Mosè di Michelangelo derivano da un errore della Vulgata, la famosa prima versione latina della Bibbia, che interpretò come «corna» la voce ebraica che doveva essere rettamente tradotta «raggi di luce». Il passo è il seguente: «Ora Mosè, scendendo dal monte Sinai con le due tavole della testimonianza, non sapeva che dal suo capo uscivano due raggi a cagione del suo trattenimento familiare con Dio.» (Esodo, XXXIV, 29). Michelangelo si attenne alla versione corrente del suo tempo; ed anzi, prendendola alla lettera, diede al suo Mosè due corna ben visibili.

Per le scritte in gesso sui muri, invece, la spiegazione è la seguente: le iniziali C, M, e B ricordano effettivamente i tre magi Caspar, Melchior e Balthazar. Le due cifre di secolo ed anno indicano evidentemente la data. Il segno + fra le lettere e i numeri indica la croce cristiana e sottolinea la sacralità della scritta. Si tratta di un’usanza che si tramanda nel nord Europa nel periodo natalizio, per benedire le famiglie. La scritta è infatti anche l’acronimo latino di “Christus Mansionem Benedictat” cioè Cristo benedica questa casa.

Tutto questo… per la precisione.

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Buona forchetta – Al porto di Clusane

Il vino è la parte intellettuale del pranzo

(M. Renault)

La voglia di trascorrere qualche ora insieme, all’insegna della comune passione per la tavola, è stata l’occasione per raggiungere la Franciacorta. Territorio a me alieno, evocato nella mia memoria solo dalle etichette del vino, più che dalle peculiarità del paesaggio.

E giustappunto, su questo leitmotiv abbiamo dapprima visitato la cantina Castelveder, piccola tenuta a pochi chilometri dal lago d’Iseo, poi la meno romantica cantina Massussi.

Lieto finale in riva al lago, alla Trattoria del Porto di Clusane. Elegante ristorante proprio sul ciglio del piccolissimo porticciolo, non troppo formale… come piace a noi. Alle pareti stonano le reti da pesca appese, ma i muri facciavista in pietra, la mobilia antica e i soffitti bianchi restituiscono un quadro nel complesso raffinato. Il pesce di lago la fa da padrone, in tutte le sue variegate varianti.

Non ho pagato io, ma il voto è 7.5.

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Tartufo costituzionale, sì o no?

In Italia si può cambiare soltanto la Costituzione. Il resto rimane com’è

(I. Montanelli, su Frankfurter Allgemeine Zeitung)

 

Le qualità migliori del mio amico Augusto sono che abita in una zona di produzione di tartufi, che se ne intende e che spesso li porta in dote con se quando si sposta. Adorabile (il tartufo).

E galeotta fu la cena. Perché ieri tra un crostino ed una tagliatella all’uovo, la  taglierina ha sfavillato. Lo champagne vellutato ha ammorbidito gli animi ed il referendum costituzionale alle porte è stato oggetto di acceso dibattito. Augusto, accanito sostenitore del “sì”, mi ha dato dieci buoni motivi per approvare la riforma. Il sottoscritto, fervido difensore del “no”, ne ha suggeriti altrettanti per cassarla.

In assoluto, probabilmente nessuno dei due ha ragione. Di seguito riepilogo il nostro contributo al dibattito di riforma costituzionale. Ciascuno potrà attingere dove e come vuole.

Ah…ringrazio ovviamente Augusto per il tartufo e la padrona di casa per le ottime tagliatelle.

 

Voterò Sì

  1. perché non voglio più 315 senatori, lautamente pagati, per fare lo stesso lavoro di 630 deputati, lautamente pagati;
  2. perché non voglio più che i consiglieri regionali prendano somme scandalosamente alte. Lo stipendio del sindaco capoluogo di regione basta e avanza. Va bene anche che i gruppi regionali non abbiano più il finanziamento pubblico;
  3. perché si abolisce il CNEL, che nessuno sa cosa fa, compresi i membri del CNEL. Costa 20 milioni di euro all’anno e, in totale, è costato un miliardo alla finanza pubblica;
  4. perché le province saranno finalmente abolite, togliendo la parolina dalla Costituzione;
  5. perché non ne posso più delle materie “concorrenti” tra stato e regioni. Dopo 15 anni nessuno ha capito cosa fa uno e cosa deve fare l’altro;
  6. perché il Parlamento avrà, finalmente, l’obbligo di discutere e deliberare sui disegni di legge di iniziativa popolare proposti da 150mila elettori;
  7. perché saranno introdotti i referendum propositivi e d’indirizzo. Si abbassa il quorum per la validità dei referendum abrogativi. Se richiesti da 800mila elettori, non sarà più necessario il voto del 50% degli aventi diritto, ma sarà sufficiente la metà più uno dei votanti alle precedenti elezioni politiche;
  8. perché TUTTE LE FORZE POLITICHE, nessuna esclusa, nella campagna elettorale del 2013, promisero che avrebbero fatto  le riforme costituzionali;
  9. perché se non passa questo Referendum nessuno parlerà più di riforma costituzionale per i prossimi 20 anni, con grande gioia dei senatori e consiglieri regionali;
  10. perché votano NO: D’Alema, Fassina, Civati e i 3.000 gruppi della sinistra dura e pura che, nel totale, hanno 2.500 voti. Perché votano no: Brunetta, Berlusconi, Grillo, Casaleggio & Associati, Fini, Salvini, Meloni e Schifani. Se votassero no anche Bersani & C. – che hanno approvato, per tre volte, la riforma in Parlamento – sarebbe un mondo perfetto.

Voterò No

  1. Tanto fumo. Perché il Senato non viene eliminato, viene modificato. Sarà eletto dai Consiglieri regionali, non dai cittadini. Non rappresenterà i territori, ma i partiti sul territorio. Manterrà competenza legislativa ma farà anche altro, anche se non si è capito bene cosa. Di certo, il bicameralismo rimane;
  2. Servitori di due padroni. Perché nel Senato i ventuno Sindaci saranno eletti dai Consiglieri Regionali. Godranno dell’immunità parlamentare. Rappresenteranno i cittadini dei Comuni o i Consigli Regionali? Faranno i Sindaci o i Senatori? Nessuna nazione al mondo annovera Sindaci in Parlamento;
  3. Che confusione, sarà perché votiamo. Perché è inaccettabile che i rappresentanti eletti, e delegati dal popolo, deleghino a loro volta il popolo per fare le leggi. La riforma prevede referendum propositivi e d’indirizzo, quorum ridotti per i referendum abrogativi. Insomma, chi è senza legge scagli il primo referendum. Con buona pace del risparmio e della classe politica efficace ed efficiente;
  4. Ripicca. Perché il Premier aveva legato le sorti del suo Governo a questo voto. Poi, di fronte ai  primi sondaggi negativi, ha imboccato contromano la direzione opposta. Non sarà la più nobile delle motivazioni, ma qualcuno dovrà pur rispondere di quello che dice. Cominciamo dall’alto;
  5. Provincialismo. Perché le Province saranno eliminate dalla Costituzione, ma possono tranquillamente rimanere come enti non costituzionali. Fuori dalla porta, dentro dalla finestra;
  6. Perché voterà “No” Zagrebelsky, non proprio l’ultimo degli imbonitori. Questa riforma mira unicamente a rafforzare l’esecutivo, che di fatto deciderà l’agenda del Parlamento. E se ci aggiungiamo il pastrocchio dell’Italicum, l’autoritarismo è servito. Finché governa chi ci piace tutto bene, altrimenti…;
  7. Ciocapiàt. Perché la sbandierata riduzione del numero dei parlamentari in realtà riduce solo una parte del Senato, cioè la Camera già più ristretta e più efficiente. Rimangono i 630 deputati, che evidentemente servono tutti quanti. La riduzione degli emolumenti dei parlamentari non dipende dalla Costituzione, eventualmente dovrebbe avvenire con Legge dello Stato. La riforma si limita invece a togliere le indennità per i senatori, ma tutto il resto, rimborsi erga omnes, rimane;
  8. Saggezza. Perché per dirimere le materie “concorrenti” tra Stato e Regioni si punta nella direzione sbagliata. Anziché decentrare le competenze verso un moderno federalismo, la riforma centralizza. A breve anche la riesumazione di Giolitti e Cavour;
  9. Circonvenzione d’incapace. Perché il quesito della scheda è scritto in modo truffaldino e spinge l’elettore sprovveduto giocoforza a concordare. Se la riforma è così bella, c’era bisogno di questo bizzarro espediente?
  10. Regole del gioco. Perché per cambiare la Costituzione dovremmo essere d’accordo in tanti, non solo Renzi e la Boschi. Qua cambia più di un terzo della Carta: 47 articoli su 139. La Costituzione, lo dice la parola stessa, “costituisce” la base della società civile di una nazione e come tale andrebbe scritta, emendata, rafforzata con un consenso amplissimo. E il consenso amplissimo non è una corrente di governo, né una maggioranza di un referendum senza quorum.

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Buona forchetta – La Filoma

Entrando, girovagando tra le sale e sedendosi a tavola, si ha l’impressione di trovarsi sul set del Gattopardo. Specchi, lustrini, arzigogoli e chincaglieria donano al ristorante un’atmosfera retrò, non malinconica, né sciapa, non scomposta, né cupa, ma semplicemente ancien.
Il crudo di Parma qui gioca in casa ed è imperdibile. Abbiamo unanimemente concesso la patente dell’eccezionalità al risotto al tartufo nero di Fragno vestito di culatello: sublime. Poi scelta non banale tra i secondi di carne, soprattutto di vitello. Ampia scelta nella carta dei vini.
Un po’ salato il conto: antipasto condiviso, primo, secondo, bozza di lagrein in tre e caffè: 50 euro a testa.
Voto: 7
Ristorante La Filoma, Borgo 20 Marzo, 15 – Parma

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Buona forchetta – Bufalina

Cucina partenopea in Valpolicella. Ossimoro geoculinario che desta qualche perplessità anche al più anticonformista degli avventori. In un locale più appropriato ad un negozio di scarpe che ad un ristorante, prende vita una pizzeria napoletana specializzata anche nel pesce di mare. Pizza alta, nel rispetto della tradizione, che non sembra affatto male. Fritti d’ogni sorta, abbondanti e gustosi come il noto e popolare “cuoppo”. Ottimi i primi di pesce, serviti in quantità da bracciante portuale.
Rimane qualche perplessità sulla location, inadatta e poco originale.
Antipasto condiviso, primo di pesce, dolce condiviso e bottiglia di Greco di Tufo: 25 euro circa. Voto 6/7.

La Bufalina – via dell’Artigianato 11, Marano di Valpolicella (Vr)

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Buona forchetta (a casa mia) – Tartufo bianco

“Nacque da un fulmine di Zeus, perciò la sua origine è divina cresce in silenzio nascosto tra radici e terra fina la sua gloria aumenta nel rumore dei mercati ma il suo trionfo vero è nei piatti prelibati”
(G. Berti, Quattro rime sul tartufo)

Se al binomio “tartufo bianco” avete pensato ad un gelato confezionato della Bindi, potete anche fermarvi qua.
Il piatto più “alto” di Buona forchetta a (casa mia), mai realizzato fino ad oggi, è senz’altro questo strangozzo al tartufo bianco. La stagione è quella giusta.
Questo piatto non ha la pretesa di consigliare una ricetta alle massaie povere di fantasia, ma ha semplicemente l’intento di compiacere il mio smisurato ego ed il mio palato. Missione difficile, ma obiettivo raggiunto.
Ringrazio l’ottimo Augusto, che regalandomi questo tartufo marchigiano ha messo il carico da undici sul piatto.
Tartufone

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Buona forchetta – Torcol

Probabilmente tra i ristoranti migliori di Sirmione, il Torcol è posizionato al centro dell’ameno borgo lacustre. Minuscolo all’interno, con pochi tavoli nell’unica sala. È invece decisamente più appetibile accomodarsi all’esterno, sulle terrazzine della strada leggermente scoscesa. Qui la cucina è ottima, ma i prezzi sono piuttosto alti, ovviamente in linea con le pretese e la vocazione turistica della località. Ad ogni modo, a me è straordinariamente piaciuto il carpaccio di salmerino ed i tagliolini con gamberi rossi, asparagi, pistacchi e lime. Carta dei vini particolarmente fornita.
Due antipasti, due primi, una bottiglia di vino e due caffè: 47€ a testa.
Voto: 7
Ristorante Al Torcol, Via S. Salvatore 30 – Sirmione

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Buona Forchetta – Vecchia Broglie

Avventura ai confini della realtà. Capitati quasi per caso nelle campagne di Broglie, io e Gianluca decidiamo di fermarci per esaminare meglio il ristorante nascosto nella borgata. Da dietro la tenda, una signora scruta sinistramente gli ignari avventori. Con estrema perspicacia, capiamo subito che il posto non è affollatissimo e che da solisti saremo i protagonisti indiscussi della serata. Pesiamo il rischio e per amor d’avventura decidiamo di tentare la sorte: entriamo.

La padrona di casa non si capacità del fatto che nessuno ci abbia consigliato il ristorante e che siamo capitati lì accidentalmente. Varcata la soglia della prima stanza, si cambia era geologica. Silenzio in sala, sono i primi del 900’ e le tovaglie a merletti restituiscono un’atmosfera ovattata e surreale. Piatti, piattini e tazze esclusivamente in porcellana di Limoges, cristalli ai lampadari e sopra la mobilia. Qua è là qualche bottiglia di vino ci ricorda che siamo in un ristorante e non sul set del Gattopardo.

Gentilissima, ci accompagna al tavolo e accende il termosifone: probabilmente siamo i primi clienti dell’anno (o del secolo). In sottofondo i Nuovi Angeli cantano “Singapore”.

Ci avverte che non c’è un menù come s’aspettano i turisti, ma garantisce sulla qualità delle materie prime che cura personalmente. Solo che la specialità è il pesce di mare e sorge spontaneo chiedersi se “cura personalmente” significa che ha un enorme acquario nel seminterrato o che ogni mattina fa la pendolare in direzione Chioggia.

Soprassediamo ed accettiamo il consiglio di iniziare dagli assaggi di antipasti di mare (scorfano su polenta bianca, involtini di pesce spada all’arancia): molto buoni. Poi risotto all’amarone e radicchio, piuttosto deludente. Dolci gradevolissimi. L’altro consiglio di provare il lugana della casa si rivela invece catastrofico, perché sembra marsala soleras.

Ad ogni portata la signora decanta gli ingredienti e poi indugia per sapere se il piatto sia di nostro gradimento. Temo per la mia vita e penso che a momenti sarò tramortito dal sonnifero messo nel piatto e sarò portato a marcire nelle cantine umide.

Una volta pagato il conto, ci offre lo speciale rosolio della casa e, indomita, insiste per mostrarci tutte le camere dell’attiguo b&b. Tra l’incuriosito e il temerario, la seguiamo mentre sale le scale ed apre i catenacci dell’antica dimora. “Ci siamo”, penso. “Ora esce qualche energumeno, ci percuote, e domattina ci troviamo con i reni espiantati”. E invece usciamo vivi, con qualcosa da raccontare.

Antipasto, primo, dolce (e visita guidata degli alloggi, dei bagni e delle bambole di porcellana): 35 euro.

Voto: 4,5

Ristorante Vecchia Broglie – Località Broglie, 16 – Peschiera del Garda (Vr)

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Buona forchetta – Macellaio

Ottima carne. I punti forte di questo posto finiscono qui.

Il ristorante (oggi uso la figura retorica dell’eufemismo) è ubicato nel salone di una macelleria. Vetrina vista parcheggio, piastrelle bianche alle pareti e bancone olimpico sullo sfondo. Detto così potrebbe sembrare pittoresco, ma appena seduti ci si chiede dove si è capitati. Purtroppo, dopo pochi istanti si capisce subito di aver sbagliato tutto.

Sul menù ci sono carne di manzo, cavallo, antilope, cammello, zebra e canguro. Sono tentato di chiedere della zebra, ma proprio non mi va di fare la figura dell’idiota che si mangia il cavallo convinto che sia zebra. Sono ossessionato dall’immagine di un cameriere che corre in cucina e urla: “un altro fenomeno che pensa di mangiare la zebra. Forza mettete su una scottona di cavallo”.

Menù a parte, il servizio è ancora meglio. Da bocciofila dismessa, per azzardare un paragone illustre.

Chiedo se hanno del vino rosso al calice e mi propongono del generico “vino rosso frizzante”. “No, grazie, non mi piace il vino rosso frizzante”. “Mi creda… è una bomba. Lo provi e non se ne pentirà”. Mio malgrado, accetto l’invito. Mi portano un lambrusco inquietante, introvabile anche nei peggiori bar di Sorbara. Il calice rimane intonso. Colpa mia.

L’ottimo servizio (e l’annesso incubo) continua. I primi piatti vengono serviti prima del bere. “Scusi, può portarci anche l’acqua e il vino?”, chiedo al dimesso cameriere mentre afferro il risotto. “Ah sì… scusate. È che ero di là a fare il risotto e mi sono dimenticato di portarvi le bevande”. Cameriere, cuoco, maitre di sala, giullare di corte…

Risotto al tartufo senza infamia e senza lode, comunque passabile.

I due secondi piatti vengono cucinati sbagliati. In uno c’è il grana, assente da menù, nell’altro c’è il pecorino al posto delle olive. Sulla serata si potrebbe tranquillamente girare una fiction.

Prezzi bassi e carne ottima. Primo e secondo, 28 euro.

Voto: 5. Sono di manica larga solo per la bontà della materia prima.

Trattoria Del Macellaio, Strada Peschiera 30 – Ponti sul Mincio (Mn)

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