Archive for marzo 2009

Il continente Italia

“Farò come Fini che è di destra, ma persona seria, e non si presenterà”
Dario Franceschini, segretario del PD – 30 marzo 2009

In vista delle elezioni europee, il solito bailamme sulle candidature costituenti si abbellisce di nuovi colori. Devono, o non devono, i principali esponenti dei partiti, autocandidarsi nelle liste europee? È corretto o meno, che capeggino le liste, quando poi giocoforza rinunceranno alla nomina di parlamentari europei? Ovviamente, non solo è scorretto, ma è anche abominevole. Ho scritto la tesi di laurea su queste cose, ovvero su come le elezioni europee siano l’occasione per fare teatro politico all’italiana. “Meno tasse per tutti”, recitava lo slogan delle Europee ’99 di Forza Italia, come se Berlusconi potesse abbassare le tasse da Strasburgo. I diessini gli facevano eco inneggiando al pericolo Berlusconi, dando prova della pochezza di idee e mostrando che gli argomenti “italiani” sono buoni anche per i dibattiti “europei”. Il focus del dibattito, cioè, veniva e viene spostato dagli ambiti europei alle questioni nazionali. In Italia, solo in Italia, non si parla mai di Europa né di politiche europee. Qualcuno di noi conosce i nostri rappresentati al Parlamento Europeo o sa come stanno operando i partiti che ha votato? 

Le candidature dei vari big nazionali nelle elezioni europee sono la conseguenza più naturale di questo malcostume provinciale e meschino. Grezzi specchietti per le allodole: più il nome è grande sui manifesti, più la gente vota. E anche i seggi riservati ai “trombati” delle politiche nazionali, o agli epurati delle correnti interne divergenti, rispondono a queste bieche logiche di bottega. 

Dovremmo avere il senso critico di informarci su quanto avviene in Europa, su come si muovono i gruppi parlamentari e le varie commissioni. I politici e i media certo non ci aiutano, ma almeno prendiamone atto.

Nessun commento

Sindrome di Stoccolma

La strada che collega lo sperduto aeroporto di Skavsta a Stoccolma è immersa tra le colline e i boschi scandinavi. Si impiega più di un’ora per raggiungere la capitale, ma vale la pena atterrare “al largo” per avere uno sguardo d’insieme sull’essenza pura della Svezia. Sperdute fattorie in legno rosso spuntano fascinose dai boschi di abeti e di betulle. Sulle colline gli sparuti gruppetti di case, ugualmente rosse, trasmettono l’insana voglia di abitarci. Il mio innato desiderio di vivere lontano dai frastuoni, e nella tranquillità che solo le fiabe sanno donare, prende forma di fronte all’orizzonte sterminato di questo mondo nuovo. I laghetti ghiacciati ai piedi delle casupole regalano la poesia rassicurante di una natura materna e protettrice.

La città, solcata dal freddo prima che dal mare, sembra riconoscere un premio allo sparuto visitatore che ha osato raggiungerla. Le piccole isolette su cui sorge la rendono piacevolmente curiosa. La vera bellezza, come per le amanti più attraenti, sta nel suo cuore. La città vecchia, Gamla Stan, è infatti un borgo medioevale perfettamente conservato. Il periodo invernale ci ha permesso di viverla senza i turisti, nella sua splendida e gradevolissima solitudine. Vicoletti lastricati che si annodano, tra biciclette appoggiate ai muri e case irregolari. Qua e là qualche campanile imponente, guardato a vista da negozi d’antiquari e piazzette racchiuse in un’intima armonia. Una piccola Praga, senza l’assillo dei villeggianti, né l’invadenza dei negozi per turisti. Per questo, ci siamo detti, si può forse dire che il centro storico non abbia eguali.

Il resto sono vie commerciali, sono ponti sul mare, sono giardini. Sull’isola di Djurgarden, sorge il museo all’aperto di Skansen, che racchiude forma e sostanza della vita contadina lappone. Imperdibile passeggiare tra le fattorie, le botteghe, le case spettacolarmente conservate o minuziosamente ricreate. Il vasamuseet custodisce il galeone del ‘600, naufragato nel porto della città. Spettacolare vederlo dal vivo, anche se il museo ridonda di suppellettili e immagini inutili.

Qualche minuto di tunnelbana a sud della città vecchia, per vedere il magnifico cimitero di Skogskyrkogarden. Un parco sconfinato, dove boschi di abeti trasmettono una vera idea di pace. La neve, che anche qui ci ha accompagnato, ha avvolto l’atmosfera col suo tocco ovattato e scenografico. Passeggiare nel bosco al solo rumore della neve che stride sotto le scarpe fa venire i brividi.
Abbiamo avuto la fortuna di vedere l’austera Stoccolma nuvolosa, quella fiabescamente innevata e quella sfarzosamente irradiata dal sole.
Culinariamente rimane vivido il sapore del filetto di renna ed il carpaccio d’alce. Irrinunciabile anche la tipica birreria Akkurat, appena a sud di Gamla Stan.
Tutto questo appaiato ad un senso civico quasi inspiegabile. Questa è Stoccolma.
Provo un disarmate senso di rapimento, che mi ha fatto subito sognare di rimanere e promettere di ritornare.

2 Commenti

La fine della destra

La lenta e progressiva transumanza di Alleanza Nazionale verso gli alpeggi rigogliosi e lussureggianti del Partito delle Libertà segna irrimediabilmente la fine di un’ipotetica destra tradizionale e democratica.

I valori propositivi coltivati negli orti della destra moderna potevano, dopo Fiuggi, affrancarsi dai gravosi macigni dell’intolleranza e del fascismo, e raggiungere una posizione moderata e utile, in nome della democratica pluralità del pensiero. La tutela della famiglia, il conservatorismo intelligente, le difese sociali, e molti altri valori “positivi”, avrebbero potuto affermarsi in una dimensione diversa, complementare e non contrapposta a quella della sinistra italiana. Punti di vista antitetici per discutere meglio di valori spesso condivisi. Questa sarebbe la vera democrazia. Questo è quello che è accaduto in molti paesi europei.

Invece la destra italiana, come il più vizioso dei marinai, ha abboccato alle roboanti sirene di Arcore, scegliendo di fatto una deriva senza ritorno. Oltre alla propria identità spezzata e azzerata, è incappata dunque in una nuova dimensione, assumendo connotazioni e caratteristiche proprie non di un’altra idea politica, ma di un altro partito, di un’altra persona.

Il cavaliere pigliatutto si è impossessato dunque (e anche) di un’intera area politica, che poteva e doveva intraprendere un percorso diverso. Alleanza Nazionale da anni si fonde e si confonde con le motivazioni e i disvalori che muovono Forza Italia. Non esiste più la destra. Al suo posto esiste solo Berlusconi, che per me è un’altra cosa.

Nessun commento

Ex voto

Stamani, all’assemblea indetta dai nostri RSU aziendali, io ho votato. Non perché creda particolarmente nelle richieste da sottoporre all’azienda, proposte che di questi tempi paiono anacronistiche e forse pretestuose, ma solo per dare un po’ di forza ai nostri rappresentanti, troppo spesso esautorati, spuntati, inermi a causa del deserto attorno a loro.
Però lasciatemi dire che qualche perplessità sulle modalità di votazione è lecita. In Rwanda le votazioni sono di gran lunga più regolari e legali. Passi la scheda da compilare con una penna qualsiasi, sopra un tavolo davanti a chiunque (alla faccia del voto segreto!), ma vogliamo parlare delle liste dei votanti? Nessun riconoscimento personale: solo l’iscrizione del proprio nome da parte del votante, perché chiedere la firma sarebbe stato troppo, su un foglio di carta straccia. Avrei potuto votare per altre venti persone, oppure portare alle urne amici e parenti. Nemmeno le primarie Pd, credo, avrebbero saputo fare peggio.
E poi come si fa ad avere la certezza del risultato del voto e dell’effettivo numero dei partecipanti? Un voto che non vale assolutamente nulla… Fossi l’azienda, sorridendo farei spallucce.

1 commento

Libertà di non votare

“I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni”.

(Art. 68 – Costituzione italiana)

Dopo l’idea di negare il diritto allo sciopero e dopo la conferma dell’assenza delle preferenze sulle schede elettorali, ecco la nuova balzana proposta di riservare ai capigruppo la facoltà di votare in Parlamento.

Solo chiacchiere, certo. Non è in pericolo la democrazia, semplicemente perché non viviamo in una società di cent’anni fa. Da questo punto di vista, ci siamo un po’ evoluti. Queste proposte, tuttavia, dovrebbero dare l’idea della concezione democratica del nostro premier. Non metto in guardia da nessun rischio, sottolineo solo qual è il pensiero del partito che ad ogni elezione fa il pieno di voti. E con le imminenti consultazioni amministrative ed europee, c’è da meditare.

Nessun commento

Dieci motivi per non lavorare a Roma

Come promesso, dopo i dieci motivi per lavorare a Roma, ecco i dieci motivi per non farlo.

1.      Totti. Intellettuale di rango.

2.      Totti e il culto dell’imperatore. Dovreste vederli… quando parlano del Pupone come fosse il Dio fatto uomo, sceso dal cielo nella più forte squadra dell’universo. Da “io sono la via, la verità e la vita” a “life is now”. Ecumenicamente insopportabili.

3.      Può capitare che l’aeroporto da luogo di transito diventi luogo di stanziamento rurale. Ho visto accampamenti al ritiro bagagli che si confondevano con i villaggi rom della periferia. Materiali e persone d’ogni genere accatastati in un irresistibile crogiuolo di colori ed odori. Che fa? Domicilia?

4.      Quelli che imbarcano sull’aereo bagagli enormi (“imbarcare sull’aereo” è già di per sé un ossimoro che esprime un disagio intrinseco). Stipano le cappelliere con valigie da profugo e borse da venditore ambulante. Poi arrivi tu con un misero portatile e lo steward, spaventosamente effeminato, sorridendo ti fa: “non c’è posto, lo tenga sotto il sedile”.

5.      La metropolitana della mattina rievoca grottescamente i carri bestiame sulla via del mattatoio. Non mancano neppure i muggiti e i grugniti.

6.      Le giapponesi. A mucchi di due-tremila si muovono ordinatamente in processioni senza metà. Se devi scendere dall’ascensore o dalla metro e loro devono salire, è matematico che ti farai 5-6 piani di salita o altrettante fermate di treno prima di rivedere la luce. Mata aimashou!

7.      Il coatto medio ha la voce di Aldo Fabrizi, ma la profondità d’intelletto di Alvaro Vitali. Ne conseguono dialoghi che infastidiscono l’umore. Lo spirito, affranto, vorrebbe tanto poter dire: “me rimbalza”, ma proprio non ci riesce.

8.      Il traffico è caotico, ma caotico al quadrato. L’abitudine ai serpentoni ininterrotti di auto ti fa entrare nella tranquillità della tua camera d’albergo, guardando attentamente a destra e sinistra: per dare la precedenza.

9.      Quelli che suonano la fisarmonica nei vagoni della metropolitana. Quando sei stanco morto, entrano con un’improbabile “buonasera”, strimpellano ignobilmente venti secondi di Besame mucho e vorrebbero dei soldi?

10.  Non esiste l’acqua gasata. Se chiedi una supergasatissimafrizzantissimabozzadacquatipoperier ti portano la Ferrarelle. Ma dai! (…segue rutto, inevitabilmente sommesso).

5 Commenti

Buona forchetta – Campagnolo

Trattoria con vezzi da ristorante, collocata alle pendici di una collina, comunque lontano da ogni traffico. È il posto ideale per mangiare pesce di mare senza pretese e senza rischio di fallimenti finanziari. Menù molto limitato, ma cucina più che discreta. L’antipasto di cozze alla marinara è abbondante e molto buono. Cameriere anacronistico, che suscita immotivata soggezione.

Antipasto, spaghetti allo scoglio, sorbetto e caffè: 19€.

Voto: 6/7

 

Bar Trattoria Al Campagnolo – Via San Anna 2, Campagnolo di Cavriana (MN)

2 Commenti