Archive for aprile 2008

Patrizi e plebei

A Volta Mantovana il 25 aprile si festeggia in due modi. Al termine della contrada di Sassello, alle pendici del paese, dove la collina lascia spazio agli avamposti della pianura padana, un manipolo di pensionati si ritrova all’alba ed accende un fuoco. Di buonora si possono gustare salsicce e costine, pancetta e polenta, tutte irrorate da vino sincero e senza pretese. I passanti occasionali e gli aficionados lasciano un contributo libero. Molti mangiano, bevono e se ne vanno senza nemmeno salutare. Non ci sono ingressi, né listini e a mezzogiorno tutti a casa. Da decine d’anni la “Festa dela careta” sopravvive solo col buonsenso degli ospiti e la buona volontà degli organizzatori.
Ma al fianco del castello, nel centro del paese e sulla sommità del colle, c’è un’altra festa. Da oggi apre la “Mostra nazionale dei vini passiti”. Volantini e pubblicità d’ogni sorta annunciano da settimane il lauto evento. Pagando un biglietto si accede al parterre della manifestazione, con bicchiere al collo e buono omaggio per un assaggio. Espositori d’ogni dove decantano i propri vini e le proprie origini, cercando di vendere un calice o chissà… magari una bottiglia. Il pubblico, numeroso, tocca da vicino quest’atmosfera di nobile raffinatezza.
Due modi opposti di concepire tradizione e turismo. Entrambi fanno vivere il paese.

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E sulla fede, un velo di cera

Non vi farete idoli, né vi erigerete immagini scolpite o stele,
né permettere che nel vostro paese vi sia pietra ornata di figure,
per prostrarvi davanti ad essa;
poiché io sono il Signore vostro Dio”.
(Levitico 26, 1)

In ottocentomila hanno prenotato la visita al museo delle cere di San Giovanni Rotondo. Lunghe file per vedere la maschera e le spoglie di Padre Pio, per scattare le foto, per girare un video da mostrare ai parenti, per idolatrarne la mummia. Psicosi generale che confonde superstizione a cristianità, magia a fede, miopia a buonsenso. Fondamentalismo dissennato, che in luogo delle ragioni di Cristo sembra scivolare tra i meandri della magia, del ritualismo estremo, dell’occultismo. Come se la salma di un santo valesse più del suo esempio e del suo messaggio. Medioevo, nient’altro che medioevo.

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Buona forchetta – Agriturismo Prandonino

Classico agriturismo nel mezzo delle campagne, a poche centinaia di metri dal Mincio, in una corte ristrutturata. Pochi i coperti; assai preferibile la sala sulla sinistra, che probabilmente in origine era la stalla della tenuta. Il soffitto a volta e le tovaglie a quadrettoni restituiscono un’atmosfera decisamente contadina.
Antipasto classico ed unico, a base di salumi, polenta e giardiniera. Tra i primi meritano attenzione i garganelli speck e asparagi o i canederli. Mi dicono, ma non l’ho provato, che sia suntuoso il petto d’oca al pepe. Dolci ottimi e abbondanti. Vino solo della casa, discreto, ma non eccelso.
Insomma poche pretese, ma buona qualità.
L’aspetto più sensazionale è il prezzo: antipasto, primo e dolce… 11€.
Mezzo punto in più per la straordinaria convenienza: si spende meno che in pizzeria.
Voto finale: 7,5

Agriturismo Prandonino, loc. Prandonino – Ponti s/Mincio (Mn)

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L’anfiteatro morenico

È un istinto quasi irresistibile. Appena ho un attimo di tempo sento il desiderio irrefrenabile di godere un poco della bellezza delle nostre colline. Così salgo sulla vespa, e dopo un breve percorso per le vie del centro, mi lancio tra le campagne in fiore, sui crinali illuminati dal sole o nelle strette carrozzabili che collegano gli angoli più impensati e particolari. Altre volte decido di andare a correre, lasciandomi cullare dai profumi della primavera incombente, dal vento leggero o semplicemente dai pensieri che nella pace dei colli trovano spazio e decantazione: uno sfogo mite, un porto dove attraccare. Accade anche che inforchi la mountain bike, per vagare tra i campi e le dorsali, passando i radi boschi o magari costeggiando banalmente il fiume Mincio.
La zona delle colline moreniche, come molte altre del resto (si pensi alla Valpolicella, all’Appennino), è tra le più suggestive. E questo è uno dei periodi migliori per goderne appieno la bellezza. L’unico timore è che la follia edilizia degli ultimi anni non ci tolga anche questo sogno.
Se decenni addietro avessimo intrapreso politiche diverse, oggi ci troveremmo a cullare un territorio simile al Chianti, dove il Lago di Garda ammira compiaciuto l’anfiteatro morenico che lo domina alle spalle.

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Buona forchetta – Osteria Ai Vini

Atmosfera da vecchia osteria del vino, riadattata all’esigenza moderna di proporre portate una ristorazione completa. Ecco che accanto alle numerose e pregiate bottiglie, appaiono le tinte pastello dei ristoranti classici.

Al centro della sala un tavolo di pietanze (verdure, formaggi e affettati) accoglie l’ospite per un variegato antipasto al buffet. Consigliabile.

Poche scelte tra i primi e i secondi: buoni, ma molo salati, i maccheroni di farina integrale con acciughe, peperoni e ricotta affumicata. Tra i dolci da segnalare la torta alle noci con gelato alla vaniglia.

Carta dei vini discreta, con molte etichette piemontesi.

Prezzo inadeguato; antipasto, primo non abbondante, dolce e caffè: 29€.

Noi siamo andati a pranzo, forse di sera offre di più.

Voto finale: 5,5

Osteria Ai Vini, Lago dei Cavallazzi, 4 – Novara

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La sconfitta mitigata

Le urne consegnano inequivocabilmente a Berlusconi e Bossi le chiavi del paese. Il primo, come sempre, ha saputo abilmente attrarre la miriade di voti vaganti, il secondo è l’unico che da anni proclama una proposta semplice e facile da capire, senza bizantinismi politici o sofisticherie di sorta. In un mare torbido di proposte ambigue e tutte uguali, il messaggio dell’interesse economico del nord è il più cristallino di tutti. Ed il nord, per questo, lo ha premiato.
Ma ritorna il governo dei furbetti e dei ricchi, acclamato dalle culture di Amici e del Grande Fratello e dai poveracci in cerca d’autore. Il plebiscito degli italiani non permetterà agli stessi di lamentarsi oltremisura. Hanno voluto in massa Berlusconi, e Berlusconi in massa si meritano.
Il governo sarà stabile e duraturo, longevo: non ci resta che piangere.
Se a Veltroni si può concedere un merito, occorre dargli atto che l’origine del big bang parlamentare risiede nelle sue prime mosse. Se stamattina ci siamo alzati con cinque gruppi parlamentari, anziché ennemila, è anche merito suo. Fu lui, che decidendo di correre pressochè da solo, segnò la berlina delle sinistre estreme e convinse Berlusconi a fare altrettanto. Tuttavia il confino dei partitucci è essenzialmente figlio della strabordante vittoria del Cavaliere, che ha di fatto raccolto con sé anche i piccoli bocconi e le briciole più insignificanti. Andiamo, insomma, verso una legislatura più snella e leggibile, lontana dai modernismi maggioritari, ma sulla giusta via della semplificazione. Questa chiarezza nel panorama parlamentare è l’unico esito positivo del voto dei giorni scorsi. Dispiacerà forse che le storiche voci socialiste e comuniste non trovino posto, ma personalmente non rimpiango affatto il surreale Bertinotti, l’insipido Boselli e tutti gli altri quaqquaraqquà.
Forse non tutto il male viene per nuocere.

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Il voto utile

Anche questa volta, com’è accaduto spesso nel passato più prossimo, vale il principio del “meno peggio”. Le sirene ingannevoli che inneggiano al “non voto”, nel confuso e sconfinato mare della campagna elettorale, vanno evidentemente ignorate e screditate. Così come i tentativi di convincerci che la vera protesta sarebbe arrivare in massa ai seggi e rifiutare le schede. Balle. Benché in molti ci abbiano provato, nelle democrazie moderne non si è ancora trovato un metodo alternativo al voto, che potesse portare a buoni risultati. Semplicemente per l’assunto che se non si vota, altri (fossero anche solamente coloro che si candidano) decideranno per noi. In assenza di ideali condivisi, di identificazioni chiare e convinte, meglio votare il “meno peggio”, che non votare. Perché l’astensione non premia chi si astiene, ma coloro che comunque a votare ci vanno.
La querelle sul voto utile ha lasciato strascichi di pressappochismo e di demagogia. Non è affatto vero che il voto ai partiti minori sia “buttato”. Innanzitutto perché chi crede in un ideale dovrebbe battersi per vederselo rappresentato anche in maniera marginale. In secundis perché molti dei cosiddetti partitucci possono conquistare seggi al senato (serve l’otto per cento) e ottenere quindi un potere determinante in caso di governi in bilico. E il prossimo governo sarà molto in bilico.
Io voterò, come dicevo, il “meno peggio”. Non indicherò le mie intenzioni. Non tanto per assurdi preconcetti morali sull’influenza che le mie parole potrebbero avere (su chi poi?), ma perché ritengo che il voto sia una delle cose più intime e segrete, che non si dovrebbero mai sbandierare troppo. Anche se sembrano tutte uguali, le proposte sono tante e diverse. Ciascuna con più limiti che virtù, è evidente, ma qualcosa bisognerà pur scegliere. E per ogni cattiva proposta, ve ne è sempre una peggiore. Certamente non voterò Berlusconi, che fra tutti reputo il peggiore.

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Buona forchetta – Osteria Tripoli

Ottimo connubio tra la trattoriaccia di paese e il ristorante ben curato. I pochi coperti garantiscono un’atmosfera intima e tranquilla.

Ai piatti della tradizione mantovana si affiancano proposte sperimentali ed innovative: ottimi i tagliolini verdi al baccalà, olive e capperi. Molto buono ed abbondante l’antipasto con gnocco fritto e salumi. Se vi capitasse di ordinarlo, tenete conto che le porzioni sono massicce. Dolci squisiti e soprattutto inconsueti.

Non c’è vino sfuso, ma solo qualche proposta al bicchiere e una valida carta dei vini. Consiglio le etichette mantovane, visto che le cantine in elenco (Ricchi, Prendina,…) sono una garanzia. Io ho scelto la strada del Greco di Tufo, ma me ne sono pentito.

Gnocco fritto con salumi, primo piatto, dolce, vino, caffè e grappa sono costati all’incirca 28 €. Sarebbe un sette e mezzo pieno, ma nel menù ho faticato a trovare piatti che mi piacessero ciecamente. Per questo tolgo egoisticamente mezzo punto.

Voto finale: 7

N.B. hanno un’ampia selezione di birre, molto interessante. Non è da sottovalutare l’idea di una cena accompagnata da vari tipi di birre.

Trattoria Nuova Osteria Tripoli, via Folengo, 37 – Tripoli di San Giorgio (Mn)

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Par condicio, par Confucio

La Cina ci invade di oggetti contraffatti, di giocattoli non conformi alle norme di sicurezza, di abbigliamento scadente e alimenti dozzinali. Pomodori chimici, verdure di plastica e falsificazioni d’ogni specie. Li lasciamo invadere il nostro sistema produttivo con bancarelle improvvisate, magazzini illegali, supermercati che nascono come funghi nel bosco. Nessun problema.
Ma appena si solleva il dubbio della diossina, loro, i cinesi, bloccano le importazioni della nostra mozzarella.
Pensiamoci.

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