Archive for settembre 2018

Lele… Il vecchio nome familiare

Per me il Lele è soprattutto la bellezza di un ricordo solido ed indelebile. Questa poesia riassume perfettamente il mio pensiero.

La morte non è niente

La morte non è niente. Non conta.
Io me ne sono solo andato nella stanza accanto.
Non è successo nulla.
Tutto resta esattamente come era.
Io sono io e tu sei tu
e la vita passata che abbiamo vissuto così bene insieme è immutata, intatta.
Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora.
Chiamami con il vecchio nome familiare.
Parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato.
Non cambiare tono di voce,
Non assumere un’aria solenne o triste.
Continua a ridere di quello che ci faceva ridere,
di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme.

Sorridi, pensa a me e prega per me.
Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima.
Pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza.
La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto.
È la stessa di prima,
C’è una continuità che non si spezza.
Cos’è questa morte se non un incidente insignificante?
Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri solo perché sono fuori dalla tua vista?
Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo.
Va tutto bene; nulla è perduto.
Un breve istante e tutto sarà come prima.
E come rideremo dei problemi della separazione quando ci incontreremo di nuovo!

Henry Scott Holland, Maggio 1910

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Ignoro, dunque esisto

“Tutto ciò di cui hai bisogno in questa vita è ignoranza e fiducia, poi il successo è assicurato”
(M. Twain)

Poiché la legionella è la malattia tipica dei legionari dell’Africa, Mariani, consigliere della Lega, chiede più controlli e accertamenti tra gli immigrati africani. Lo zittiscono subito in Consiglio Regionale, perché in realtà la legionella deve il suo nome all’epidemia che colpì un gruppo di veterani dell’American Legion riuniti in un albergo di Philadelphia nel 1976. Il batterio era annidato nell’impianto di condizionamento dove si era tenuta la convention.

Di Maio chiede al Governatore della Puglia cosa stia facendo per l’alluvione di Matera. Nulla, perché Matera si trova in Basilicata. Sempre Di Maio lancia un monito in tv sul rilancio di Taranto: “Qui manca un museo sulla Magna Grecia”. La direttrice del  MarTa lo smentisce immediatamente:  abbiamo uno dei musei archeologici più importanti al mondo.

La controfigura del Premier, Conte, parla dell’8 settembre come fosse il 25 aprile. La gaffe non è esplicita come le precedenti, ma basta aver fatto le elementari per rendersi conto che sta confondendo l’armistizio con la liberazione. Il 1943 con il 1945.

Non possiamo essere tutti tuttologi, è evidente. Non possiamo conoscere tutto, è palese. Però possiamo prepararci un po’ su quello che diremo o sui temi che saremo chiamati a discutere. Non mi sconvolge l’ignoranza di questa classe politica, ma piuttosto la sua approssimazione, la sua superficialità, la leggerezza con cui affronta le questioni. “Chissenefrega”, sembrano dire.

Che scelte può fare una politica che comunica solo con gli slogan, ma che ignora gli argomenti di cui dibatte? Che provvedimenti può prendere chi si rifiuta di studiare e disconosce le realtà che pretende di cambiare?

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Sangue austriaco

“Per noi, che ci troviamo sulla soglia di nuovi imperi, la vecchia Austria è come un fossile,

dai cui reperti ossei si può indovinare la struttura di un mondo d’altro genere:

un mondo che è alle spalle della modernità ma che forse ritroveremo ancora al di là di essa”

(E. Jünger)

Baù potrebbe derivare da una modificazione dialettale dell’aferesi di nomi germanici contenenti la radice bald modificata in baud. A Montemerlo, in provincia di Padova, in un atto del 1289 si legge che un certo “Nicola figlio del fu Oberto Baudus, del fu Naso di Cane, è teste in una controversia” e a Gallio, in provincia di Vicenza, un’ambasceria al Cardinale Gregorio Barbarigo del 1669 sentenzia “…Domenico e Bartolomeo Baù di Stocharedo, colonnelli di Gallio, zelosi della maggior gloria di Dio et propria salute…“.

Non c’è dubbio che Baù affondi le proprie radici nel Veneto. A me però hanno sempre raccontato che l’origine autentica del cognome giungesse dall’Austria. La leggenda che si tramanda in famiglia è che alcuni Bauer (lett. contadino) austriaci si fossero stanziati nella notte dei tempi sull’altopiano di Asiago. Nei secoli il nome venne troncato dall’accento: Bauer, Bau’, Baù.

Sarà per questo, ma ho sempre preferito l’Austria alla Germania. Nei paesaggi, nella cucina, nelle competizioni sportive.

Quest’estate siamo stati nell’austriaca Nauders, appena dopo il Passo Resia. Luogo calmo e tranquillo, lontano dalla frenesia estiva delle montagne italiane. Luogo paesaggisticamente affascinante, ricco di posti da vivere e anche da visitare. La fortezza Altfinstermünz sul fiume Inn, che fungeva da dogana tra Austria e Svizzera, il castello al centro del paese, i laghi Nero e Verde ed il cippo dei tre confini, il parco Goldwasser. Per non parlare della vicina Val Venosta col lago di Resia, l’abbazia di Monte Maria ed il parco Watles, il gioiello della piccola Glorenza. Bei posti.

In centro a Nauders si mangia ottimamente da Lowen. Almeno qua, hanno imparato anche loro a cucinare.

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Impelagarsi al bar

Le osterie sono un bene universale

(Mons. E. Tonini)

Un’amica mi ha segnalato un articolo di Wittgenstein, che dibatte su come e perché stiamo volgendo all’azzeramento della ragione, sui motivi che spingono gli istinti animaleschi dell’egoismo a prevalere sulle regole della civiltà. Una riflessione sull’attuale deriva politica e sociale di cui siamo vittime più o meno consapevoli. Un articolo dal registro impegnativo e forse un po’ pesante, che parte da premesse lontane e retoriche, ma che tuttavia condivido appieno. Ma aldilà della sostanza globale, che potete leggere integralmente sotto, mi ha incuriosito la circostanza dell’incipit: “abbiamo ordinato da bere delle cose in un bar di Milano, vedendosi tra amici al ritorno delle vacanze, ci siamo impelagati in una riflessione universale sulla piega che stanno prendendo le cose”.

Situazione invidiabile quella di impelagarsi con gli amici al bar, in una riflessione universale sulla piega delle cose. Mi è capitato talvolta di provarci, ma è difficile. Occorre trovare amici che la pensino diversamente, che abbiano un punto di vista alternativo e che siano al contempo interessati, informati e animati da passione. Improbo anche mantenere queste discussioni sempre al di fuori della superficialità e della retorica. La politica più autentica e gustosa dovrebbe sedersi ai tavoli del bar, ma troppo spesso preferiamo parlare d’altro.

Il secolo dello spegnimento dei lumi

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