Archive for settembre 2012

A PARER MIO – Scacco alla torre

Le ganasce meccaniche hanno masticato anche l’ultima fetta della grande torre dal color mortadella. L’edificio Levoni, salume per forma e salumificio per sostanza, si è dunque sbriciolato in poche settimane ed al posto della sua imponente mole rosa rimane oggi solo un cumulo di calcinacci e ferri arrugginiti.

Il meccanismo della perequazione ha permesso al Comune di ottenere gratuitamente l’area, in cambio di cubature equivalenti destinate ai privati. Trattative lunghe, incerte, che alla fine hanno determinato l’abbattimento dell’obbrobrioso stabile, scongiurando il pericolo di pericolose speculazioni edilizie al centro del paese. Il sogno sconsiderato di riconvertire la struttura in appartamenti di pregio si è infranto sulle benne delle ruspe e sul braccio della gru, che in pochi giorni hanno demolito l’intera struttura.

Così lo skyline di Volta riacquista il suo equilibrio originario, la sua immagine pulita, la sua linea sobria. La cinta muraria del castello ora impressiona per la sua altezza (invisibile fino a pochi giorni fa) e contribuisce ad aumentare l’armonia del centro storico e dunque del paese intero. I turisti, che talvolta ho accompagnato sulla torre granaria, non strabuzzeranno più gli occhi di fronte al casermone, non chiederanno più: “Chi ha permesso di costruire tutto ciò?

L’enorme spiazzo dovrà essere riconvertito. Si potrà fare un concorso di idee per valutare al meglio la sua destinazione futura e ci auguriamo che le amministrazioni riescano a reperire le risorse necessarie alla sua completa riconversione e rivalutazione. Questo luogo merita una trasformazione completa ed adeguata al proprio prestigio.

Proiezioni lunghe, certo, che però non devono abbattere, è il caso di dirlo, gli entusiasmi di una scelta così radicale. Non ci si fermi qui, ma si proceda oltre. Lo scacco alla torre, insomma, dovrà essere solo la prima mossa della partita.

Il vecchio skyline

(Editoriale pubblicato su Voltapagina n.43)

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Amicizia che fu

Nel febbraio 2006 il Lele mi inviò un passo de “Il sopravvissuto” di Antonio Scurati. Lo pubblicai sul blog*, con l’obiettivo di intavolare un dibattito sull’amicizia. Oggi ne ripropongo una parte, perché mi piace pensare al Lele e alla sua amicizia, ora come allora. Non nostalgia, ma semplicemente un ricordo attraverso un brano che in qualche modo aveva fatto suo.

L’amicizia è un dato esistenziale, si diceva Andrea. Non un’affinità elettiva, non una scelta deliberata, non il piacere della conversazione, non un invito a cena. A due esseri umani è dato, per puro caso, di nascere in uno stesso angolo di mondo, di frequentare la medesima scuola, di inciampare uno nell’altro e di fare un pezzo di strada assieme prima che la chimica ormonale completi i propri esperimenti con il corpo puberale. Ed eccoli testimoni uno dell’altro per il resto dei loro giorni. Tutto qui il senso inesauribile di quella parola: amicizia.

Ecco, per il Lele “amicizia” era anche questo. Quanto sarebbe bello poterne parlare ancora con lui.


*La versione integrale del post del 2006 è disponibile qui:
http://www.silviobau.it/2006/02/14/la-vera-amicizia-nasce-dalla-giovinezza-condivisa/

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Regione e sentimento

“Fiorito è un prodotto della democrazia.
Molti italiani che oggi sbraitano contro la casta,
ove ne facessero parte, sarebbero identici a Franco Fiorito,
per il semplice fatto che sono identici a Franco Fiorito anche adesso.”

(M. Serra – L’Amaca)

L’unica, amara, consolazione è che certe cose non succedono solo in Lombardia. Regione che vai, spreco che trovi. Le cronache dei clientelismi, dell’esosità e delle ruberie della politica ormai non sorprendono più. Non disgustano più l’immoralità e la smodatezza dei costumi, perché, nostro malgrado, ci siamo abituati. Ciò che ripugna è la sfrontatezza e l’ingordigia con cui gli sperperi si perpetrano e ci vengono candidamente sbattuti in faccia. L’ingordigia dei mediocri, la chiama Stella.

Ultimo caso: il Lazio. Mentre gli operai abitano sui tralicci per difendere il lavoro, tredici consiglieri regionali ottengono in un anno due milioni di euro, spendendone 900.000 in manifesti e 200.000 in alberghi, bar e ristoranti (sarà il caro prezzi del settore alimentare?).

Nel bilancio del gruppo consiliare Pdl alla Regione Lazio, 665.000 euro sono destinati a “collaboratori e consulenze”, 114.000 alle “spese di rappresentanza”. Per la stessa voce i Radicali spendono 662 euro, e d’altro canto stanno all’opposizione.

Sempre in Lazio, il capogruppo Udc, che siglava tutte le ricevute, non sa spiegare cosa comprendessero i 145.000 euro di “spese varie”. Come Rutelli, che firmava i bilanci di Lusi, risponde: “Non lo so, non sono mica un ragioniere”. Ci mancherebbe…

E mentre in Veneto, a sentir parlare di sprechi, si urla “Ostrega!”, al ristorante Batman urla “Ostrica!”: 800.000 euro in pesce, champagne e auto nuova. Cene da supereroe.

Illo tempore il Comune di Volta spese 5.000 euro per un calendario con foto d’epoca: troppi soldi, si tuonava. La Regione Calabria ne ha buttati 140.000 per stampare un libro autopromozionale di 125 pagine dal titolo “Il senso delle scelte compiute”.

Sempre la Calabria sborsa 700.000 euro per la c.d. “rappresentanza”. Cifre che non dicono nulla, perché non abbiamo grossi riferimenti. L’Emilia Romagna però ne spende un sesto, anche se i suoi abitanti sono il doppio e il suo pil il quadruplo.

Sicilia: non basta il monito per gli scandali dei figli di Di Pietro e di Bossi. Il governatore Lombardo, dopo aver collocato il fratello, ora candida il figlio. “Ricongiungimenti familiari”, li chiamava qualcuno.

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Sonno svedese

“Vorrei chiudere gli occhi a poco a poco,
e aprire l’anima ai sogni e sentire una musica che blandisce,
ed odorare un profumo”

(Ambrogio Bazzero)

Premessa: in Scandnavia è quasi stagione di letargo.

La cosa migliore dell’Ikea è il salmone all’aneto. Un’altra bella cosa dell’Ikea, di gran lunga inferiore al salmone all’aneto, sono i concorsi riservati ai clienti fedeli.

L’ultimo è eccezionale: “Chi dorme in IKEA piglia un piumino“. Chi si presenta in pigiama e pantofole e rimane su un letto dello showroom dalle 10.00 alle 15.30 vince un piumino.

Io non parteciperò. Fondamentalmente perché non mi serve un piumino. Però voglio vederli quelli che si presentano in pigiama e se ne stanno sdraiati cinque ore e mezza mentre centinaia di sconosciuti tastano il materasso o aprono i comodini. Quel giorno un giro all’Ikea, per una volta, me lo faccio volentieri.

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Pane, amore e fiorentina

“Uno dei peggiori ristoranti in cui sia mai capitato nella mia vita…
il proprietario, ovvero il giullare del paese, nonché buffone della corte”

(da un commento in rete al ristorante Bottega dei Portici)

Alcuni dicono che le colline dolci dell’appennino tosco-emiliano ricordano un po’ le nostre zone, ma non è vero. Altri dicono che è una “finta” Toscana, meno bella e meno seducente della Toscana ufficiale, ma non è vero neppure questo.

Le alture di Imola e le dorsali che segnano il confine tra l’Emilia Romagna e la Toscana, a me fanno venire in mente i partigiani. Quando vedo quei boschi, quei sentieri, quei poggi e quei crinali, penso subito alla Resistenza e alla guerra. Zone teatro di combattimenti, battaglie, persecuzioni, ma sicuramente anche zone buone per ambientarci romanzi e racconti gialli. Paesini come Brisighella o Palazzuolo meritano di essere visitati. Ma è anche bello vagare tra i boschi di lecci, alla ricerca della piccola cresta che schiude lo sguardo sulle innumerevoli valli.

E poi si mangia bene. Se qualcuno dovesse capitarci vale la pena fare una sosta all’enoteca Bottega dei Portici di Palazzuolo sul Senio. I comenti in rete sono spaventosamente estremi e ciò è dovuto al carattere poco diplomatico del padrone di casa. Però fa delle buone fiorentine e può offrire (quasi) qualsiasi etichetta.

A spasso per l’Appennino

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La via delle Bocchette

“Splendida! Forse la più bella ferrata dell’arco dolomitico”

(commento di un alpinista qualunque su www.vieferrate.it)

Finalmente.

Due splendide giornate d’agosto hanno coronato il sogno di percorrere una delle ferrate più belle delle Alpi: la via delle Bocchette sulle Dolomiti di Brenta.

Nella prima giornata, dopo aver lasciato l’auto a Vallesinella (mt 1500), abbiamo raggiunto il rifugio Brentei e da qui la via delle Bocchette Centrali (mt 2700). Il percorso, semplice nella sua architettura, regala panorami unici. Si è sempre a ridosso delle guglie dolomitiche, tra cengie esposte e ripide scale. Si passa ad un soffio dal Campanile Basso e la veduta sulle valli sottostanti non ha eguali. La ferrata è semplice e la percorriamo quasi tutta “in libera”, assicurandoci raramente al cavo d’acciaio. Il Rifugio Alimonta, ideale base d’appoggio per questo giro, è esaurito e dobbiamo ripiegare sul meno quotato Brentei, molto più in basso. La sera scivola comodamente tra salsicce con polenta e grappe all’asperula. La notte, nonostante le oltre sette ore di cammino, trascorre insonne. Complice l’altitudine e soprattutto i limitati comfort.

Ripartiamo di buon mattino dal Brentei (2100 mt) e alle 8 siamo già in direzione delle Bocchette Alte, che raggiungono i 3000 mt. Prima però c’è tempo per la ferrata Detassis, vertiginosa e tra le più impegnative della zona. Raggiungiamo le Alte dopo qualche sforzo di troppo perché il peso deli zaini inizia a farsi ingombrante. Ancora una volta ci aggiriamo tra guglie imponenti e pareti a picco, spigoli che strapiombano, paesaggi da cartolina e tante, tante scale. Sullo sfondo, il lago di Molveno appare piccolissimo. Scenari che lasciano esterrefatti. Quassù, almeno quassù, Dio sicuramente esiste.

La discesa dalla Bocca di Tuckett è un calvario, perché il ghiacciaio è ripido, non c’è traccia del sentiero e non abbiamo i ramponi. Ma è solo l’ultima odissea. Arriviamo alle auto dopo otto ore e mezza di tragitto. Siamo due stracci, ma la gioia dell’impresa compensa ogni sforzo. Ringrazio Simone Salvaterra, che ha accettato di venire sin quassù.

Pratico corridoio sulle “Centrali”

Due torrioni: Salvaterra a sinistra e il Campanile basso sulla destra

Spettacolare traverso sulle “Alte”

Passerella panoramica

Cengia esposta: il Salva è tra l’ombra e il sole

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