Archive for maggio 2010

In principio

Ho rispolverato un bellissimo libro che mi regalò un amico. Tra le Piccole gioie di Hermann Hesse ho ritrovato questa frase: “È giusto avere dei princìpi, ma all’occasione bisogna saperli superare”.

Questo è uno dei grandi interrogativi della mia vita. Al di là delle eccezioni, che qualcuno chiama errori, qualcun altro leggerezze, qualcun altro peccati e qualcun altro ancora casualità, è giusto mantenersi ligi a propri princìpi? Oppure occorre capire quando è necessario derogarvi? Giusti o sbagliati che siano, se uno ha dei princìpi significa che per se stesso sono corretti. Altrimenti non sarebbero suoi princìpi, ma altre cose. Idee, nozioni, dottrine, ispirazioni. Ma allora, se uno li ritiene validi, perché pensare che possa essere necessario superarli o accantonarli?

Al contrario: se uno rimane ligio e coerente con i priopri princìpi, non rischia di chiudersi aprioristicamente e di non evolversi mai? Voglio dire: se quello che uno ritiene giusto e basilare poi non fosse altro che uno dei tanti modelli esistenti? Vabbè… mi sono ingarbugliato da solo.

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Quattro marmittoni alle grandi manovre

“Quattro marmittoni alle grandi manovre” è una commediola del ’74, dove alcune reclute in cerca d’autore combinano ogni disastro possibile ed immaginabile. Arriva per loro il momento del riscatto, quando devono occuparsi delle “grandi manovre”.

Senza uscire troppo dalla metafora…  occasioni per riscattarsi dai disastri e dalle nefandezze, il Governo ne ha avute molte. Ultima, forse, la “grande manovra” di questi giorni.

È già stato detto tutto sull’argomento. Sarebbe inutile approfondire in questo sgabuzzino i contenuti e i dettagli, perché in qualsiasi sito si possono reperire i particolari del provvedimento e ci si può “perdere” con facilità nelle analisi degli esperti o dei semplici lestofanti.

Mi limito a due considerazioni.

1 – Pare che la categoria più colpita sia quella dei dipendenti pubblici. Può dispiacere, ma va detto che si tratta (in generale, anche se non si dovrebbe mai generalizzare) di una categoria che gode da tempo di molti ed evidenti vantaggi, almeno rispetto ai dipendenti del settore privato.

2 – Gli impatti sui più abbienti e la lotta all’evasione è pressoché inesistente. Basterebbe poco per far pagare le tasse a tutti (o almeno a “più”), ma si dice sempre e non si fa mai. Peccato.

Come dice il Premier: “siamo tutti sulla stessa barca”. Vabbè: qualcuno ha il gommone, qualcun altro lo yatch. Ma sono sottigliezze.

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Sega, ferrata nomen omen

Prima sgambata stagionale, per saggiare il passo in vista delle uscite più impegnative.

La partenza, poco fuori Avio

La ferrata Gerardo Sega è piuttosto facile, ma in alcuni tratti non banale. I due traversi sono bellissimi per l’ambientazione e il paesaggio, ma percorribili con discreta semplicità. Qualche verticalizzazione nell’ultima parte, e il poco traffico, permettono alla ferrata di dirsi interessante. Si può usare quasi sempre un solo punto d’attacco, ma alle mie spalle udivo l’insolente “click-clack , click-clack”, del doppio moschettone di Vicensa, atleta che si assicura anche al cesso, uomo con gli standard di sicurezza più ferrei di quelli di Bertolaso.

Il primo dei due traversi

Il primo traverso

Il lungo avvicinamento ed il ripido sentiero del ritorno rendono più impegnativo il cammino rispetto alla ferrata vera e propria. In totale, il giro ci ha impegnato sei ore. Un buon allenamento in un paesaggio sorprendentemente variegato e dunque apprezzabile.

Ah… se qualcuno volesse aggiungersi, può segnalarmelo. Come sempre, terremo conto della difficoltà degli itinerari in funzione dell’utilizzatore finale.

Il tratto finale

Il tratto finale

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San Toro

La notizia è che Santoro lascia la Rai. Rocambolesco epilogo di mesi di battaglie, combattuti anche e soprattutto nella sanguinosa arena della sua trasmissione. Una corrida estenuante, che ha sempre visto il Toro braccato dai toreri, ed il pubblico diviso, a tifare per l’uno o per gli altri. Parole grosse come diritto d’opinione e d’espressione, o come libertà d’informazione.

Non è stato epurato dai vertici, né dal Consiglio dei Ministri. Non è stato cacciato dal pubblico e neppure dal Cda dell’azienda. Non si è dimesso per fronteggiare attacchi personali o per chiarire accuse scomode. Più semplicemente, è stato comprato. Una buonuscita milionaria (si parla di 2,5 – 2,7 milioni) per lasciare il disturbo. Nessuna battaglia giudiziaria, nessuna congiura mortale, ma solo moneta sonante. Come si fa con i mercenari, paladini di guerre a scopo di lucro non d’ideale.

Non ho sentito la sinistra gridare allo scandalo, né chiedere spiegazioni. Solo qualche timida difesa, dell’uomo (assurto a santo), “costretto” ad accettare questa modica rescissione contrattuale. “Non ne poteva più”, lo giustificheranno poi gli ex difensori della libertà d’informazione.

La verità è che il denaro compra tutto, guerrieri, eroi e finanche i santi.

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Il cugino antipatico

A proposito del suo interismo, scrive oggi Severgnini che “c’è una simpatia che scivola nella compassione; e noi l’abbiamo rischiata, anni fa. Così esiste un’antipatia che confina con l’arroganza. E quella dobbiamo evitarla, è lo stile di qualcun altro”.

Caro Beppe, ormai è troppo tardi.  In questi anni l’arroganza dell’Inter, figlia legittima dell’arroganza del suo allenatore, ha superato abbondantemente ogni confine conosciuto. Hic sunt presuntuoses.

Si dice che siano diventati troppo vincenti per essere amati e per essere celebrati da tutti. Squadra che vince, non si canta? Forse.

Certo è che non avevamo mai visto un allenatore più insopportabile e sbruffone. I Capello e gli Zenga, professionisti della polemica e della boria, si ritrovano ormai retrocessi al ruolo di dilettanti malconci, da invitare a casa per un . Mourino insulta i giornalisti e poi li fa precipitare ai propri piedi. Critica ogni collega e si lamenta degli oscuri complotti contro la sua squadra. Vittima, poco credibile, di congiure ordite da chissà chi e chissà quando. Si autocelebra eroe buono e divino, capace di riportare la giustizia celeste sulla terra dei comuni peccatori. O lo si odia, o lo si ama.

È vero, col suo modo di fare ha rotto la routine di un’omologazione fastidiosa, dove tutti parlano avvolti in una circostanza di ovvietà imbarazzante e vuota. Ma ha suscitato altresì sentimenti finora sconosciuti. Poi è assurto a icona dell’Inter, e dei suoi tifosi costantemente in cerca d’autore, che lo amano incondizionatamente solo perché li ha fatti vincere come mai prima d’ora (pare poco?). Ecco che per la proprietà transitiva, noialtri confondiamo i pusillanimi interisti con la loro guida, cioè con il loro allenatore, con la sua prepotenza e la sua irrefrenabile altezzosità.

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Cave Anem

Sono 412 i nomi delle persone che avrebbero beneficiato degli interventi edili di Anemone (o Anemóne, come lo chiama Elio e le storie tese). Berlusconi, Scajola, Lunardi, Bertolaso, Mancino. Ma anche capi di gabinetto, di dipartimento, di uffici legislativi, della Protezione Civile e del Ministero della Giustizia, dirigenti Rai, generali della Guardia di Finanza e dei Carabinieri, agenti dei servizi segreti. Giornalisti, registi, produttori. Anche preti e vaticanaglia varia. Un po’ di tutto e un po’ di tutti.

Che in molti si siano affidati alla stessa impresa non è un reato, certo. Il buon impresario lavora sul passa parola dei clienti soddisfatti. Tanti clienti, tanto onore. Permettiamoci però di dubitare.

Ci dicano se tutto questo proliferare di attività edilizie è stato regolarmente pagato, oppure nebbiosamente regalato. E, in quest’ultimo caso, ci dicano anche il perché.

Ho appreso che in Europa una norma impone ai politici di non accettare regalie, se non ti modico valore. Non importa il fine del regalo: se sei un politico non puoi accettarlo. Punto. Norma non ratificata dall’Italia, obviously. Noi siamo europei ad intermittenza.

Per questo sfrontato ballo del mattone, si parla già di campagna mediatica e di maxi complotto. Cicchitto è arrivato a dire che l’elenco dei beneficiari è una vera e propria lista di proscrizione. Visti i tempi e le anomalia italiote, forse voleva dire lista di “prescrizione”.

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Cippa Lippi

Agghiacciante. La lista dei papabili mondiali è qualcosa di inverecondo. Tracima di juventinità, nell’anno del peggior campionato della Juve dal secondo dopoguerra ad oggi. Niente fantasia e tanta geriatria. L’unica buona notizia è l’esclusione del Pupazzo.

Per ogni commento, aspettiamo di vedere se reciderà qualche cariatide dalla rosa dei trenta mannari.

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Scaj sport

Che un ministro accusato di aver ricevuto in regalo un appartamento si dimetta, mi pare il minimo. In questi casi se uno è innocente, si discolpa e ritorna al suo posto. Se invece è colpevole, prima se ne va e meglio è.

Però, a quanto pare, qua non parliamo di una banale calunnia, ma di qualcosa di più concreto. L’architetto che avrebbe pagato metà del lussuoso appartamento (confermato anche dai venditori), e che Scajola ha detto di conoscere a malapena, appare ufficialmente come incaricaricato della ristrutturazione, tra le carte depositate al comune. Un legame, insomma, tra casa, ministro e pagatore occulto, esiste eccome.

D’altronde la scusante: “evidentemente mi hanno regalato metà casa, ma io non lo sapevo” è quantomeno stravagante.

Ho letto che Scajola nell’83 si fece 72 giorni di carcere, poi fu prosciolto. Poi molti anni di altre accuse e di sospetti, su una carriera politica e amminsitrativa un po’ torbida. Non ultima l’imposizione della tratta Alitalia “Roma-Albenga”, per viaggiare comodo da casa sua ai palazzi capitolini (e poi l’Alitalia va a puttane! Mah!)

Verrebbe da dire che il lupo perde il pelo, ma non il vizio, ma significherebbe condannarlo aprioristicamente.

Di certo questa vicenda pone ulteriori interrogativi (ce n’era bisogno?) sulla qualità della classe dirigente, sui suoi vezzi e i suoi vizi.

E in attesa di regali, noi paghiamo i mutui.

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