Archive for febbraio 2009

Diritto allo sciopero virtuale

Arriva lo sciopero virtuale. Alcune categorie di lavoratori, la cui astensione da mansioni e prestazioni possa determinare la concreta impossibilità di erogare un servizio principale ed essenziale, dovranno dichiarare preventivamente la propria adesione allo sciopero.  Saranno tuttavia obbligati a prestare il servizio, perdendo però la retribuzione.
Insomma, idealmente si potrà scioperare (dichiarandosi “scioperanti” e rinunciando alla paga), praticamente si dovrà lavorare. Verrà meno il diritto di scioperare e di astenersi dal lavoro, ma vuoi mettere… si avrà il diritto di lavorare gratis.

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Spirito Candido

Non che scrivesse articoli irresistibili, è solo che dalla sua penna coglievo sempre l’amore innato e limpido per lo sport. Ci leggevo lo spirito candido di chi è innamorato di quello che scrive, incantato da quello che racconta. Per questo presi il suo nome come pseudonimo per firmare gli editoriali sul periodico del nostro fantacalcio, quel FantAsma apprezzato da molti e rimasto nel ricordo dei più.
Candido Cannavò dalla Sicilia era salito sino a Milano, in un viaggio simile a quello che da semplice giornalista, l’aveva condotto sino alla direzione della Gazzetta per quasi vent’anni.
Da oggi scriverà i suoi articoli ancora più in alto, nel cielo che ha sempre sognato rosa, lasciandoci la nostalgia di un uomo che faceva sorridere.

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Per fare un albero, ci vuole un seme

 

“Per il duello con quell’ipocrita del farmacista, che si vantava d’essere erede della migliore tradizione illuminista, laica e bonapartista, aveva ritagliato una frase di Napoleone che riassumeva il peggio della visione maschia del mondo che ancora gli sembrava dominare l’Italia del dopoguerra: «La donna è nostra proprietà, noi non siamo la sua, poiché essa ci dà dei figli e l’uomo non ne dà. Ella, dunque, è la proprietà dell’uomo, come l’albero da frutto è proprietà del giardiniere»”
(G.A. Stella – Il maestro magro)

Affermazione discutibile o facilmente confutabile, ma certamente esplicativa di un certo maschilismo estremo. In questo blog a volte sostengo, altre volte semplicemente provoco.
L’idea che la donna sia nata per procreare non è affatto peregrina ed il sostenere che il raggiungimento della sua completezza umana avvenga con la maternità ha una sua, seppur esile, ragionevolezza.

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Malati terminali e contraddizioni di termini

Aggiungo solo due cose sul vaso di Pandora scoperchiato dalla vicenda Englaro.

La prima: l’imminente legge che vieterà di fatto un completo testamento biologico, si basa cavillosamente sul tecnicismo che esclude l’alimentazione e l’idratazione forzate dalla prassi definita “terapia”. La terapia è il complesso dei provvedimenti e dei trattamenti adottati per curare o prevenire una malattia. Ora vi chiedo: l’azione di introdurre in un corpo attraverso una sonda degli alimenti creati in laboratorio (non al panificio, né in salumeria) e di somministrare all’organismo altre sostanze per favorire l’assimilazione degli alimenti stessi, come può definirsi se non terapia?

La seconda: il tanto invocato dovere di non decidere della propria vita e della propria morte, in virtù del fatto che essendo figli di Dio, abbiamo un padre supremo che decide per noi… come si coniuga con la prassi di “forzare” la volontà della natura, alimentando artificialmente un organismo che altrimenti perirebbe? L’accanimento innaturale, e l’ostinato ausilio delle macchine in barba alle regole della natura, non sono forse una contraddizione della volontà divina? Una negazione dei propositi celesti?

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Englaro, la vera unità d’intenti

La strumentalizzazione della vicenda Englaro è l’unico vero impegno bipartisan perfettamente riuscito.

Da una parte il Governo, che brandisce l’alabarda delle guardie svizzere vaticane, nell’evidente tentativo di rastrellare i consensi popolari ed il vitale sostegno ecclesiastico: libero Governo, in libera Chiesa, in libero Stato.

Dall’altra parte le opposizioni e il mondo laicista, intenti a svendere l’immagine della sofferenza per la promozione di chissà quale ideale di libertà. Anche il padre, va detto, sembra combattere più per una questione di principio che per il bene effettivo della figlia.

Nel mezzo lei, a soffrire inutilmente, indefessamente. Ad aspettare che gli altri, fuori, decidano la sua sorte, ma solo dopo aver risolto il dibattito filosofico e quello politico.

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Englaro, la vera unità d’intenti

La strumentalizzazione della vicenda Englaro è l’unico vero impegno bipartisan perfettamente riuscito.

Da una parte il Governo, che brandisce l’alabarda delle guardie svizzere vaticane, nell’evidente tentativo di rastrellare i consensi popolari ed il vitale sostegno ecclesiastico: libero Governo, in libera Chiesa, il libero Stato.

Dall’altra parte le opposizioni e il mondo laicista, intenti a svendere l’immagine della sofferenza per la promozione di chissà quale ideale di libertà. Anche il padre, va detto, sembra combattere più per una questione di principio che per il bene effettivo della figlia.

Nel mezzo lei, a soffrire inutilmente, indefessamente. Ad aspettare che gli altri, fuori, decidano la sua sorte, ma solo dopo aver risolto il dibattito filosofico e quello politico.

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Bossi Jr, Milano e il clima caraibico

La Lega, giurava anni fa Umberto Bossi, «assicura assoluta trasparenza contro ogni forma di clientelismo». Di più: «Non si barattano i valori-guida con una poltrona!». Di più ancora: «Dobbiamo essere in primo luogo inflessibili medici di noi stessi se vogliamo cambiare la società!». Bene, bravo, bis. Ma i figli, come dice Filomena Marturano, «so’ piezz’e core». Così, quando si è trattato di dare vita all’«Osservatorio sulla trasparenza e l’efficacia del sistema fieristico lombardo », chi ha piazzato nel Comitato di presidenza? Suo figlio Renzo. Certo, l’approccio «mastelliano» alla raccomandazione («un peccato veniale», l’ha sempre definito Clemente) non è per il segretario della Lega una novità assoluta. Qualche anno fa, infatti, l’uomo che aveva fatto irruzione in politica tuonando contro il familismo, aveva già piazzato a Bruxelles il fratello Franco e il figlio Riccardo. Assunti come portaborse, il primo a carico di Matteo Salvini e il secondo di Francesco Speroni, evidentemente lieti di spendere «in famiglia» la prebenda di 12.750 euro al mese che ogni deputato riceve per l’attaché. Quali competenze avessero l’uno e l’altro non si sa e non si è mai avuto modo di approfondire: dopo la scoperta della doppia sistemazione parentale, ufficializzata dalla pubblicazione sul sito Internet www2.europarl.eu.int/assistants, le due nomine furono precipitosamente annullate. Meglio perdere un paio di stipendi che esporsi al rischio di mal di pancia dei leghisti di base allevati nel mito dei duri e puri.

Quanto alla competenza di Renzo Bossi nel nuovo incarico, il mistero è ancora più fitto. L’assessore regionale Davide Boni ha spiegato a Repubblica che la nomina del ragazzo è solo il primo passo: «Stanno scadendo i vertici e noi ci facciamo avanti perché la Fiera è troppo importante per Milano e l’intera Padania e perché la Lega esprime una classe politica di tutto rispetto». «E Renzo?» «Con lui la squadra non potrebbe essere più incisiva». L’affermazione, ovviamente del tutto estranea a ogni forma di leccapiedismo verso il Capo, è rassicurante. Fino a ieri, infatti, sulla statura del figlio del ministro delle Riforme esistevano due sentenze. Una emessa dai professori che l’hanno bocciato agli esami di maturità la prima, la seconda e poi ancora la terza volta che si è presentato, rendendo inutili tutti i ricorsi. L’altra emessa dal padre stesso il giorno in cui gli chiesero se Renzo fosse il suo delfino: «Delfino, delfino… Per ora è una trota». Battuta che fece nascere all’istante, su Internet, un «Renzo Trota fans club». Auguri, comunque. Al delfino salmonato e alla Fiera di Milano. Dopo tutto, può essere l’inizio di una brillante carriera. Del resto, negli staterelli caraibici, cose così capitano da un pezzo. Avete letto l’Autunno del patriarca di Gabriel García Márquez? Una delle scene indimenticabili è quella in cui la madre del dittatore, Bendicion Alvarado, nel vedere «suo figlio in uniforme d’etichetta con le medaglie d’oro e i guanti di raso» davanti al corpo diplomatico schierato al completo, non riesce a «reprimere l’impulso del suo orgoglio materno» e grida entusiasta: «Se io avessi saputo che mio figlio sarebbe diventato presidente della Repubblica lo avrei mandato a scuola!».

Gian Antonio Stella – Corriere della Sera, 4 febbraio 2009    

 

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Ubi maior, minor cessat

L’approvazione della nuova legge per le elezioni europee alza al 4% la soglia minima di sbarramento per poter accedere alla rappresentanza.

Principio buono, tra l’altro diffusissimo in Europa, ma che puzza di convenienza all’italiana. Se è vero che riduce la frammentazione, rimargina lo sperpero dei rimborsi statali ai partiti e garantisce, sulla carta, maggior governabilità, è anche vero che le motivazioni della sua approvazioni bipartisan appaiono un po’ meno nobili. È chiara infatti la convenienza convergente di Pd e Pdl al dissolvimento dei piccoli partitini mangiavoti, che gravitano scomodamente sia a destra che a sinistra. 

Non ci vedo barlumi di modernizzazione, né anticipazioni di evoluzione politica. Ci vedo solamente vecchi accordi di botteguccia. 

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Buona forchetta – Corte Aquileia

Benché l’agriturismo si trovi a poche centinaia di metri da casa mia, non ci entravo da almeno dieci anni. Complice una brutta impressione, ispiratami agli albori del locale. Invece è un buon posto.

L’ambiente agricolo confeziona una stalla bene riadattata a sala da pranzo. Il menù rigorosamente tradizionale offre scelte tutto sommato discrete. Ma quello che sorprende sono gli ottimi prezzi…

Il merlot sfuso è piuttosto scarso, ma si può trovare comunque qualche buona bottiglia (Bolero, Debbio).

Popolato, ma non affollato. E come prezzi diventa un’egregia alternativa alla solita pizza.

Primo, secondo e dolce: 15€

Voto: 6,5

 

Agriturismo Corte Aquileia – Via Avis 1 Volta Mantovana

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