Archive for luglio 2006

L’indulto come il condono

I primi cento giorni di un governo, altro non sono che il biglietto da visita che una maggioranza parlamentare deve offrire di se stessa. In una legislatura si possono (o non si possono) fare tante cose, va da sé che i primi tre mesi abbiano un’importanza relativa in riferimento alla totalità del tempo a disposizione. È tuttavia opinione diffusa che dall’inizio di una legislatura si possa inquadrare un andamento più globale, il cui giudizio dovrà essere operato solo alla fine.
Torno dalle ferie con la notizia dell’approvazione alla Camera di un provvedimento di indulto, in grado di scarcerare più di dodici mila detenuti. Riduzione della pena, da applicare anche ai reati finanziari, alla corruzione, alla concussione… persino al reato del voto di scambio mafioso. Se queste sono le priorità dell’Ulivo, i provvedimenti più urgenti da attuare, le questioni da cui partire per gettare le basi di “un’epoca nuova”, allora il problema è davvero sconcertante. Una coalizione che ha trascorso cinque anni a delegittimare Berlusconi in nome del conflitto d’interessi, che ha puntato il dito contro gli abomini delle leggi ad personam, che ha sbrodolato ovunque belle parole in nome dello stato sociale, in difesa dell’ambiente della scuola e quant’altro… davvero non ha nulla di meglio e di prioritario da porre all’ordine del giorno? Davvero è questione più urgente scarcerare Tanzi e Cagnotti, Ricucci e Fiorani, Previti e Wanna Marchi?
Bertinotti ha salutato la votazione sentenziando: “Oggi è una bella giornata per la Camera e per le istituzioni”. Io continuo banalmente a concordare con l’uomo qualunque del bar qualunque, per il quale alla fin fine “sono tutti uguali”. Giudizio insipido e poco originale, ma il più reale che mi sia venuto in mente.

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Una bella scommessa

Roberto Donadoni mi è sempre piaciuto.
Come giocatore ha infiammato ed entusiasmato i miei anni di “tifoso costituendo”. Quel passo stretto e il dribbling a rientrare, sempre uguale, sempre mortale. Protagonista degli scudetti più belli. Ala pura, di quelle che ormai se ne vedono poche. Ricordo che il barone Liedholm disse di lui: “è l’unico che in allenamento riesce a saltare Franco Baresi nell’uno contro uno”. Anche per questo Donadoni divenne per me un mito. Quel rigore sbagliato ad Italia ’90 mi rese la notte insonne: pensavo al dramma personale che probabilmente stava vivendo, pensavo al peso che si sarebbe trascinato dietro. Ma poi, come spesso accade, la storia lo ha ripagato.
Come uomo mi è sempre sembrato misurato ed equilibrato. Dote rara nell’ambiente e qualità spesso ed inspiegabilmente sottovalutata. Mai una parola fuori posto, mai una frase banale. Piuttosto il silenzio. A metà del campionato scorso, sulla panchina del Livorno, si dimette con la squadra in zona Uefa, per i forti contrasti con un presidente che ne mette in discussione le doti tecniche. Lui se ne va e la squadra termina il campionato sull’orlo della serie B.
Oggi, complici le grandi raccomandazioni dell’amico Albertini, Donadoni approda nel burrascoso porto della panchina azzurra. Succede ad una guida tecnica che ha raggiunto il massimo, cioè la vittoria mondiale. Nella migliore delle ipotesi potrà solo eguagliare il predecessore.
Il ricciolino di Cisano Bergamasco, insomma, ha fatto una bella scommessa con se stesso. Tentare di eguagliare il traguardo di Marcello Lippi è un’impresa epica, più che un augurio.
Anche chi ha puntato sul suo nome si è assunto una grossa responsabilità. Donadoni ha allenato un anno in serie C, due in B e poco più di mezzo campionato in A. Affidargli le chiavi della nazionale può essere una scelta azzardata e forse oltremodo rischiosa. Ma credo che pochi altri avrebbero raccolto il guanto della sfida.

Nota a margine: Sacchi non sarà stato sempre spettacolare e non avrà sempre elargito grande calcio, ma certamente è riuscito a formare tecnicamente le menti che ha allenato. I pilastri del suo grande Milan oggi avvalorano questa tesi: Tassotti, Baresi, Albertini, Ancelotti, Donadoni, Rijkaard, Gullit, Van Basten…

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Che il cielo resti azzurro

Ce la siamo meritata. La grande Italia del pallone ha conquistato la quarta Coppa del Mondo. Soddisfazione, gioia… Alle facce commosse dei gli eroi berlinesi fanno da contraltare i caroselli impazziti di tutto il Paese, durati ovunque e per tutta la notte. È l’astinenza da vittoria che ha reso questo successo ancora più immenso.
Battuta prima la Germania ospitante (si fa per dire), poi in finale la Francia di Zizou: non riesco a pensare ad un epilogo migliore. A trent’anni assisto al trionfo mondiale: arriva nel momento migliore. Non troppo giovane per non ricordare, non troppo vecchio per non festeggiare.
L’Italia, tramortita dagli scandali di calciopoli, oggi sembra rinascere. Si parla di un incremento di un punto percentuale del Pil, grazie alla vittoria di Lippi e dei suoi discepoli. È azzurro quel “cielo sopra Berlino” e vogliamo che resti tale. Il vento della vittoria ci ha riportato il sorriso limpido di ventiquattro anni fa, dopo tante, troppo nuvole. Ora i giudici completino questo processo. Spazzino via le ultime nubi che aleggiano sul nostro calcio. Completino l’opera. È tornato l’azzurro, ora deve rimanerci.

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Convivium Voluptatis, casus belli

Lo scorso lunedì la signora Luciana Valbusa ha inviato una lettera alla Gazzetta di Mantova, per manifestare pubblicamente il suo disappunto. Queste le sue parole.

Caro Direttore,

giorni fa, esattamente il 28 giugno, si è svolta una bella rievocazione storica a Volta Mantovana, la serata del “Convivium Voluptatis”. Serata splendida, in una cornice che pochi possono permettersi, tra saltimbanchi, candele, gallerie segrete e suggestioni di ogni tipo. Il bello arriva al momento del tanto decantato banchetto, come al tempo del grande Marchesato; peccato però che nella solenne cena moderna non arrivino nemmeno le briciole dalla cucina. Gli invitati (quelli paganti 35 euro), dopo aver atteso invano con l’acquolina in bocca, se ne sono andati tra luminosi fuochi artificiali, a terminare la serata in pizzeria.
Questi sono fatti reali, effettivamente accaduti. Ciò che più dispiace è che nessuno degli illustri responsabili e degli attenti organizzatori abbia mosso un dito per promuovere le proprie scuse. Pensi se tutta la serata fosse andata a gonfie vele, che begli articoli di gloria e gratificazione sarebbero stati pubblicati sui vari giornali.

Una delle tante persone paganti 

Nella stessa giornata un collaboratore della Gazzetta chiama la signora Valbusa, per accertarsi che sia stata lei a scrivere e per capire meglio la dinamica degli eventi. Tra sorrisi e cordialità, tutto procede nella più trasparente correttezza.
Il mattino seguente il giornale non pubblica questa lettera. Al suo posto un articolo, mal confezionato, non firmato e decisamente improvvisato, con cui l’organizzazione (e l’assessore Ughetti) si scusa del disservizio. Inutile che riporti pure quello. Anche la più idiota della menti capirebbe che è stato scritto con Ughetti al telefono e con l’articolo di mia madre davanti agli occhi.

Ora, Gianluca mi dirà che da sempre mi ha messo in guardia su questo atteggiamento scorretto della Gazzetta. E’ vero. Lui lo sa, voi lo sapete, noi lo sappiamo. Prima di difendere la libertà di parola e di denuncia, la Gazzetta pensa a curare i buoni rapporti con chi amministra. La signora Valbusa è imbestialita e tenta di telefonare al quotidiano, io me ne sono fatto una ragione.
Ma la questione è ben altra. Sullo scenario c’è infatti l’atteggiamento arrogante e fanfarone dell’amministrazione e del suo assessore. Nessuna scusa, nessuna giustificazione. Poi però si insabbia la questione (che permettete è davvero di poco conto e piuttosto banale) confezionando un articolo atto a salvare la capra ed i cavoli. Il gioco vale la candela? Valeva la pena gestirla in questo modo, perdendo la faccia anche sulle questioni più stupide?
E’ lo stile dei furbi, di chi ti frega due volte.

Siamo alla frutta ed io comincio ad essere stanco.

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File transfert

Prendendo spunto da un libro (“Tra De Gasperi e gli U2”), Gianluca mi ha dato l’idea per scrivere un pezzo. Dovendo riordinare idealmente il mio computer e quello di mio nonno, quali file vorrei che ci scambiassimo? In un gioco paradossale, ho cercato di dire a mio nonno che cosa di buono mi manca tanto e che cosa mi piacerebbe che lui avesse conosciuto.
Da molto tempo mio nonno non c’è più. Questo è anche un modo per salutarlo.

Caro nonno, lasciami questi file:
1. Un paese dove tutti si conoscono. Potrei salutare chiunque, senza chiedermi “ma chi è questo qua?”
2. Le case con l’aia nel cortile e le tavolate numerose. Avrei tranquillità ed un clima di festa ormai quasi estranei. Si riassaporerebbe il gusto della famiglia.
3. Le magliette attillate di “lanina” dei calciatori. Morirei a collezionarle.
4. L’aria respirabile ovunque, i fiumi balenabili. Non ci sarebbe bisogno di ammazzarsi, aspettando in coda all’ingresso delle piscine.
5. Le donne che prima di tutto si occupavano dei figli. Avremmo madri che fanno le madri e padri che fanno i padri. Non madri che fanno i padri, padri che fanno i padri e figli che non sanno cosa fare.
6. Le soffitte polverose: tra mille cose inutili, c’era sempre qualcosa di affascinante. Magari sarei meno vittima di questa cultura “usa e getta”
7. Il dialetto come lingua ufficiale (per i più colti l’accesso all’italiano, seconda lingua). Chiamerei “portèch” il “garages”, e “sabèt e dumenica” il “weekend”. Bellissimo.
8. Il concetto di “abito della festa”. Eviterei di andare a messa in maniche corte e a lavorare in cravatta.
9. La consuetudine del filòs. Ogni sera non mi rincoglionirei come un ebete davanti alla televisione e “vivrei” a fondo le persone.
10. Una vespa in ogni famiglia, da guidare senza casco. Questa io ce l’ho, peccato per il casco.

Caro nonno, io lascio a te questi file:
1. La posta elettronica. Potresti sapere in tempo reale quanto latte vuole per domani la Lina Cofani. E soprattutto lei non potrebbe rimangiarsi la parola.
2. La Tennent’s super. A fine giornata, quando sfogli il giornale seduto sulla tua poltrona, sarebbe il massimo.
3. I Simpson. Dopo mangiato, prima di tornare sotto il sole dei campi, ti rilasseresti sorridendo un po’.
4. L’aria condizionata. Magari sul tuo trattore. Eh?
5. Gli agriturismo. Così ne apriresti uno anche tu ed io ora saprei cosa fare della mia vita.
6. I tasti Ctrl+C e Ctrl+V. In effetti te ne faresti poco: sposteresti mucche virtuali, da una stalla all’altra. Nulla di più.
7. Il servosterzo. Hai presente girare attorno all’aia col trattore ed il carro pieno di fieno?
8. Le polo a manica lunga. Ti ringiovanirebbe e al bar parleresti di sport con aria esperta..
9. La RyanAir. Con la scusa di andare al mercato di Montichiari, potresti girarti mezza Europa all’insaputa di tutti.
10. Blu Notte e Sfide. Forse non è una buona idea: poi avresti paura ad entrare nella stalla buia e penseresti a Rivera più che alla nonna. Lascia perdere.

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