Archive for luglio 2013

Empatia canaglia

“Per quanto meno infami dei meri sadici, i burocrati sono più pericolosi,
perché in loro non c’è neppure un conflitto tra coscienza e dovere:
la loro coscienza consiste nel compiere il proprio dovere;
e ai loro occhi, gli esseri umani quali oggetti di empatia e compassione,
semplicemente non esistono”.

(E. Fromm – Avere o essere?)

 Quando si dice la vicinanza delle istituzioni ed il coinvolgimento emotivo di chi governa…

A seguito del recente deragliamento del treno spagnolo, il primo ministro Rajoy ha diramato un comunicato stampa, per manifestare le più sentite (?) condoglianze ai familiari delle vittime.

Nel profondo turbinio emozionale, però, il suo entourage ha confezionato un comunicato bislacco, scopiazzando un po’ troppo quello diramato in occasione del terremoto cinese di lunedì.

Di fronte al più grande disastro ferroviario spagnolo degli ultimi quarant’anni, Rajoy recita: “Desidero rivolgervi le mie più sentite condoglianze per la perdita di vite umane e per i danni materiali che ha portato il terremoto che ha colpito questa sera la città di Gansu”. Si può immaginare quanto si siano sentiti sollevati gli spagnoli, per una tale empatia da parte del loro governo. Come si dice: cornutos y maziatos.

Comunicato

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Mamma mia

“Le madri sono facilmente gelose degli amici dei loro figli,
quando questi conseguono successi particolari.
Una madre ama di solito in suo figlio più che il figlio stesso”.

(F. Nietzsche – Umano, troppo umano)

Durante il soggiorno toscano, nella Val di Merse e nelle Crete senesi, abbiamo fatto tappa anche nel piccolo paese di Buonconvento. Borgo caratteristico, ma nulla di eccezionale. Merita la sosta solo se ci si passa a fianco, perché in Toscana c’è decisamente di meglio.

Passeggiando tra le stradine assolate, scorgiamo un’anziana signora che dall’alto della sua finestra sta chiudendo le imposte. Il sole picchia forte ed alzare lo sguardo è quasi un’impresa.

Buongiorno”, esordisce cortese, volgendo lo sguardo verso la strada sotto la sua finestra.

Buongiorno signora”, rispondiamo cortesemente sorridendo.

Da dove venite?

Da Mantova.

Ah… e avete figli?

No, signora, non ne abbiamo”, rispondiamo sbalorditi per la stravagante domanda. Non ha certo problemi di relazione con gli sconosciuti…

Beh, quando ne avrete, fatene almeno due. Che uno è poco”.

Eh, signora mia… uno è poco e due son troppi. Comunque sarà fatto”, ribatto con fare sbrigativo, chiedendomi se siamo capitati in un ospedale psichiatrico o su Scherzi a parte.

Siete sportivi?

Osssignùr, penso nell’intimo della mia pazienza. “Sì, certo, siamo sportivi.

E il calcio, lo conoscete?

Sì, certo. Conosciamo un po’ anche il calcio.

Allora aspettate, che vi mostro una cosa.

La signora abbandona la finestra e va a cercare qualcosa. Aspettiamo attoniti e un po’ incuriositi dall’estrema confidenza.

Ritorna dopo qualche secondo con un’immagine cartonata della nazionale italiana, credo ai mondiali del 1978. Mi chiede se conosco il terzo da sinistra, indicando un calciatore con i capelli lunghi.

Allora, il primo è Romeo Benetti, in porta c’è Zoff, poi in piedi ci sono Bettega e Gentile. Sotto distinguo Causio, Antognoni, Scirea… Ma il terzo in alto non saprei. È lontano, non lo riconosco. Chi è?”.

È Bellugi, il mi figliolo”, sentenzia orgogliosa.

Le faccio i complimenti, mentre mia moglie si chiede perplessa chi cacchio sia sto Bellugi.

Dico alla nonnina che vedo spesso suo figlio tra i commentatori sportivi di Italia 7. È contenta, appagata del nostro riscontro positivo, ma non le basta. Si lamenta apertamente e lascia trasparire un’insoddisfazione vecchia di tanti anni.

Fa tenerezza quando si confida e ci dice che le manca molto quel figlio calciatore, uscito di casa giovanissimo, emigrato a Milano e mai tornato dalla madre. “Non fate un figlio solo, fatene almeno due”, ripete con la voce tremula.

Con un piccolo groppo in gola la salutiamo e la lasciamo nuovamente da sola, con le sue imposte da chiudere e col suo poster della nazionale da riporre nel cassetto.

Italia, 1978

Italia, 1978

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L’uomo del Ponte

“Anche se siamo in tempo di saldi,
non bisogna mai dare troppe cose per scontate…”

(A. Cook)

 Incalza la polemica sull’affitto di Ponte Vecchio a Firenze, per la cena di Montezemolo e dei vip Ferrari.  Anche oggi il deputato grillino Romani ha incalzato lo scapestrato Renzi per la maldestra concessione. La diatriba rischia di essere eterna.

In linea di principio è vero: il bene pubblico non deve mai soggiogarsi al vizio privato ed il patrimonio collettivo non deve mai essere riservato solamente ai “pochi” che possono permettersi di pagare più di altri. È una regola che sta alla base della convivenza civile di una comunità, è la regola che impedisce che la res publica diventi res privata.

Ultimamente, tuttavia, queste scelte di concessione del bene pubblico, di affitto, noleggio o locazione che sia, iniziano ad essere quasi obbligate. Per i Comuni sempre più in crisi di entrate, e sempre più al collasso nella quadra dei conti, l’idea di mettere a frutto il patrimonio diventa una necessità forzata.

Ben vengano gli sponsor, gli affitti e gli investitori privati. Purché l’obiettivo finale sia realmente quello di sostenere l’interesse della comunità (aumentando le entrate), non solo quello di favorire il sollazzo dei pochi (concedendo esclusività low cost).

In quest’ottica anche Volta dovrebbe promuoversi maggiormente, incoraggiando l’utilizzo e lo sfruttamento degli spazi comunali da parte dei privati cittadini per eventi, feste, manifestazioni, convegni privati. Non è mai stato fatto, o almeno, non abbastanza.

Ufficialmente Ponte Vecchio sarebbe stato affittato per qualche ora, in cambio 120.000 euro. Non mi intendo della materia, ma mi pare un compromesso accettabile. Ma dalla documentazione sembra emergere che il canone effettivo di locazione sia stato di soli 17.000 euro. Un po’ poco, perché su queste cose non si dovrebbero fare sconti neppure agli amici, e neppure nel periodo dei saldi estivi.

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Buona Forchetta – Masaniello

Al posto del vecchio Apericena, in Valletta Paiolo c’è un nuovo locale. Immutato l’arredo, mutato l’accento. La cadenza napoletana ha preso prepotentemente il posto del dialetto mantovano. Masaniello è infatti specializzato nella cucina campana. Innanzitutto pizza alta, discretamente gustosa. Ma soprattutto fritti di ogni tipo, non unti e squisiti. Imperdibile l’antipasto “cuoppo”: un mix di frittura di pane, verdure, polenta. Molto appetitosa anche la frittura di pesce, calamari o paranza che sia, asciutta e freschissima.

Se si vuole cambiare un po’ e ammazzarsi di fritto, questo è il posto giusto. Non ho pagato io, quindi non conosco il prezzo della cena.

Il giudizio si riferisce unicamente alla qualità del mangiato. Voto 7,5

Trattoria Masaniello – viale Sabotino 13, Mantova

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