Archive for aprile 2010

VII° Consiglio (28 aprile 2010)

Prima della seduta si è deciso che per i funerali delle tre vittime del 25 aprile, sarà proclamata una giornata di lutto cittadino.

Nel primo punto si è votata la ratifica di una delibera del 25 febbraio, decaduta perché non convalidata nei successivi due mesi. Si è, di fatto, sopperito ad una lacuna organizzativa dell’amministrazione. Incuria degli uffici di segreteria? Noncuranza dei responsabili di settore? Disattenzione degli assessori? La  verità sta probabilmente nel mezzo. Di certo è una brutta figura, sotto il profilo dell’attenzione e della cura amministrativa.

Si è votato poi per una variazione di bilancio. A fronte di maggiori entrate dall’erario, alcune spese riguarderanno i server comunali, le divise dei vigili, i materiali della Festa dello Sport. Alcuni servizi amministrativi verranno esternalizzati, a causa della carenza di personale (gravidanze, part time, riduzioni d’organico). Per questo è prevista una spesa di 15.000€. La minoranza ha obiettato che sarebbe stato più opportuno procedere ad assunzioni a tempo determinato, anziché provvedere all’esternalizzazione. Benché, come ha spiegato Temperanza, non sia così semplice equiparare una carenza d’organico ad una nuova assunzione, ritengo si dovesse valutare meglio la possibilità di nuovi reclutamenti flessibili.

Approvato all’unanimità il consuntivo 2009, con un avanzo d’amministrazione di 418.000€. Si è disquisito e convenuto sull’assurdità delle regole imposte dal Patto di Stabilità, che obbliga ad investire solo le risorse in entrata, bloccando de facto gli avanzi di cassa degli anni precedenti.

Si è proceduto all’esame delle modifiche al Piano delle opere triennali. Le principali variazioni al prospetto già approvato riguardano l’inizio dei lavori per le mura di via Fosse; la riqualificazione di via 1848, piazza Italia e parte di via Solferino; il completamento della ciclabile; la pavimentazione di via Chiesa e via Carceri; il fotovoltaico. La minoranza si è detta in accordo con gli obiettivi, ma discordante sui metodi. Bertaiola ritiene che per il fotovoltaico serviva più tempo per il bando, in modo da avere più ditte partecipanti alla gara. Gli è stato ribattuto che i tempi “stretti” sono stati dettati dall’impellenza di avere contributi pubblici.

Secondo la minoranza, prima di procedere a pavimentare via Chiesa sarebbe stato opportuno attendere l’esito della vicenda Levoni. Ma la pavimentazione si fermerà prima di Levoni!

Sono seguite le solite e logore polemiche su via Fosse. Un “mura contro mura” già visto e rivisto.

Il punto più interessante è stato il riconoscimento di un debito fuori bilancio fatto dalla precedente amministrazione. Si ha “debito” quando la spesa che ne deriva non è stata prevista in sede di organizzazione del bilancio. De substantia: si fa una spesa senza averne copertura. Nella fattispecie parliamo di circa 32.000€ di parcelle e consulenze, per le quali sono arrivati i conti dei professionisti e non ci sono i capitoli di spesa. Come li paghiamo? In questi casi, se il Consiglio non approva, la spesa viene corrisposta da chi l’ha decisa (gli ex amministratori?). Correttamente, ho prima avvertito il mio gruppo che mi sarei dissociato. Prima del voto, ho motivato l’astensione con il fatto che, pur comprendendo l’inevitabilità del provvedimento (non si poteva fare altro), mi premeva sottolineare che questa circostanza non doveva essere la norma, ma l’eccezione. In meno di un anno abbiamo già votato due provvedimenti simili. Deliberando tutti all’unanimità, sarebbe passato il messaggio che “è normale che sia così”. Ho compreso benissimo il tecnicismo, ma è giusto che tutto scivoli via senza lasciare alcun segno? Indipendentemente da chi ha fatto il debito, indipendentemente dal colore dell’amministrazione, vogliamo o no dire che non si amministra così? Che è un fatto grave. Immorale, aggiunegerei.

Vicari si è astenuto con me. Tutti gli altri hanno votato a favore e il provvedimento andrà alla Corte dei Conti.

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Tra boschi e vigneti

Il 25 aprile Volta non è un paese per vecchi. Dopo il finimondo, guardie e ladri hanno scorazzato tra boschi e vigneti.

Io però racconto di altri scorrazzamenti, inconsapevoli e dunque spensierati. Il vesparaduno ci ha permesso di girovagare tra colline e stretti percorsi, in una lunghissima carovana di gioiellini tutti da vedere. Assaporare i riflessi del sole tra i campi di cunsér, ascoltare il sottofondo di mille vespe rombanti, o aggredire in gruppo i saliscendi delle stradine… non ha prezzo. Ci si finge centauri navigati o magari collezionisti di lunga data.

Ma è tutto un gioco. Mentre l’odore intenso della nuvola di marmitte sembra il più bel profumo del mondo.

A sinistra il Cugi, al centro Rodeo. Il braccio nello specchietto è il mio.

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Dalla metastasi alla cura

Assorbito dal suo lavoro, ogni giorno più consapevole della statura che va assumendo, considera le istituzioni della Repubblica alla stregua di impacci.

… vuole che si sfiniscano in dispute inconcludenti e che lasciando a lui la fatica e la gioia di decidere e di operare. Apprezza, è vero, i consigli di alcuni di loro; ciò che gli riesce intollerabile è l’istituto nel suo insieme, un organo di cui più volte, nel corso della vita, ha saggiato la vigliaccheria o l’inutilità.

…una pericolosa forma di autorità fondata sulla demagogia e sul carisma personale. Il “dittatore democratico” non governa contro il popolo; ha indubbiamente bisogno di una polizia fedele, di “servizi segreti” che abbiano occhi e orecchi dove serve, di denaro per corrompere e di delatori per sapere. Ma è anche un uomo che può comparire in pubblico senza timore, sicuro anzi di raccogliere l’ovazione di una folla che lui si compiace di salutare…

…il suo potere si colloca a metà tra repressione e consenso, imposizione della volontà e ascolto delle profonde esigenze popolari, culto della personalità, totale identificazione (confusione) dei suoi interessi personali con quelli dello Stato. Il funzionamento della democrazia è macchinoso, lento, costoso; il dittatore democratico taglia i costi, accelera le decisioni eliminando gli equilibri tra i poteri, offre certi vantaggi; in cambio si sente autorizzato a limitare le libertà, a imporre il suo volere come il solo legittimo, vuole essere temuto, ma non per questo rinuncia ad essere anche amato. Il dittatore democratico si sente il padre del suo popolo e come un padre si riserva di premiare e di punire a suo giudizio. Il contrario della democrazia appunto”.

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Le correnti di pensiero interne ai partiti sono come metastasi”. Questa affermazione del nostro dittatore democratico sulla pluralità di opinioni è l’emblema di quale sia il suo pensiero in merito al dissenso o al contradditorio. Se chi diverge o esprime parere difforme dal suo è considerato alla stregua del cancro, significa che il peggior male è proprio la democrazia.

Ogni singolo atto, o semplice pensiero, che possa distaccare dal PdL una costola di destra autentica, democratica ed europea, va accolto con eccezionale gaudio.

L’avvento del dittatore democratico ha segnato la fine della destra, tradizionalmente e moralmente intesa, dando vita ad un’altra cosa che anche con i voti di destra ha costruito un ampio e pericoloso consenso.

Se l’obiezione di coscienza di Fini sia solo un fuoco di paglia lo vedremo presto. La speranza, ovvia quanto aleatoria, è che possa segnare l’inizio di un equilibrio nuovo.

P.S. Ah.. la citazione iniziale è di Augias e si riferisce a Giulio Cesare. Cosa avevate capito?

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Effetto nuvola

La nube islandese che ha oscurato i cieli europei ha avuto effetti anche sul mio labile umore.

La carenza di voli, o più che altro l’incertezza degli stessi, mi ha obbligato a sperimentare la freccia d’argento. Nome nobilmente lucente per definire un banale eurostar che in tre ore ti porta da Verona a Roma.

La prenotazione tardiva trova posto solo in seconda classe. Generalmente nei viaggi in treno dell’alba non chiedo altro che dormire per metà, e leggere per l’altra metà. Non chiedo al fato incontri eclatanti con bellezze in cerca d’autore, né di presentarmi illustri compagni di viaggio o simpatici conversatori. Voglio solo starmene in pace.

Invece, mi trovo di fronte un rappresentante di cucine che sotto al tavolino blocca le mie gambe con una borsa tracimante di cataloghi. Di quelli che buttiamo via ogni volta che ci capitano in mano (se sapessimo quante vite hanno rovinato quei cataloghi prima di giungere nelle nostre case, forse ne avremmo più rispetto). Di fianco un professore universitario enorme, che deborda dal bracciolo e non smette di tossire.

Pochi sedili più avanti un neonato si lagna tutto il viaggio, accudito dai genitori che sperano di farlo giocare con il barattolo vuoto degli omogeneizzati (portarsi un ciuccio o un orsetto no, eh?). Dietro, la segretaria della Marcegaglia (dice lei) che sta mezzora al telefono con una certa Nadia per spiegarle come stampare un file da pc. Le gallerie interrompono la complessa spiegazione e ogni volta… richiama. Scopro che domani ha un appuntamento in via Vittorio Veneto 7, che dovrà anche vedersi con un certo Pedrazzoli, che Luciana si occupa della rassegna stampa e che Emma non può rispondere all’ambasciata del Qatar. Sull’altro fianco, dall’altra parte del corridoio, una ragazza risponde a centoventitelefonate dicendo sempre “che il servizio riprenderà a giugno, per ora è sospeso. Grazie, buona giornata”.

Un viaggio infernale. La prossima volta che in treno disturberete i vicini con il telefonino, sappiate che qualcuno potrebbe sparlare di voi su un blog.

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Se telefonando…

A sentire gli juventini, dall’udienza odierna di Napoli dovevano emergere sensazionali rivelazioni. Magari qualche scudetto ritolto o addirittura riassegnato. Invece… nessun botto.

Dalle intercettazioni del defunto Facchetti emerge chiaramente che anche l’Inter aveva rapporti troppo confidenziali con gli arbitri. Tutto qua.

Non ho mai dubitato che fossero nelle stesse condizioni il Milan, o la Roma. Arbitri a cena, designatori al telefono, proprio come si fa con gli amici di vecchia data, o forse come si usa semplicemente con i colleghi. Ne esce un sistema falso, malato, incancrenito, tutt’altro che credibile. E cosa c’è di nuovo? Cosa di sensazionale oggi più di allora? Radiassero tutti i dirigenti, dal primo all’ultimo! Sarebbe tutto di guadagnato.

Ma le intercettazioni del Totem non mostrano richieste di favori palesi. Non chiede ammonizioni ad personam, né intercessioni particolari su fuorigioco o reti da annullare. Non emergono minacce, nè regali. Non ci sono sim pagate agli arbitri per le comunicazioni “private”, né direttori di gara chiusi negli spogliatoi. Non emergono Gea o società affini in grado di manovrare il calciomercato.

E allora?

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Buona forchetta – La Pesa

Chiunque sarà stato almeno una volta alla Pesa. Trattoria storica di Castellaro, da una vita sulla cresta dell’onda. Inflazionata di presenze e sovrastimata dai clienti, ha ceduto da tempo alla logica commerciale.

Nella veranda ricavata per aumentare i coperti, improbabili chansonnier si alternano al microfono, come ad un matrimonio. Sono insopportabili le canzoni di Celentano e degli 883 mentre vorresti solo cenare in pace.

Piatti tradizionali, cucinati alla svelta come il risotto al dado o i bigoli con due cucchiaiate di ragù buttato lì alla bell’e meglio. Ho chiesto una tagliata di cavallo ed è arrivata una misera tagliata di manzo: “sì, sì… è cavallo”, mi dice il cameriere. “Sì, sì… sei un asino”, volevo rispodere.

Buona la carta dei vini, con eccellenti etichetti locali a prezzi decenti. Il prezzo tutto sommato onesto mitiga un voto che sarebbe stato ben più severo. Primo, secondo e dolce: 20€

Voto: 5

Trattoria La Pesa – Castellaro Lagusello, Monzambano (Mn)

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Dai figli dei Celti ai figli di papà

È passato più o meno un ventennio dalle prime apparizioni otelmiche della Lega. Era la fine degli anni ottanta quando Bossi, braccio operativo dell’ideologo Paglierini, muoveva i suoi passi tra le lande della Gallia padana, aizzando le folle contro Romaladrona e promettendo al popolino mari e tremonti.

Poi le cerimonie alle sorgenti del Po, fiume sacro da cui discende la stirpe eletta, e le manifestazioni nelle piazze della sua foce, con il tricolore di Venezia e le scalate al campanile di San Marco.

La rivendicazione del sangue celtico si è unita all’eterna battaglia contro i privilegi romani ed i vizi insostenibili della casta centrale. Il Bravehearth di Ponte di Legno reclama da sempre un’equità sociale, basata sul vantaggio di chi lavora e produce, a dispetto di chi si lascia trascinare dal carro e dal carroccio. Rinnovare la classe dirigente e promuovere solo la meritocrazia sono da sempre due messaggi chiari che la Lega trasmette ai suoi popolosi elettori.

Ma si sa, il potere folgora chi ce l’ha. Oggi Re Umberto proclama il figlio, facendolo eleggere nella roccaforte di Brescia e designandolo erede (pre)destinato, con un cerimoniale alla Carlo Magno. In barba ai meriti e alla gavetta, in deroga a virtù innate e duro lavoro, nel più classico nepotismo all’italiana e nel clientelismo di mastelliana memoria. I guerrieri forti e impavidi erano un’altra cosa. Ritornano i figli di papà: rivoluzione per modo di dire.

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Fòsse, che fosse la volta buona?

Chi sperava assiduamente di percorrere la lunga e sgradevole strada dell’esproprio, è rimasto deluso. Il 27 gennaio scorso, il Comune ha infatti sottoscritto un contratto preliminare con la proprietà Corneliani, per la vendita dell’area Fosse.

L’accordo prevede la cessione dell’appezzamento di terreno al Comune, ad eccezione di una striscia di terra di due metri, prospiciente la cinta muraria, che rimarrà di proprietà di Corneliani. A compenso della cessione, il Comune si farà carico della manutenzione e del consolidamento delle mura.

L’area verde delle Fosse, comprendente la strada ed i prati a ridosso del castello, è stata oggetto di infinite trattative tra il proprietario Corneliani e le numerose amministrazioni succedutesi negli anni. Oggi il l’annosa questione sembra giunta al capolinea.

In attesa di perfezionare l’accordo, si apre ora il dibattito sugli eventuali interventi di recupero, atti a riqualificare una zona di eccellente interesse storico-architettonico, a ridosso del recinto medioevale.

(articolo pubblicato su Voltapagina n. 33)

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A PARER MIO – Se rifiuto il rifiuto?

1° Marzo: porta a porta a Volta. Non si tratta (almeno per ora) di una trasmissione di Vespa con il plastico di via Fosse, ma della raccolta differenziata cominciata un mese fa. Un ulteriore impegno per il cittadino, gravato anche da questa incombenza. Ora la speranza è quella di contribuire al miglioramento ambientale, ma anche quella di non “pagare” le tasse altrui. Ecco la genesi di una stramberia contrattuale.

Nel 2005 il Comune ha stipulato con Siem spa, società pubblica partecipata dagli enti, un contratto per la raccolta dei rifiuti. L’accordo prevedeva una bizzarra clausola sugli insoluti. Benché fosse onere di Siem occuparsi della riscossione delle tasse non pagate, qualora fossero rimasti dei pagamenti insoluti, l’intero ammontare delle imposte non pagate sarebbe stato spalmato su tutti i contribuenti dell’anno successivo. In questo modo, Siem non aveva alcun incentivo ad inseguire i cittadini inadempienti, dal momento che il suo credito veniva recuperato l’anno dopo dai compaesani virtuosi, che pagavano anche il debito di quelli viziosi. Con questo meccanismo, nel corso degli anni, concittadini illustri e meno illustri hanno evaso la tassa sui rifiuti nella speranza o nella certezza che qualcun altro avrebbe pagato per loro negli anni successivi. E infatti così è stato.

Nel novembre del 2007 il Comune ha conferito il nuovo mandato a Mantova Ambiente, vincolando di fatto il contratto che sarebbe stato stipulato tre anni dopo.

Poche settimane fa è stato infatti firmato il nuovo contratto con il gestore dei rifiuti. Mesi di contrattazione non sono riusciti a togliere la clausola sugli insoluti. La sua eliminazione avrebbe comportato la rescissione dell’impegno stipulato nel 2007, con gravi penali a carico delle casse comunali.

Si è cercato, tuttavia, di intervenire sugli oneri di accertamento operati da Mantova Ambiente, in modo da definire con precisione la procedura da adottare di fronte al mancato pagamento della tassa rifiuti. Con il nuovo contratto si stabiliscono, passo per passo, tutte le procedure che il gestore dovrà attuare prima di rivalersi sui contribuenti dell’anno successivo. Il contratto obbliga ora Mantova Ambiente a procedere dapprima con la procedura di riscossione stragiudiziale, previa raccomandata, e successivamente con la procedura di riscossione coattiva. Obblighi fino ad oggi sconosciuti.

Il cittadino abituato a rifiutare la tassa sarà, giocoforza, un po’ meno tranquillo. Quello educato a pagare si sentirà un po’ meno solo.

(Editoriale pubblicato su Voltapagina n. 33)

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