Archive for novembre 2008

La sindrome di Chopin

La proposta del Parlamento per contrastare il malcostume tutto italico dei pianisti, ovvero di coloro che maramaldamente votano pigiando i pulsanti degli assenti, è quantomeno bizzarra. Non bastante l’avvento dei badge personali (vota solo chi infila il proprio badge nella tastiera), l’idea suggerita è quella del controllo delle impronte digitali, integrato nei pulsanti.

La classe dirigente, vertice della piramide, che dovrebbe dare l’esempio primo e supremo di rettitudine, non solo insiste nella scostumata prassi di votare per gli assenti, ma propone di spendere 450 mila euro (dei nostri!) per auto-limitarsi.

Nei più civili paesi musulmani, al mercato tagliano le mani dei ladri. Basterebbe un primo avvertimento e poi una legge del taglione: nessuna spesa e risultato assicurato. Invece no: intanto sperpero perpetrato, poi chissà…

Chissà certo… perché non è detto che con i 450 mila euro il problema si risolva. L’Avvocatura della Camera ha già messo in guardia tutti quanti sul pericolo di violazione della privacy. Mettete pure la scansione delle impronte, ma poi potrà essere usata solo su chi dà il consenso. Perfettamente inutile ed inefficace quindi. Soldi spesi, ma obiettivo fallito.

Maestro, musica!

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La prima neve e i suoi eroi

Questa è una storia di epiche battaglie contro lo scorrere impetuoso del tempo e contro le sue irruenti manifestazioni. Buio, lampi e nevicate indomabili. Ma è anche la storia di eroi antichi, capaci di sconfiggere i draghi e di vincere l’incalzare barbaro dell’infausto fato.

Parto da casa stamane alle 6.15, contro il nevischio inatteso ed insistente, per prendere l’aereo a Villafranca. Dopo pochi chilometri mi accorgo che ho dimenticato il telefono a casa. Troppo tardi per tornare indietro: all’istante decido che il drammatico spettacolo dovrà andare avanti, e contemporaneamente anche snow must go on. Continuo sotto la tormenta ed approdo al parcheggio coperto del Catullo. Entro, parcheggio di prua la focus e recupero le armi e i bagagli. Appena chiudo, scopro di aver scordato anche il portafoglio. Con documenti, necessari al volo, e soldi, indispensabili per telefonare o per uscire dal parcheggio appena “acquistato”.

La scure della sorte si abbatte furiosa ed inebetito rifletto sul da farsi. Incredulità debordante. Il collega che mi aspetta potrà prestarmi cinque euro per riprendermi l’auto? Potrò telefonare all’azienda perché annulli l’annullabile?

Il collega tarda, nel frattempo cerco un telefono pubblico (non accadeva dall’annata 2000-2001 quando comunicai a casa il superamento dell’esame di Diritto Internazionale). Vagando senza successo tra gli ampi spazi delle “partenze”, mi accorgo, dopo aver gentilmente chiesto al personale preposto, che i telefoni pubblici qua non esistono più. E chi se ne era mai accorto? Rifletto sconsolato: alle volte basta un piccolo dettaglio (quel cellulare rimasto appeso al caricabatterie in salotto) per affondare un’intera settimana. Il check in è quasi in chiusura ed esamine mi rassegno all’irrimediabile sconfitta.

La svolta. Eccola, l’eroina dei due mondi. Tra valigie altissime, ombrelli gocciolanti, corre come un treno. Non si orienta, ma sa dove deve andare. La sommergono, ma lei affiora ogni volta di più. Ha gli occhiali coi cristalli di neve sopra, ma galoppa più veloce della tormenta stessa. Giubbotto pesante e pantofole rubate al riposo di un angusto lunedì mattina. È mia madre che mi si avvicina e mi fa: “Ma Silvio, ti sei dimenticato il portafoglio”.

Insuperabile.

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Latte scaduto

Tanzi non rischia nulla. È quasi vecchio come Previti dunque per la legge italiana, avendo compiuto settant’anni, non sconterà alcuna pena in galera. Tempo scaduto.
I settant’anni quasi non bastano per ricevere una pensione, ma con la ex Cirielli sono sufficienti per evitarsi il carcere. Come dire… un settantenne è considerato abile per lavorare, ma non per andare in prigione. Bizantinismi all’italiana.

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Diritto di scelta

È difficile non pronunciarsi sulla vicenda di Eluana Englaro. Bombardati dalle informazioni dei media, ci troviamo (o forse “mi trovo”) a commentare argomenti scelti da altre fonti. Sarebbe stupido, d’altro canto, sottrarsi pregiudizialmente al dibattito. Di questo si parla, di questo parlo.
Ancora più difficile, tuttavia, è scegliere giudiziosamente la parte in cui schierarsi. Sposo la concezione della sacralità della esistenza, degli inni alla vita, delle belle parole sulla nobiltà dell’essere umano. Ma come biasimare un padre stremato e straziato dalle estenuanti sofferenze e dagli angoscianti patimenti della figlia? Con che diritto si può negargli una decisione tanto sofferta?
Possiamo davvero esprimere un parere definitivo, senza aver toccato col cuore quello che è accaduto a lui?

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Buona forchetta – Corte Bersaglio

Ottima chance per mangiar bene spendendo il giusto a pochi passi dalla città. Mantova difetta di posti discreti a prezzi contenuti: o si mangia male o si spende una follia. Invece questo agriturismo sul Migliaretto offre un equo compromesso. Casona di campagna immersa nella nebbia: l’ampio, ed unico, salone mostra le volte di quella che fu una stalla. La cucina è quella tipica mantovana, poco di più, ma i piatti sono gradevoli. Consigliabili i maccheroncini allo stracotto, discrete le carni, decisamente inferiori alle attese i dolci. Poca la scelta dei vini, per lo più della cantina Montaldo di Volta: ordinari.
Primo, secondo e dolce: 23€
Voto: 7

Agriturismo Corte Bersaglio – via Learco Guerra 15, Mantova

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La deriva dei famosi

Ieri sera mentre lavoravo al pc (in questi casi è sempre meglio trovarsi un alibi credibile) ho ascoltato distrattamente la farsa, le urla e i lamenti dell’Isola de famosi. Spettacolo orribilmente abominevole.
Fino all’anno scorso, a chi condannava la trasmissione regina della tv spazzatura, rispondevo che in fin dei conti era un’occasione per alleggerire tensione ed attenzione, momento per svagare e non pensare: cibo preconfezionato per menti pigre. Giudizio severo, ma imputato assolto.
Oggi non vorrei fare né lo snob né il falso intellettuale se affermo che la cosa mi allarma alquanto. Ho visto un quarto d’ora di indicibile nulla. Discorsi accavallati, domande sceme e risposte idiote che conducevano al vuoto assoluto. Dentro non c’è la schifezza: dentro non c’è nulla.
È
 la televisione che ci somministrano e che vogliono che vediamo? Fuggiamo. Ovunque, con chiunque, ma fuggiamo.

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Abbronzatissimi

Ah! Abbronzatissima,

sotto i raggi del sole,

com’è bello sognare

abbracciato con te

(E. Vianello – Abbronzatissima)

 

Anche ammettendo, ma non concedendo, che la gaffe di Berlusconi sia stata invero una battuta difettosa, il turbamento rimane lecito e sacrosanto. A poco serve urlare alla congiura e alla strumentalità delle obiezioni sollevate. I maggiori quotidiani americani ed europei sono sobbalzati alla notizia: pensare a una campagna delatoria contro il Cavaliere da parte dei giornali mondiali risulta quantomeno audace. Della serie: ma chi se lo fila?

La tesi della battuta sbagliata avrebbe ragion d’essere se i precedenti del Nostro non fossero così imbarazzantemente pesanti e scomodi. Dalla superiorità della civiltà occidentale al kapò e ai coglioni (noblesse oblige), il panorama è vasto e ben assortito: repetita non iuvant.

Tutto finisce in burla e polemica da bottega, quando il gaffeur non supera il confine nazionale. Ma se si va oltre, la grancassa risuona e la figuraccia è assicurata.

Berlusconi ha rapidamente proclamato una dichiarazione di amicizia per l’americano. Sarà un caso (o un complotto?), ma Obama, l’uomo oggi più potente del mondo, si è affrettato a chiamare nove capi di stato. Oltre a salutare Francia, Germania, Inghilterra, ha ritenuto necessario relazionarsi subito con Corea, Messico, Australia… ma non con l’Italia. Un vero affronto per il nostro premier, diventato nero non per spirito d’emulazione, ma dalla rabbia.

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Buona forchetta – Casona del gaucho

Ristorante argentino, nella farsa del nome e nella realtà della sostanza. Aspetto agricolo con l’aggiunta di un tocco geografico: magliette e sciarpe dell’Argentina o del Boca Junior appese al muro, poster e disegni di angus, piatti di rame con raffigurazioni rurali, asce con mascelle di bisonte e attrezzi contadini vari.

Fanno anche le pizze (dettaglio importante per chi vuole andarci con una truppa variegata da accontentare), ma l’eccellenza ed il motivo vero per andarci sono la carne alla griglia. Vari tagli, con porzioni abbondanti. Su tutti, segnalo la tagliata: eccezionale. Dolci molti validi. Ottime anche le proposte del vino, con ampia scelta di Macbet di diverse annate.

Antipasto, secondo e dolce, circa 32€.

Voto: 7

 

Ristorante La Casona del Gaucho – Via San Martino 42, San Martino Gusnago (MN)

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Il cavaliere nero

Obama doveva vincere. Innanzitutto perché dopo gli anni della tragica amministrazione Bush, urgeva non solo un cambiamento, ma un cambiamento radicale. Poi perché le carte del candidato democratico, al cospetto di quelle del repubblicano, erano ineludibilmente migliori. Tra tutte, sono state determinanti la sua verde età e l’enormità dei fondi di cui ha goduto per la campagna elettorale: mai un candidato alla Casa Bianca aveva ricevuto tanti dollaroni.
Giusto così e bene così. Se è vero, come è vero, che gli Stati Uniti ed il mondo intero necessitano di un nuovo afflato, Obama è il concorrente che offre più credenziali e più garanzie. Più di McCain e anche più della stagionata Hillary Clinton.
Tra le sfide che lo attendono e le aspettative che dovrà sedare, ne sottolineo una. Vedremo se riuscirà ad invertire anche la rotta della sudditanza con le grandi lobby industriali americane. Quelle che pagano le campagne elettorali e sostengono economicamente i bisogni della politica stelleestrisce. Quelle che evidentemente non fanno nulla per nulla. Saprà il Presidente Usa cavalcare il buosenso e dire no alle industrie che sovvenzionano la guerra, a quelle che generano la fame e a quelle che inquinano il pianeta?
Per il resto, ha ragione Di Pietro (in questo periodo molto in voga su questo blog): non possiamo pensare che Obama risolverà i mali dell’Italia.

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W i morti

La mia avversione ad Halloween è nota (cfr. La zucca al posto del crocifisso del 2003) ed ogni anno immancabilmente ritorno a rifletterci ed a rodermi un po’. La mera commercialità dell’affare poco importa e mi lascia sostanzialmente indifferente. Se si vendono ninnoli e chincaglierie inutili che – si dice – fanno girare l’economia, va bene. Se si riempiono locali altrimenti vuoti, se si socializza con questo pretesto di feste e serate a tema… d’accordo, mal non fa.
Il punto è un altro, ovvero quello della tradizione culturale importata e non autoctona, comprata e non nata, iniettata e non radicata. Effetto di una globalizzazione cancella le differenze buone (quelle culturali), ma non quelle cattive (quelle economiche)? Forse.
È vero, i figli di Colombo portarono il pomodoro da un mondo sconosciuto. Anni dopo inventammo la pizza.
Il fatto è che per noi, nostalgici conservatori, vecchi retrogradi, reazionari intransigenti ed allergici al nuovo, è difficile accettare questo finto progresso.
Abbiamo perso il culto di commemorare i nostri defunti, di studiare la storia dei nostri santi. Eppure siamo nati da loro, non sotto un cavolo né tantomeno da una zucca.

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