Archive for gennaio 2009

L’occasione sprecata

Ieri sul mio volo di ritorno da Roma, tra le cravatte verdi dei portaborse leghisti, che come ogni giovedì riguadagnano l’agognata Padania, e i trolley degli uomini d’affari tuttichiacchieredistintivo, è apparso un semi-eroe d’altri tempi. Uno che ha sfiorato la consacrazione dell’immortalità, senza mai agguantarla. Uno che è arrivato ad un passo dall’impresa, ma che poi è ritornato nello spietato dimenticatoio dei comuni mortali. Azeglio Vicini, che con una delle Italie più belle e più divertenti ci ha condotto sull’orlo della vittoria mondiale.
Invecchiato, timido, quasi sofferente per i troppi anni di colto vagabondaggio, che dopo Italia ’90 l’hanno sbattuto tra le trasmissioni di calcio e le tribune di tutti gli stadi.
Tra le tante cose, avrei voluto chiedergli cosa disse a Zenga dopo l’uscita su Caniggia che ci costò il mondiale. Ma per la troppa timidezza, o forse per inconsapevole rispetto, ho desistito. E come accadde a Serena, ho fallito l’occasione… di appagare la mia curiosità.

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27 Gennaio 2009 – Giornata della Memoria

Finché non ho sentito direttamente le dichiarazioni del vescovo Richard Williamson, non ho creduto che potesse essere vero. La sua radiazione è rientrata e tecnicamente, dicunt, le sue affermazioni non cadono nella scomunica della Chiesa.

Si potrebbe obiettare che il confine tra l’eresia (che rientra tra le cause di scomunica) e le teorie del lefebvriano è molto labile.

C’è da chiedersi invece, come sia possibile annoverarlo di diritto tra le guide dello spirito, tra i pastori del gregge, tra i successori degli apostoli. Un vescovo infatti rappresenta tutto questo.

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Buona forchetta – Locanda Vittoria

Trattoria storica di Pozzolo, di quelle che per raggiungere i tavoli devi attraversare il bar con gli anziani che giocano a briscola. Il salone dedicato al ristorante è ampio, con mobili in arte povera e quadri un po’ alla rinfusa. Mestamente deserto, di sabato sera eravamo i soli a mangiare.
Pochissime le proposte culinarie, quasi esclusivamente basate sul pesce. Tagliolini all’astice discreti, buon branzino e luccio in salsa inferiore alle attese. Semifreddo anonimo. La scelta dei vini è quasi obbligata, con l’ottimo Lugana Bulgarini.
Si mangia abbastanza bene, nonostante la scarsa possibilità di scelta. Ma l’atmosfera, benché casalinga e genuina, intristisce per il desolante silenzio.
Primo, secondo e dolce: 28€
Voto: 6

Ristorante Locanda Vittoria – via Roma 50, Pozzolo (Mn)

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Grazie

Scusate il ritardo, ma come diceva Modugno “la lontananza è come il vento” e a volte quando il vento è troppo forte scompiglia la carta e rende poco agevole la scrittura. Questo per dire che Roma mi costringe a difficoltà tecniche che impantanano un po’ la vita del blog.
Ci tengo a ringraziare tutti gli amici che hanno assistito alla presentazione di sabato scorso. Ho interpretato la presenza di molti di voi come un profondo gesto d’affetto nei miei confronti. È banale dire che senza l’afflusso massiccio, l’evento sarebbe stato diverso, minore, ordinario.
Mi dicevano che in genere le presentazioni a Volta non superano le quaranta-cinquanta persone. Chi negli anni ha seguito tutti gli appuntamenti affini dell’editrice Sometti, mi riferisce di numeri tutto sommato esigui. Ad occhio e croce saremmo stati almeno centoventi. Questo ha trasformato una bella serata in una giornata indimenticabile.
Avrei voluto trascorrere con ognuno di voi qualche attimo in più. Parlare, scambiare impressioni e sensazioni. Ma il vortice me lo ha impedito e me ne scuso.
Ringrazio chi si è ricordato ed all’ultimo minuto è riuscito a correre lì. Ringrazio chi ha fatto molta strada, a volte accantonando incombenze più urgenti o semplicemente mangiandosi un po’ di nebbia. Ringrazio il manipolo degli irriducibili, che ero sicuro ci sarebbero stati, perché la certezza di averli al fianco è determinante per migliorarsi di continuo. Ringrazio chi era presente solo col cuore, perché nel marasma totale sono riuscito ad immaginare anche il suo sorriso.
Per me la serata di sabato è stata soprattutto questo, cioè affetto ed amicizia incommensurabili. Il resto è poca cosa.
 

 

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“Sangue su sangue non macchia, va subito via”

E tutto è creduto e tutto è dovuto e tutto è rimpianto
in questa notte che si sta avvicinando ogni giorno di più
E non ti comunica per niente il programma che stanno dando
ma che strano, nessuno lo può più cambiare col telecomando
E sangue su sangue e sangue su sangue soltanto

Stai dormendo oppure fai finta anche tu?
Stai sognando? O stai pensando anche tu?

(F. De Gregori – Sangue su sangue)

Non vorrei insistere troppo sul tema, ma…
Ho appena visto il servizio di Annozero che documentava l’intervista ad una bambina palestinese colpita da una scheggia al cervello. Le hanno ucciso ventinove familiari, oggi è immobilizzata che si chiede perché. Un pugno allo stomaco, che non può lasciar indifferente nessuno.
I bigotti polemizzeranno sulla necessità di trasmettere un documento così crudo alle nove di sera. Io al posto di Santoro mi sarei comportato allo stesso modo, l’avrei diffuso.
Rifletto invece sulla nefandezza umana, la nostra, che per scuotere la propria coscienza ha bisogno di vedere simili atrocità. Altrimenti tutto scorre.


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La via d’uscita del vicolo cieco

Mi schiero tra i disillusi, quelli che fatalmente non credono che ci possa essere una via d’uscita. Appartengo alla schiera degli scettici, che per la crisi mediorientale non riescono ad ipotizzare soluzioni plausibili e sostenibili. Come si può fare? Semplicemente, non si può fare.
La ragione che sta a monte di tutto il conflitto va ricondotta alla povertà del territorio. Ragioni e torti dei due popoli si mescolano in un vortice infinito, partorito storicamente nella notte dei tempi. Però tutti i fanatismi religiosi che ne sono scaturiti, peculiari di chi non ha altre chances nella vita, affondano primariamente le radici in un fertile vuoto economico. Attecchiscono laddove l’ignoranza e l’indigenza precludono qualsiasi via d’uscita. Laddove non c’è futuro per se stessi e per i figli, perché l’unica possibilità è la morte.
I turchi innestati nel nord Europa, raggiunto il benessere economico, hanno ammorbidito i propri estremismi e abbandonato i radicalismi religiosi, quasi integrandosi. Perché cambiando l’aspettativa di vita, si moderano gli ideali. Processo poco nobile, se volete, ma efficace per salvare la pelle.
Così in Palestina. Non è perseguibile alcuna soluzione “partigiana”, che decreti la supremazia di una parte a discapito dell’altra. Si può solo lavorare per una lenta e graduale integrazione, iniziando dallo sviluppo economico che permetta di migliorare le condizioni di vita dei palestinesi. Un’apertura culturale che schiuda le menti delle nuove generazioni (di tutte), per un progressivo affrancamento dalle imposizioni formative di chi crede irrimediabilmente al conflitto.
I temporanei “cessate il fuoco”, o le risoluzioni Onu da avanspettacolo, non produrranno mai alcun effetto a lungo termine. Si sostengano invece le economie di quei territori, si inizino davvero programmi culturali ad ampio raggio… li si faccia evolvere. In fondo la cultura della vita è anche questo.

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La dea malata

C’è chi sostiene, in malafede aggiungo io, che il grande successo delle lotterie di questi ultimi tempi sia dovuto alla promozione vincente da parte di riusciti format televisivi. Un po’ come se l’aumento di fedeli, a ridosso dell’anno Mille, fosse stato spiegato con la formidabile missione della Chiesa Cattolica di allora.
Ovviamente, non è affatto così: non era vero in quel tempo, non è vero oggi. “Ragionamento capzioso”, direbbe Lisa Simpson. Ora come allora, è la disperazione che guida le volontà. La grande corsa alla dea bendata, cioè cieca, cioè malata, è conseguenza logica e naturale della recessione incalzante. Tra gli altri, Aldo Grasso, alias “uno che se ne intende”, ha ineccepibilmente argomentato questa posizione.
Ho visto ricevitorie romane debordare di gente in preda all’isteria, per giocarsi onorevoli somme al lotto. Vedo la tabaccheria a pochi metri da casa pullulare di insospettabili tossicomani del “gratta&vinci”. E sulla pelle dei disperati avventori, lo Stato che ci vive, in una paradossale fiction di mors tua e vita mea.
Un inequivocabile segno di declino, altro che vincente tv moderna.

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Radiofracchia?

Lo studio radiofonico di Radiobase è una stanza agghindata con semplicità: un ampio mixer, sul quale pende un microfono gigantesco, un computer con altre diavolerie elettroniche, un paio di cuffie, due sedie rosse. Tutt’intorno pareti ricoperte di piramidi spugnose, per assorbire il suono… dicono.
Entrando, ho provato sensazioni strane. Ho sentito il disorientamento di Renzo, quando si addentra nel surreale studio dell’Azzeccagarbugli. Ho provato il disagio di Gregor, spaesato nella sua cameretta dopo la metamorfosi di kafkiana memoria. Ho assaporato l’ammirazione di Adso, di fronte alla bellezza dello scriptorium abbaziale.
Nessuna agitazione, solo la mente che scivola altrove. Passo dall’immagine di Good morning Vietnam, alle pubblicità di Radio Deejay. Rispondo alle domande in maniera ripetitiva e forse confusa, quasi non me ne accorgo. Rapidamente termina l’intervista, si spegne il microfono e si “salva” la registrazione. Scopro che avevo un foglio con degli appunti che ho scordato di leggere e solo dopo ore mi rendo conto delle troppe ripetizioni e dei vari tentennamenti.
Ma non importa: è stato bello varcare quella porta anche solo per dieci minuti.

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Fotorimpianto

Il 2009 è iniziato da due giorni e io ho già un rimpianto. Quello di non aver fotografato Volta la notte di capodanno. Fiocchi di fascino sono caduti sui muri del nostro paese, nella copiosa nevicata dell’altra notte. Passare per le vie nelle ore notturne è stata una cosa meravigliosa ed incantevole. I vicoletti di Sassello parevano angoli di borgate cadorine, il Turiàs sembrava un cantuccio della Praga ritratta nei calendari. Tutto questo, come i botti e i fumi del Talisker, è svanito velocemente nella prima mattina. La nebbia e il rapido disgelo hanno fugato l’attimo.
Di tutto questo mi resta una foto scattata col telefonino, con una risoluzione da mosaico ravennate. Non avevo la fotocamera e nemmeno mi sono preso la briga di andarmela a prendere. Ci saranno altre nevicate, ma intanto…

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