Archive for luglio 2012

Croce “verde”

“Quelli nella nebbia hanno una bandiera verde…”

(F. Tricarico – 3 colori)

Mi è capitato di andare al Pronto Soccorso della vicina Castiglione. Città dalla forte influenza bresciana, storico avanposto leghista in territorio mantovano.

All’accetazione mi ha accolto un infermiere rumeno. Fino a ieri pensavo che i rumeni facessero solo i muratori. Questo aveva sì l’aspetto del muratore, ma è parso abile e celere nel compilare le scartoffie a computer. Poi la visita di un medico siciliano, meno professionale ma comunque efficace. Sembrava Montalbano appena uscito dalla Trattoria di Caloggero: “Ah… cosa minchia abbiamo qua, ah?”

Infine e l’iniezione operata da un infermiere calabrese, rigonfio di Capicoddhu: “Si può hhirare sul hhianco?”

Ma i leghisti di Castiglione dove vanno a curarsi?

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Un caffè forte

“Tutte queste bestie hanno un contegno decente, all’infuori delle scimmie.
Si sente che l’uomo non è lontano”

(E. Cioran – Squartamento)

Oggi mi sono tolto uno sfizio. Ho assaggiato il caffè più costoso del mondo, il caffè della scimmia, il Kopi Luwak.

Dicono che una tazzina possa arrivare a quindici euro. Forse in Finlandia, perché io qui l’ho pagato due euro e mezzo. Sempre ammesso che non mi abbiano cazzato su un Lavazza dek.

Comunque… il caffè della scimmia deve il suo nome al luwak, o “civetta delle palme”, un animale selvatico, a metà tra scimmia e panda, proveniente dall’Indonesia. La bestia è ghiotta di caffè, ma non mastica i chicchi. Mangia le bacche migliori delle piantagioni, digerisce i chicchi e li espelle nelle feci, senza trasfomarne le caratteristiche essenziali. I chicci vengono poi raccolti dal terreno, privati dell’involucro esterno e tostati. Proprio così: raccolgono gli escrementi, li puliscono e tostano il caffè. Fico eh?

Dicono che il gusto sia più dolce, perché gli enzimi presenti nel tratto intestinale del luwak distruggerebbero le proteine del chicco, riducendone l’amaro. Non so se sia vero. Io l’ho trovato molto buono e saporito, complice l’effetto psicologico indotto dal prezzo e dalla nomea.

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Eccezziunale. Veramente?

“Fottuna che ho un cevvello eccezziunalo
ma la gente a torto mi ritiene un animalo”

(D. Abatantuono – Ecceziunale veramente)

Per me l’”eccellenza” è sempre stata una categoria calcistica. Da quando però Formigoni ha iniziato a vestirsi con le giacche colorate e le camicie a fiori, la parola “eccellenza” l’ho sentita sempre più spesso accostata al nome della Regione Lombardia. “Eccellenza sanitaria”, “eccellenza nel contenimento della spesa”, “eccellenza nei servizi”.

Qualche giorno fa, però, l’agenzia Moody’s ha tagliato il rating di dieci banche italiane, tre istituzioni finanziarie e ventitrè enti locali. Tra questi ultimi anche la Regione Lombardia. Agli occhi del mondo, l’affidabiltà della Regione ha perso ufficialmente qualche punto.

Però il dubbio che la Lombardia non fosse tutta questa “eccellenza” poteva anche venirci prima. Una Regione che ospita nel suo Consiglio i Formigoni, i Minetti, i Trota, i Penati… tutti insieme. Mah.

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Banda (troppo) larga

Attacco il cavo e cancello le pagine, io ci contavo e ci metto l’immagine.
Facciamo la band e se la vita ci addormenterà le idee, la consumeremo subito”

(E. Ruggeri – La band)

Pochi giorni fa hanno staccato la spina a Bruce Springsteen e Paul McCartney. Letteralmente:  durante un concerto ad Hyde Park i due la stavano tirando in lungo e in largo, sforando i tempi massimi prefissati dall’organizzazione. Così i responsabili dell’evento hanno deciso di staccare la luce e mandare a dormire il Boss e il Baronetto. Normalissimo, neanche fossero i Rodigini o Frenchi Fagiano. Immagino ci sia rimasto male il pubblico, tarpato brutalmente nel momento dell’estasi.

Pensando ai concerti terminati nel disappunto totale, mi è venuto in mente l’unico a cui abbia preso parte in qualità di cantante. Quello del ’97, per il matrimonio del Gianluca e della Daniela. Cantammo in lungo e in largo per un intero pomeriggio, ma di quel concerto rimane solo una registrazione parziale. Colpa, dicono gli storici, del mixer farlocco di Mercurio. Ad anni di distanza, conservo ancora una discreta delusione. Resta solo qualche languida foto da amarcord, come questa.

Musicanti allo sbaraglio. Correva l’anno 1997.

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Ferrata Vaio scuro

Al secondo attacco del colle del Diavolo furono colti dai primi impercettibili sintomi da fatica:
asfissia, occhi pallati, arresti cardiaci, lingue felpate, aurore boreali, miraggi!
Ormai disidratato, Fantozzi pensò di essere vittima di un’allucinazione!”

(da Fantozzi contro tutti)

L’escursione è stata tra le più dure della mia sobria carriera alpinistica. Non tanto per la complessità della ferrata, di per sé di media difficoltà e lunghezza, quanto per l’interminabile tragitto condito da ghiaioni logoranti.

Partiamo con le solite rimostranze nei miei confronti, reo di dover fare benzina, colazione e spesa per il pranzo (annotatevi quest’ultmo particolare: sono stato ingiuriato perché dovevo acquistare un panino per strada).

L’itinerario parte dal rifugio Battisti, a quota 1265. Percorrendo il bosco si giunge al Vaio di Pelagatta e si risale sino alla Selletta delle Poe e al Vaio Scuro. La ferrata parte subito con una calata a strapiombo nel canalone del Torrione Recoaro. L’ambiente è molto bello, ovunque guglie e anfratti che sembrano di cartapesta. In basso, su uno spuntone a poche decine di metri da noi, un capriolo scruta immobile le nostre mosse.

È qui che Gianluca s’accorge d’aver scordato il suo pranzo. Al posto del cibo si ritrova nello zaino il Tom Tom dell’auto. Utlilissssssimo!

Pian piano entriamo in una galleria verticale, abbastanza stretta e molto scenografica. Forse è questo il passaggio più bello di tutta la ferrata. Nel frattempo le nuvole avvolgono le cime, seguiamo il percorso, ma il panorama non esiste più e si procede nella foschia. La relazione parla Forcella Bassa, di Forcella della Scala, dell’Orecchio del Diavolo e della Porta dell’Inferno. Di preciso non sappiamo dove siamo, da qualche parte sulla vetta.

Il mio socio, depositario della cartina, decide che dobbiamo scendere di 400 mt. Scelta fatale perché, terminata la discesa lungo l’ennesimo ghiaione, scopriamo che dobbiamo subito risalire.

Il mio unico panino, acquistato in un clima di pubblico ludibrio, è il pranzo di entrambi.

Raggiungiamo dunque lo Scalorbi e da qui nuovamente il Battisti. Alla fine, il “giretto” dura sette ore ed il dislivello supera i 1000mt. Meno male che avevo un panino allo speck. Anzi, mezzo panino.

Duetto alla partenza

L’uscita del tunnel verticale

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XXII° Consiglio (22 giugno 2012)

Consiglio “europeo”, cioè celebrato poco prima della semifinale Italia-Germania.

Il punto più significativo dell’odg è stato la rinuncia alla domanda di concessione per la costruzione di un impianto idroellettrico sul Mincio. Una recente interpretazione della normativa sulle quantità d’acqua che deve intercorrere tra il punto di prelievo e quello di scarico della stessa, ha reso antieconomico il progetto di un nuovo impianto, che rispetto alle previsioni iniziali dovrebbe rimanere chiuso per 3-4 mesi all’anno. Per questo motivo il Comune rinuncia alla domanda di concessione ed al contempo pone in liquidazione la società partecipata Morenica Energie s.r.l. La Minoranza si è astenuta.

Si è poi proceduto a reinserire via Sordello tra gli ambiti di trasformazione del P.G.T. La zona era stata stralciata dal Piano perché collegata alle proprietà di un parente del Sindaco. Il passaggio di proprietà le permette di essere reinserita nel Piano.

Infine è stata comunicazione della nuova nomina ad assessore ai Servizi Sociali della Francesca Turrina, al posto della Giovanna Martelli. Buon lavoro alla quota rosa.

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Buona forchetta (a casa mia) – Impepata di nozze

Per festeggiare il primo mese di nozze, ci siamo concessi una piacevole impepata. È un’ottima alternativa ai soliti antipasti di pesce e se le cozze sono fresche il risultato è ottimo. Anche la preparazione non richiede un grosso impegno. In effetti io c’ho messo un’ora per pulire i gusci di un chilo di cozze, ma era la prima volta.

Come secondo abbiamo fatto un branzino al sale. Il tutto annaffiato da un prosecco Collalto: purtroppo m’ero scordato di mettere in frigo il Crestale del dott. Boselli, che a mio avviso rimane sovrano per queste cose.

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