Archive for marzo 2013

Compagnia delle Indie

Uè bèlo, sta mia far l’indiàn

(Autista di pullman in gita delle superiori,

quando portai sul veicolo lo zaino,

nonostante lui l’avesse esplicitamente vietato – primi anni ‘90)

“Fare l’indiano” significa fingere di non sentire o di non capire quello che viene detto, ordinato o consigliato. Si usa per additare il finto tonto, lo gnorry della situazione, colui che pure sapendo ci prova, perché “non si sa mai…”. L’espressione fa evidentemente riferimento allo stereotipo del pellerossa indiano d’America, che nell’immaginario e nel pregiudizio popolare mostra spesso un atteggiamento di generale indifferenza e apatia, proprio di chi non capisce quello che sta realmente accadendo.

Il modo di dire può forse applicarsi anche agli indiani non americani, alla combriccola dei marò, dell’ex Ministro degli Esteri (per conto) Terzi, e a tutta la carovana italiana della Compagnia delle Indie. Come italiani, abbiamo fatto un po’ gli indiani.

Innanzitutto abbiamo rimpatriato i due marò per farli votare alle elezioni politiche. Assodato che i loro due voti non sono risultati determinanti per la formazione del Governo, è bene ricordare che qualsiasi cittadino italiano può votare dall’estero, senza necessariamente rientrare in patria. Ma probabilmente la legge sul diritto di voto si applica a qualsiasi italiano, purché non sia un marinaio pugliese nato negli anni 1977-78, accusato di omicidio in India.

Non domi, abbiamo promesso al Governo indiano che i due marinai sarebbero rientrati in India. Poiché il Governo indiano non conosce il detto “fare promesse da marinaio”, si è fidato ciecamente, non immaginando che per rivedere i due soldati avrebbe penato le pene del Mahadma. Potevamo completare l’opera omnia, convocando i due marò per le consultazioni da Napolitano, giusto per prendere altro tempo.

A parte le varie mosse da avanspettacolo con cui abbiamo gestito la circostanza, spesso si tende a sorvolare un piccolo dettaglio della vicenda, ovvero che i due presunti patrioti integerrimi hanno innanzitutto ammazzato due pescatori senza motivo.

È comprensibile il tentativo di ricercare un giudizio partigiano e casereccio, ma questo non deve eludere il fatto che i due soldati debbano essere innanzitutto processati.

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Prassi istituzionale

Il medico accorto, se gli avviene di sbagliare la cura,
non farà male a cercare chi, chiamato a consulto,
lo aiuti a portare la bara del paziente”.

(Baltasar Gracián y Morales, Oracolo manuale e arte della prudenza, 1647)

 In questi giorni tutti si chiedono che Governo avremo. È facile. Nella migliore delle ipotesi un manipolo di personaggi pro tempore, probabilmente rispettabili e anche capaci, che per qualche mese raccoglierà il supporto del Parlamento su alcuni punti programmatici chiari, elementari, indiscutibili. Seguiranno elezioni nel giro di un anno. Nel peggiore dei casi nessuno appoggerà nessuno e, dopo un mese di paralisi e di Rigor Montis, avremo le elezioni di maggio.

Intanto Re Giorgio avvia timidamente le consultazioni. La prassi costituzionale prevede che il Presidente della Repubblica individui il potenziale Presidente del Consiglio, in grado di ottenere la fiducia dalla maggioranza del Parlamento e di formare un Governo.

Al di là delle pletore di illazioni, sensazioni, ipotesi e commenti (spesso banali) che accompagnano le cronache di queste circostanze, l’elemento più interessante è rappresentato dai tecnicismi e dalle regole che governano questi giochi. Mi annoia la domanda: “Bersani riuscirà a fare un Governo?”. Mentre mi intriga la circostanza che Grillo vada a parlare con Napolitano.

Ho studiato Diritto Costituzionale e Diritto Pubblico, ma non riuscivo a spiegarmi perché Napolitano abbia convocato proprio Grillo per le consultazioni con il Movimento 5 Stelle. Perché lui e non i capigruppo grillini di Camera e Senato? Perché non invitare un esponente parlamentare del partito, preferendo un leader esterno ufficioso ad uno ufficiale?

La risposta è che questa fase della vita istituzionale del Parlamento è disciplinata soltanto dalla consuetudine e dal galateo istituzionale. Non esiste una normativa precisa in materia, la Costituzione non ne fa menzione. Il tutto è affidato alla sensibilità e al buonsenso del Capo dello Stato che potrebbe chiamare anche Pozzetto, Villaggio, Gigi e Andrea. Dire che non è una regola, ma solo una prassi significa accettare che Napolitano potrebbe anche farne a meno. Se ad esempio in questi giorni avesse voglia di starsene barricato in casa a guardarsi le repliche di Derrick su ClassTv, potrebbe dire alla signora Clio: “se suonano al campanello dì che non ci sono”, e nessuno potrebbe obiettare. Nei milioni di leggi italiane che regolano ogni aspetto della vita, non ce n’è una che sancisca con chiarezza inequivocabile chi deve parlare con il Presidente della Repubblica per fare il Governo. È pazzesco.

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Certificato Unico Dipendente

Riforma delle pensioni:
dal prossimo anno andrà in pensione
solamente chi ha capito come si fa

(D. Luttazzi)

Da quest’anno ai pensionati non viene più inviato il Cud a domicilio. La spending review impone di tagliare i costi di stampe e spedizioni. Giusto. E poi è inutile mandare il Cud al pensionato, tanto dopo un po’ muore…

Per il pensionato che volesse presentare la dichiarazione dei redditi 2013, ci sono diversi modi per ottenere il Cud. Lasciando perdere quelli più complicati come avere la posta elettronica certificata, oppure un master alla Columbus, un diploma a Masterchef o un negozio di slitte a Roccella Ionica, la via più semplice ed economica rimane quella di “stampare il proprio CUD direttamente dal sito istituzionale www.inps.it”. Uno pensa: “mi collego e stampo un file”. Più o meno. Per fare ciò, il pensionato deve semplicemente avere un PIN, un computer e una connessione, ed essere capace di assemblare le tre cose insieme, altrimenti iniziano i problemi.

– Occorre fare la domanda per avere il PIN. La domanda si fa on line, cercando bene su un link semitrasparente scritto in arial 6. Basta avere il codice fiscale a portata di mano e compilare un format inserendo un indirizzo mail e un numero di cellulare. Ogni pensionato, che durante il giorno ha tempo per cazzeggiare, ha per definizione un computer, una mail e un cellulare.

– Presentata la domanda, ti vengono fornite immediatamente solo le prime 8 cifre del PIN, mediante l’invio di un sms.

– Per avere le ultime 8 cifre del PIN devi attendere la spedizione postale a casa. Qua la spendind review chiude un occhio e ti inviano una bella letterina a colori con le cifre rosse e blu mancanti.

– Ricomposto finalmente il PIN (8 cifre dell’sms + 8 cifre colorate della lettera) sei pronto per ricollegarti e… richiedere un altro PIN. Non è infatti possibile ottenere alcun documento con il vecchio PIN (quello di mezzora fa), che serve solo per farsi dare un nuovo codice. Lo chiamano “controllo di sicurezza”, probabilmente perché c’è pieno di pensionati in rete che cercano di prendere fraudolentemente i Cud di altri pensionati. Le famose “prese per il Cud”.

– Una volta collegato con il nuovo PIN, devi cercare il tuo Cud. È semplice ed intuitivo, basta sapere che non devi cercarlo nella voce Cud, ma in “Fascicolo previdenziale per il cittadino / Modelli”.

– Poi, se ti è arrivata la pensione da poco, ti devi comprare una stampante e stampare il pdf (pensionato, sai cos’è un pdf?)

Io l’ho fatto per i miei genitori e vi assicuro che è più semplice ottenere una concessione edilizia in Nuova Zelanda.

Questo processo dovrebbe snellire la burocrazia, ma al contempo incrementare i suicidi dei pensionati.

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PM

Sì, bello il Project Management, però noi finiamo già in ritardo i nostri progetti,
se ci mettiamo anche a pianificare e controllare… non li finiamo più

(da un blog, in rete)

Per me la sigla PM ha sempre avuto il significato di “Piccolo Missionario”. Almeno da quando all’elementari il parroco mi iscrisse contro la mia volontà a questa rivista per ragazzi delle Edizioni Paoline. Non che fossi obbligato a leggerla, ma mi dava  sui nervi che a settembre regalassero sempre il diario Piemme. Io volevo un diario diverso, magari del Milan o della Ferrari, ma i miei genitori non me lo compravano dicendo: “ma dai, hai già quello bellissimo del Piemme…”. Probabilmente anche per questo la mia infanzia è stata difficile. Certamente per questo l’immagine della sigla PM mi ha sempre lasciato nello sconforto più totale.

Anni dopo, al lavoro, mi hanno proposto l’esame per la certificazione internazionale di PM. Stavolta significa Project Manager, e si fa sul serio. Millantano fin da subito che il 50% dei candidati non supera l’esame. Libri in inglese, qualche formula matematica, un po’ di dura teoria. Seguono mesi di studio. Non un’impresa, ma certamente un grande sforzo. Non impossibile, ma complicato. Non esageriamo, un medio esame universitario.

Il giorno dell’esame, mentre raggiungiamo la sede della prova, incrociamo un’anziana donna che porta la spesa recitando al contempo delle preghiere. Come se anche quel PM fosse davvero un tutt’uno con le Edizioni Paoline e con chi le governa.

Mentre ci incrocia recepiamo chiaramente l’invocazione: “e splenda ad essi la luce perpetua…

Ci interroghiamo, per decidere se si tratti di una premonizione di gloriosa luce eterna o piuttosto di un segnale d’inevitabile e imminente trapasso.

Ringraziando il cielo, dunque, è andata bene.

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