Archive for settembre 2011

Diez

Tutti i volumi, che fungono da guide turistiche, indicano nella loro terza pagina le cose irrinunciabili da fare durante una vacanza. Chiunque, leggendo una guida di Barcellona, può trovare le più gettonate. Io aggiungo le mie, più soggettive ma proprio per questo meno banali.

Se vi capita di andare a Barcellona, eccovi dieci cose da non dimenticare.

  1. Prendere la funivia che dal porto sale fino a Montjiuc, attraversando tutta la baia a 50 metri da terra.
  2. Fare running sulle salite di Montjiuc.
  3. Non cedere alla tentazione di bere una sangria sulla spiaggia. Resistere di fronte a questa icona, a metà tra il classico e il romantico, ed evitare di autocondannarsi a bere una brodaglia annacquata fatta di tavernello e arance di Ivrea.
  4. Ammazzarsi di tapas in qualche localino raccattato a caso. Due segnalazioni: il Sol Soler nel quartiere Gràcia, per un’esperienza più spartana; e il Taller de Tapas nella Ribera, un po’ più chic.
  5. Fare la “Barcelona Card”. Non tanto perché convenga il risparmio sull’uso dei trasporti pubblici, ma perché poi ti levi il pensiero e mentre cammini, se vedi passare un autobus, puoi prenderlo per due-tre fermate, ovunque vada. Si vive meglio, per me è il massimo della serenità.
  6. Ordinare una parillada al mercato della Boqueria. È una grigliata mista di pesce fumante, consumata nelle condizioni più infime. Io non ci sono riuscito, ma mi è rimasto il languorino…
  7. Salire sulle barche che fanno il giro del porto e accettare di farsi fotografare da quelli che poi, al momento di scendere, cercano di venderti la foto che ti hanno scattato. Il bello è farsi fotografare da loro e poi scattarsi altre mille foto da soli e all’uscita guardare il loro scatto e dire: “Lo siento, pero la mia es mejor”.
  8. Passare una mezzora a guardare gli imbecilli inglesi che si fanno fottere sulla Rambla dai giocatori delle “tre carte”.
  9. Fare attenzione agli italiani che hanno bisogno che qualcuno scatti loro la foto di gruppo, e autocandidarsi fingendosi spagnoli. Un napoletano mi ha chiesto “Can you a foto, por favor?”. Ho imbracciato la sua fotocamera ribattendo: “Claro que sì”.
  10. Rispondere alle cinesi, che in spiaggia ti chiedono ogni cinque minuti “Hello, massage?” con un roboante e maleducato: “Ma bastaaa, sbrèga balòc!”

 

United colors of Boqueria

 

Sui pistoni di Montjiuc

 

Il torrazzo della cattedrale

 

La Cattedrale del Mar (di Ildefonso Falcones)

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Ricordi sparsi

Oggi è il quinto anniversario della morte del Lele. Ho chiesto ad alcuni amici di scrivere un pensiero, di riportare un aneddoto o di annotarsi qualche scritto che lo ricordasse. Nessun intento celebrativo, ma solo il tentativo di condividere un piccolo sorriso o qualche semplice riflessione. Grazie a tutti coloro che hanno risposto all’invito. Ovviamente chiunque può continuare a mandarmi delle aggiunte per integrare il testo. E tutti possono inserire dei commenti.

Comincio io…

Ho proposto questa iniziativa, ma io stesso trovo grande difficoltà a rispondere. In queste occasioni si vorrebbe essere seri, evitare di banalizzare e mostrarsi il più profondi possibile. Poi si inizia a cercare tra la mente e i suoi archivi, e tutto va in tilt. Ne esce qualcosa di strampalato, di personale, magari anche banale e poco interessante.

Uno dei ricordi più belli che ho del Lele, sono quelle mattine del sabato trascorse a casa sua, per preparare le formazioni del fantacalcio. Io avevo il compito di comprare la Gazzetta, lui offriva il succulento aperitivo. Durante il campionato, ogni sabato mattina trascorrevamo insieme un paio d’ore. Era l’occasione per ridere, per organizzare il fine settimana, per battibeccare un po’. Era la sintesi perfetta del suo personaggio, esagerato in tutto, che sapeva offendere e deliziare alla massima potenza e nel medesimo istante.

Anni dopo ho smesso di fare il fantacalcio, ma ogni sabato mattina mi sveglio e penso a quell’appuntamento con un po’ di malinconia.

Silvio

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Mail scritta dal Lele il 21 giugno 2006, a ringraziamento di un suo compleanno:

Parafrasando Kafka posso solo dirvi che, non essendo più tanto giovane ma sentendomi ancora tale, sono felice perchè vedo la bellezza in tutti voi.

Vedo l’affetto che provate per me nei vostri gesti, nelle vostre parole, nei vostri sorrisi, nelle vostre critiche.

Vedo la vostra comprensione quando dico uno sproposito.

Vedo (e sento) le vostre sincere risa quando dico qualcosa di divertente.

Vedo il vostro interesse se mi capita di dire qualcosa di interessante o coinvolgente.

Vedo il vostro calore, il vostro pathos, la vostra vicinanza.

Sant’Agostino diceva più o meno così:”So cos’è se nessuno me lo chiede, ma se me lo chiedi, non saprei cosa dirti”.

Anche io se ci penso, e se nessuno me lo chiede, so che cos’è tutto questo e l’unica parola che riassume tutti i miei pensieri è “Amicizia”.

Quindi vi ringrazio dell’onore che mi fate e della gioia che mi date ad essermi amici.

E sono convinto che con la vostra bellezza non diventerò mai vecchio.

Con grande affetto.

Lele

 

Mary e Andrea

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Ciao Baù, scusa se ho impiegato un po’ a scriverti, ma volevo scegliere qualcosa che fosse “farina del suo sacco”, così sono andata a rileggermi lettere e mail che mi aveva mandato negli ultimi quattro anni e ho scelto questa, che si intitolava OSCAR DEL MATRIMONIO (credo fosse il matrimonio di Boselli). Te ne mando un estratto per la pubblicazione in suo ricordo, credo che chiunque legga questi commenti ricordi con il sorriso la sua pungente ironia.

Ciao, Silvia

PREMIO: Non mangiavo da 3 giorni.
NOMINATIONS: Vera, Arturo, Mazzi, Sterk.
VINCITORE: Vera. Pesa 15 kg ma ha fatto il bis anche dei confetti della bomboniera.
RITIRA IL PREMIO: Lei, ma purtoppo ha mangiato anche quello.

PREMIO: Sudo quanto peso.
NOMINATIONS: Bice, Arturo, Sterk, Lele (non sembrava, nè…).
VINCITORE: Arturo. Ha cominciato a sudare 29 o 30 anni fa e non penso che abbia la minima intenzione di smettere adesso, sul più bello.
RITIRA IL PREMIO: I signori Scottex, Tempo e Tenderly, esclusivisti del suo liquido corporeo.

PREMIO: Il brut di Boselli va giù come un rosolio.
NOMINATIONS: Baù (che schifo, ma ne ha bevuto una damigiana), Lele, Fausto
Ottoboni, Sterk.
VINCITORE: Lele. Nonostante sia scadente anche x un pediluvio o per lavarsi il culo, Vagni ne ha bevuto diverso, ripetendo “Almeno è bello fresco…”
RITIRA IL PREMIO: Gli infermieri dell’AVIS di Volta e Paini, che ha tentato più volte di pizzicargli i capezzoli.

PREMIO: Mi sono vestito lanciandomi bendato nell’armadio.
NOMINATIONS: Arturo, Mario bel, tedesco (sosia dott. Leone), cameriera che non ha fatto il linguistico.
VINCITORE: Cameriera. Giacca e pantaloni neri, amicia bianca, papillon e…ASICS. No comment.
RITIRA IL PREMIO: Sbirulino, che non sarà così bello ma almeno abbina meglio.

PREMIO: Dove andiamo stasera?

NOMINATIONS: Lele con Monaco di Baviera, Silvio con Padova, il Cigo con il Mascaron, Mario bel con il Break’s.

VINCITORE: Il Cigo. il posto più ovvio ma anche il più bello. E poi c’era un casino di gente!
RITIRA IL PREMIO: Tutte le fighe che abbiamo visto e conosciuto là. Grazie Cigo!!!

PREMIO: Non facciamoci riconoscere.
NOMINATIONS: Baù e Vagni (con 2 balloons in più in casa), Arturo (con 8 chili in più addosso), Fausto Ottoboni (con la sua” Ma che dio ti muti il sesso…”), Weiner Mazza (vaca diaol).
VINCITORE: Fausto. Alle 18 tutta la provincia sapeva che era in balla muta e che supplicava dio di cambiare sesso a quasi tutti gli invitati.
RITIRA IL PREMIO: Sua moglie, con il sorriso sulle labbra e urlando “Ma che dio vi muti il sesso…”.

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Da una mail di un amico, scritta pochi giorni dopo il 26 settembre 2006

non si poteva non provare un’innata sensazione di amicizia nei confronti di Lele, sin da subito, senza bisogno di avere molte ‘ore di volo’ passate a condividere le ‘cose serie’ della vita assieme.”

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Fratelli, nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo viviamo per il Signore; se noi moriamo, moriamo per il Signore” (Rm 14, 7-9)

Quando una persona amica o familiare muore si ripensa subito all’ultima volta che le abbiamo parlato o l’abbiamo incontrata. Nel mio caso con Emanuele è stato al matrimonio della Simona. Un momento di festa e in cui ci si ritrovava insieme per cantare, cosa che a lui piaceva molto e ricordo anche che aveva una bella voce.

In effetti aveva un modo di scherzare che non sempre riuscivo a sopportare, ma il Lele era cosi’… lo ricordo ancora con il suo inconfondibile sorriso “strafottente”.

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Caro Lele

Ho  vissuto diverse esperienze con Te, troppo poche però, perché non ho avuto la possibilità di conoscerti bene fino in fondo.

Ho ricordi bellissimi su di Te di quando eravamo “Le Greppole” e ci divertivamo un mondo a fare gli sketch assieme ed eravamo soprattutto  molto uniti.

Quando penso a Te però, mi capita spesso di volerti chiedere per tutte quelle volte che non mi hai salutato e degnato di uno sguardo sebbene fossi passato accanto o davanti a me.

Non mai capito il perché! Ci rimanevo davvero male e per di più la vita purtroppo, non mi ha dato nemmeno il tempo e il modo di chiedertelo.

Forse non lo scoprirò mai, e me lo chiederò per sempre,  ma poco importa. Ciò che conta è che ancor oggi tutto ciò ci tiene e ci terrà per sempre uniti.

Ciao Lele! Fa il bravo lassù…

Il tuo Amico Zance

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Quando è arrivata la mail di Silvio che ci chiedeva un pensiero da mettere sul blog in occasione del quinto anniversario
della scomparsa del LELE ho subito apprezzato molto l’iniziativa, anche perché sul LELE si potrebbe scrivere un libro.
Sono sempre tantissime le occasioni in cui mi viene in mente lui, le sue trovate, i suoi modi di dire, le imitazioni, le occasioni in cui bastava incrociarsi gli sguardi e subito si capiva la battuta che avrebbe detto! Mi viene in mente “SALUTI TROPEZ ” , leggendo una cartolina con scritto Saint Tropez sulla quale aveva letto male la provenienza e poi aveva chiesto: Ma chi è TROPEZ?. Con la Paola abbiamo riso per settimane….Oppure quando aveva mandato a quel paese un tedesco brillo in campeggio che gli aveva maldestramente innaffiato il barbecue con la birra, spegnendogli il fuoco, appena accesso con molta difficoltà…..

Come non ricordare quando al camposcuola si credeva graziato dalla mano notturna di un compagno di stanza non vedendosi alcun disegno sul corpo…e poi scoprendo allo specchio che aveva un svastica in fronte….!!!!! Ogni tanto quando ci troviamo tra amici e saltano fuori questi episodi è bello ricordare con un sorriso anche chi non c’è più. Quanti ricordi LELE che ci hai lasciato ma sono sicura che dove sei adesso stai continuando a far divertire chi ti sta attorno…..Ci manchi…. “

Vale

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Ricordare solo qualcosa vissuta con il Lele non è facile…perché sono tanti i ricordi che mi passano per la testa …Quale Lele mi manca di più?…forse quello pazzarello e divertente…a volte mi vengono in mente quante risate ci siamo fatti nell’ultima vacanza a Monaco…quando ti mettevi il bordo del bicchiere in bocca…o tornando indietro nel tempo quando scivolavi con le tue scarpe eleganti marroni e forse qualcuno si ricorda quando sei caduto a Bardolino in centro (ricordo le risate con la Franci Cigo, Serena, la Vale)…o quando arrivavi per le gite in montagna con la tua camicina azzurra…o quando imitavi con Silvio qualcuno…o le prove di canto per il matrimonio del Gian a casa di Arturo…o quando dovevamo andare in qualche locale e non ci stavamo perché in troppi…o gli ultimi dell’anno a Montagne…

O forse mi manca di più il Lele profondo…delle chiacchierate…o lunghe lettere…dei biglietti con frasi significative…dell’amicizia profonda.

Ma c’è un ricordo….che nessuno può avere ed è di un pomeriggio con tuo nonno…quando per una tesina dell’università ho avuto l’onore di ascoltarlo raccontare della sua prigionia in Germania…insieme ci siamo commossi….e insieme abbiamo letto quel meraviglioso diario e visto le fotografie…un piccolo pezzo di storia…Tuo nonno ci aveva permesso di vivere quei momenti lontanissimi…come se fossero così vivi…Quei momenti sono stati emozionanti e li ho sempre conservati con affetto.

Chissà se ci guardi da lassù…credo di si…e credo che tu sia vicino e come dice una preghiera:

La morte non è niente, sono solo andato nella stanza accanto…
Ciò che ero per voi lo sono ancora…
Parlatemi usando lo stesso tono di voce,
continuate a  ridere delle stesse cose di cui ridevamo insieme.
Sorridete, pensate a me, pregate per me.
La vita ha il significato di sempre.
Il filo non si è spezzato.
Io non sono lontano.
Sono solo dall’altra parte del cammino.”

Sara

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A PARER MIO – Federalismo all’italiana

Con la parola “federalismo” s’intende un insieme di entità autonome, legate tra loro dal vincolo di un patto comune. L’origine è dal latino “foedus” che significa appunto “patto”, “alleanza”.

Il federalismo politico e amministrativo rappresenta dunque un raggruppamento di soggetti (Stati, Regioni, Province o Comuni) che mantengono in diversi settori le proprie leggi particolari, ma che rimangono legati da una Costituzione condivisa e da un Governo comune. In particolare, nel dibattito politico italiano, federalismo è sinonimo di decentramento della gestione pubblica, e indica l’attribuzione ai singoli enti locali di una maggiore autonomia, nella riscossione delle imposte e nell’amministrazione delle proprie entrate e delle proprie spese.

Da decenni le tribune politiche e i giornali parlano della necessità di attribuire più autonomia ai Comuni, al fine di garantirne un miglior funzionamento. Il principio che sta alla base d questo pensiero è abbastanza semplice ed inconfutabilmente condivisibile: è molto più efficace assumere decisioni laddove ci sono i problemi; più la decisione è presa lontano dal problema, meno efficace sarà la sua ripercussione sul problema stesso.

I proclami di questa logica sacrosanta, gli appelli  e gli annunci di questa rivoluzione imminente, paiono talvolta stridere con la realtà dei fatti. Il sistema federale dovrebbe concentrare più potere e più risorse ai Comuni, cioè alle entità amministrative più radicate e “vicine” ai territori e alla popolazione. Ma nell’Italia reale si procede progressivamente al taglio dei trasferimenti verso i Comuni e al disboscamento delle loro risorse. Nella rubrica “Mondo Comune” di questo numero, è descritto con chiarezza il meccanismo che si sta instaurando. Formigoni, che è anche coordinatore per le Politiche Finanziarie delle Regioni, in riferimento all’ultima finanziaria aveva parlato di tagli di 1,5 miliardi per il 2011, di 4,2 miliardi per il 2012 e di  4,5 miliardi per il 2013 e 2014. Cifre riferite ai soli Comuni.

I numeri ballano, ed è difficile dare una somma esatta. Miliardo più, miliardo meno, la cosa certa è che i Comuni da alcuni anni stanno subendo, e subiranno sempre di più, continue diete dimagranti imposte dal dottore dello Stato. E anche Volta, vincolata dal Patto di Stabilità e vessata dalla riduzione dei trasferimenti, subirà lo stesso trattamento.

Questo non può costituire un alibi per gli amministratori, che devono comunque adoperarsi per gestire al meglio il bene pubblico. Può però servire ai cittadini per comprendere meglio la natura del federalismo… all’italiana.

 (Editoriale pubblicato su Voltapagina n.39)

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Ristrutturare humanum est

“Case, bele case, sparnasade per el mond
case, bele case, a staga denter i è semper quéi
ghe n’è de quéle pustade ensima ala su bela culineta
ghe n’è de quéle cun le culòne e dele atre che par castèi
case verde, case celeste, del culùr de la merda d’óc
cun la sesa e la ringhiera e dele porte de set quintài”.

 

(Case, belle case, sparse per il mondo,
case, belle case, a starci dentro son sempre quelli.
Ce ne sono di quelle appollaiate in cima alla loro bella collinetta,
ce ne sono di quelle con colonne e delle altre che sembrano castelli.
Case verdi, case celesti, del colore della merda d’oca,
con la siepe e la ringhiera e delle porte da sette quintali.)

 (M. Mari – Case, belle case)

 

Quando si mette su casa, ci sono almeno dieci cose che tutti ti dicono.

  • Ristrutturare una casa vecchia costa come fare una casa nuova.
  • Quando una cosa è bella… è bella sempre (detto generalmente dai venditori quando la cosa “bella” è anche la più costosa).
  • Il nero è molto elegante e sta bene con tutto. Il bianco è luminoso e non ti stanchi mai. Il rosso è moderno e vivace.
  • Spendi un po’ di più, però vuoi mettere? È tutta un’altra cosa.
  • È meglio non mettere il parquet nei bagni e in cucina. Se poi ti cade dell’acqua, cosa fai? (boh… mi impiccherò).
  • (detta dagli artigiani 1) La settimana prossima penso di finire tutto.
  • (detta dagli artigiani 2) Nooo. Sei davvero sicuro che il preventivo che ti ho fatto era più basso?
  • (detta dagli artigiani 3) Guarda, giuro che ti stavo chiamando io: vengo domani mattina. Sul presto (più visto).
  • (detta dagli artigiani 4) Se dovessi davvero contare tutte le ore che ci ho messo, ti farei spendere un patrimonio. Facciamo così: te le conto a metà, anche se so che ci perdo.
  • (detta dalla mia morosa) Meglio comprarlo subito, è un’occasione.

Ad ogni modo, la ristrutturazione del duomo di Sassello è finita.

Prima

Dopo

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XVII° Consiglio (8 settembre 2011)

“…e vide la caduta del Re Sole dopo anni di grande sviluppo del proprio impero coloniale”

(A. Gumirato)

L’8 settembre è la data che a molti dovrebbe ricordare l’armistizio.

Nemmeno per sogno. Nelle sale del Comune il clima è sempre più teso e l’”armis-Tizio” sta ad indicare colui imbraccia l’attacco verbale e produce una violenta battaglia, senza precedenti.

Ma andiamo per ordine.

È stata approvata una variazione al bilancio di previsione, che comprende, tra le altre cose: un’entrata di 100.000€ per la demolizione dell’area Tintoria dei Savi, l’assunzione fino alla fine dell’anno di una vigilessa e di due operai per i lavori di riordino delle strade. Previsti 10.000€ per risistemare piazza XX Settembre.

All’unanimità è stato approvato il recesso dal Consorzio Energia Veneto. Vista l’approvazione nei mesi scorsi di un Piano d’Illuminazione Comunale, in ottemperanza allo statuto si è dunque proceduto a disdire il contratto che ci legava al vecchio gestore, in modo che il nuovo gestore possa ricercare il miglior prezzo sul mercato.

Si è data comunicazione di un prelievo dal fondo di riserva, che comprende: 1500€ per Voltapagina, 2000€ per il carburante dei mezzi comunali, 4500€ per le assicurazioni, 2000€ per la manutenzione dei mezzi comunali, 3000€ per spese dell’Uff Ragioneria, 500€ per l’Uff di Polizia, 4000€ per la tinteggiatura degli impianti sportivi.

Infine il bello. Il Gruppo”Ingegno per Volta” aveva presentato un’interrogazione al Sindaco, in riferimento ai conflitti d’interesse sul PGT. Il gruppo si riservava di chiedere le dimissioni.

Pinuccio Adami ha letto la sua risposta e “Ingegno per Volta” ha raccolto la più brutta figuraccia del secolo. La allego in calce, in fondo è stata letta durante un Consiglio Comunale e ha dunque il valore di un pubblico atto.

Nella prima parte vengono confutate le argomentazioni della Minoranza, nella seconda si evidenziano le contraddizioni e i conflitti d’interesse in ambito edilizio della Minoranza stessa. Se potete, leggetela per intero. Se non avete voglia, ma espletate il vostro diritto di voto nel comune di Volta, abbiate la creanza di leggere almeno le ultime due pagine.

Risposta_interrogazione

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Barbero è champagne

Barbera e champagne, stasera beviam
per colpa del mio amor, pa ra pa pa
per colpa del tuo amor, pa ra pa pa.
Ai nostri dolor insieme brindiam
col tuo bicchiere di barbera
col mio bicchiere di champagne.”

(G. Gaber – Barbera e champagne)

Una delle mie passioni è avere i libri autografati dagli autori. Festivaletteratura permette anche di dare sfogo a questa mia ossessiva ricerca. Ieri l’incontro con Alessandro Barbero (ricordate? Il professore di storia che appare a Superquark) è stato divertente.

Mi avvicino a lui prima dell’incontro pubblico sul tema “Costantino il Grande”. È una prassi che utilizzo sempre: prima che inizi la conferenza non c’è quella ressa che fa firmare i libri nel canonico momento del “dopo”, ed in genere gli autori sono più propensi alla conversazione se non sono incalzati dalla coda di pubblico. Chiedo al moderatore che dirigerà l’incontro se posso parlare col professore. Mi dice di no, che i libri si firmano dopo. Però Barbero è lì, quindi faccio lo gnorry e gli rivolgo la parola direttamente.

Io: “Buonasera professore, mi firmerebbe il libro?” (e gli porgo una copia di “La battaglia. Storia di Waterloo”).

Barbero: (ricevendo il libro) “Certo. Il suo nome?

Io: “Eh. Silvio… purtroppo”.

Barbero: (sorridendo e facendo una breve pausa) “Sto pensando a una battuta da scriverle, che si riferisca al suo nome. Ma non ce la faccio, sono troppo stanco”.

Io: “Non si preoccupi…per la collezione vale anche solo la firma

Barbero: (autografando il libro) “Comunque stia tranquillo, vedrà che il suo nome ritornerà in auge”.

Io: “Speriamo. Certo che eravamo partiti da Silvio Pellico e ci ritroviamo…”

Barbero: “… con Berlusconi! Comunque non creda che Silvio Pellico sia stato chissà che. Oddio… in effetti era meglio di Berlusconi”.

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North face

“Siamo ciò che vogliamo”

(T. Kurz – North Face)

Ieri mi è capitato di vedere il film North Face, di Philipp Stölzl. Una storia vera accaduta nel 1936, un po’ verosimile, un po’ romanzata… Al di là del film in sé, gradevole e avvincente ma non trascendentale, mi ha colpito la storia vera , dal quale è tratto. Non serve avere la passione della montagna (anche se aiuta) per rimanere affascinati da questa vicenda tragica e grottesca allo stesso tempo.

Ve la copio da wikipedia, rinunciando a parafrasarla inutilmente.

Nel 1936 Kurz e Hinterstoisser stavano prestando il servizio militare presso il 100° Jäger-Regiment a Bad-Reichenhall. Nel luglio del 1936, ottenuta una licenza, i due si recarono in Svizzera, dove intendevano tentare la prima salita della parete nord dell’Eiger, all’epoca ancora inviolata, e considerata “impossibile”. La parete veniva considerata talmente pericolosa che un comunicato del Comitato Centrale del Club Alpino Svizzero riferiva che le guide non dovevano sentirsi obbligate ad andare in soccorso di chi si fosse trovato in condizioni critiche sulla parete. Venuto a conoscenza delle loro intenzioni, il loro comandante, il colonnello R. Konrad, a sua volta alpinista esperto, telefonò a Grindelwald per vietare loro il tentativo, ma i due avevano già lasciato la tenda per avvicinarsi alla parete. I due attaccarono la parete il 18 luglio, insieme alla cordata austriaca formata da Edi Rainer e Willy Angerer; le due cordate salirono separate fino alla “grotta del bivacco”, dove si unirono. I quattro alpinisti non seguirono la via tracciata dai loro predecessori, ma si tennero più a destra, fino ad arrivare ad un punto dove dovevano traversare verso il cosiddetto “primo nevaio”. Il traverso fu superato da Andreas Hinterstoisser, presto seguito dai compagni; i quattro ritirarono la corda e proseguirono. All’altezza del “primo nevaio” la coppia austriaca cominciò a muoversi molto lentamente: Angerer era stato infatti colpito alla testa da una pietra, ed aveva difficoltà di movimento. I quattro bivaccarono tra il primo ed il secondo nevaio. Il 19 luglio i quattro si misero in movimento piuttosto tardi, e continuarono a muoversi insieme, ma molto lentamente. In serata giunsero poco sotto il “bivacco della morte”, dove si fermarono per la notte. Il 20 luglio di nuovo si misero in movimento molto tardi; Angerer non poteva proseguire, così i quattro cominciarono a ridiscendere. Sempre molto lentamente, attraversarono a ritroso il secondo nevaio, scesero al primo nevaio, e qui si fermarono per la notte. Il 21 luglio Angerer era quasi impossibilitato a muoversi, ed il tempo stava rapidamente peggiorando. I quattro scesero all’altezza del traverso percorso il primo giorno, ma non riuscirono a percorrerlo a ritroso, nonostante i numerosi tentativi di Hinterstoisser. Durante i tentativi, furono contattati da uno dei guardiani della Jungfraubahn, attraverso la finestra che si apre sulla parete nord; i quattro riferirono di essere in buone condizioni e di non aver bisogno di aiuto. Non potendo ridiscendere per la via di salita, decisero di calarsi in verticale, con una serie di discese in corda doppia, fino a raggiungere un sistema di cenge che li avrebbe condotti alla finestra della ferrovia, dove sarebbero stati in salvo. La discesa avrebbe però dovuto svolgersi su una linea molto esposta a valanghe e scariche di pietre, mentre il tempo continuava a peggiorare. Mentre stavano preparando una discesa, i quattro furono investiti da una valanga. Andreas Hinterstoisser era slegato dagli altri, e fu trascinato via dalla valanga. Gli altri tre erano legati tra loro, con la corda passante in un chiodo fissato alla parete, ma non riuscirono a tenersi. Angerer e Kurz caddero lungo la parete, mentre Rainer fu trascinato verso monte dalla caduta dei due e schiacciato violentemente contro la parete. Angerer sbatté contro la parete e morì sul colpo; Rainer morì in pochi minuti. Kurz sopravvisse, e rimase appeso alla corda tra i due compagni morti, invocando aiuto. Le sue grida furono sentite dal guardiano della ferrovia, che chiamò i soccorsi a valle. Una squadra di soccorso composta da Hans Schlunegger e dai fratelli Christian e Adolf Rubi lasciò Grindelwald e, su un treno speciale messo a disposizione dalla Jungfraubahn, si recò alla finestra della galleria, da cui salì sulla parete. I tre riuscirono a raggiungere un punto a circa 100 m sotto Kurz, ma non poterono andare oltre, a causa delle pessime condizioni del tempo e della parete; dovettero dunque dire a Kurz che sarebbero tornati il giorno dopo, nonostante le disperate grida d’aiuto di Toni. Il giorno seguente, 22 luglio, la squadra di soccorso, a cui si era aggiunto Arnold Glatthard, tornò sulla parete, e, grazie anche alle migliorate condizioni del tempo, riuscì a raggiungere un punto a soli 40 m da Toni Kurz. Questi era sopravvissuto alla notte all’aperto; aveva però perso il guanto sinistro, e il suo intero braccio sinistro era bloccato per il congelamento. La squadra non poté però salire più in alto: la parete era estremamente liscia ed aggettante, e per di più coperta di ghiaccio. L’unica possibilità per Toni Kurz era quella di scendere con le sue forze fino all’altezza dei soccorritori. Kurz riuscì a tagliare la corda che lo legava alla salma di Angerer, e risalì al terrazzino di partenza, dove liberò il resto della corda. Poiché questa era troppo corta per raggiungere i soccorritori, cominciò a separarne i trefoli. Dopo cinque ore di lavoro, Kurz riuscì a legare insieme i tre trefoli, ed a calarli fino ai soccorritori; questi legarono al cordino una corda intera e del materiale da armo (martello, chiodi, moschettoni); poiché però non avevano una corda di lunghezza sufficiente, legarono insieme due corde. Kurz recuperò la corda, la fissò alla parete, e cominciò a scendere, dopo aver fatto passare la corda in un moschettone fissato ad un anello di cordino intorno al suo corpo. Superato un tetto aggettante, scese nel vuoto per un tratto, ma quando incontrò la giunzione delle corde dovette bloccarsi: il nodo infatti non passava attraverso il moschettone. Kurz tentò disperatamente di far passare il nodo, di scioglierlo, di passarvi sotto, continuamente spronato dalla squadra di soccorso, ma inutilmente. Dopo parecchi tentativi, infine, Kurz disse a voce chiara e ben discernibile: “Ich kann nicht mehr” (“non ne posso più”), e si lasciò andare. Morì da lì a poco.

Io stanotte c’ho pensato parecchio e quel Kurz è diventato un po’ il mio idolo. Penso che mi leggerò qualcosa.

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