La sconfitta mitigata


Le urne consegnano inequivocabilmente a Berlusconi e Bossi le chiavi del paese. Il primo, come sempre, ha saputo abilmente attrarre la miriade di voti vaganti, il secondo è l’unico che da anni proclama una proposta semplice e facile da capire, senza bizantinismi politici o sofisticherie di sorta. In un mare torbido di proposte ambigue e tutte uguali, il messaggio dell’interesse economico del nord è il più cristallino di tutti. Ed il nord, per questo, lo ha premiato.
Ma ritorna il governo dei furbetti e dei ricchi, acclamato dalle culture di Amici e del Grande Fratello e dai poveracci in cerca d’autore. Il plebiscito degli italiani non permetterà agli stessi di lamentarsi oltremisura. Hanno voluto in massa Berlusconi, e Berlusconi in massa si meritano.
Il governo sarà stabile e duraturo, longevo: non ci resta che piangere.
Se a Veltroni si può concedere un merito, occorre dargli atto che l’origine del big bang parlamentare risiede nelle sue prime mosse. Se stamattina ci siamo alzati con cinque gruppi parlamentari, anziché ennemila, è anche merito suo. Fu lui, che decidendo di correre pressochè da solo, segnò la berlina delle sinistre estreme e convinse Berlusconi a fare altrettanto. Tuttavia il confino dei partitucci è essenzialmente figlio della strabordante vittoria del Cavaliere, che ha di fatto raccolto con sé anche i piccoli bocconi e le briciole più insignificanti. Andiamo, insomma, verso una legislatura più snella e leggibile, lontana dai modernismi maggioritari, ma sulla giusta via della semplificazione. Questa chiarezza nel panorama parlamentare è l’unico esito positivo del voto dei giorni scorsi. Dispiacerà forse che le storiche voci socialiste e comuniste non trovino posto, ma personalmente non rimpiango affatto il surreale Bertinotti, l’insipido Boselli e tutti gli altri quaqquaraqquà.
Forse non tutto il male viene per nuocere.

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