Campa cavallo

Dategli, dategli un animale
figlio del lampo, degno di un re.
Presto, più presto, perché possa scappare,
dategli la bestia più veloce che c’è

(R. Vecchioni – Samarcanda)

Federica Pellegrini mi è simpatica come la sabbia che ti ritrovi nelle mutande, quando ti rigiri nel letto per la siesta pomeridiana, nelle caldi estati al mare. È qualcosa che va ben oltre il prurito.

Tuttavia, in questi giorni sono assolutamente solidale con lei. Gli animalisti le hanno imposto la gogna, rea di aver presenziato al Palio di Siena.

Echissenefrega? Le bestie sono bestie, non persone. E il Palio ha tutte le ragioni per continuare, non è un sanguinario combattimento di cani, né la feroce mattanza dei tonni. È solo una gara.

Fossi in lei mi farei fotografare al tavolo di un bel locale toscano, con una gustosa scottona di cavallo nel piatto.

Una succulenta gastronomia/macelleria senese, che ho ritratto nel 2009

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Ricchi e poveri

Paese mio che stai sulla collina,
disteso come un vecchio addormentato,
la noia, l’abbandono, il niente sono la tua malattia:
paese mio ti lascio e vado via

(Ricchi e Poveri – Che sarà)

Hanno tagliato anche la fantasia. Ogni volta che arriva una finanziaria, per sottolineare la necessarietà dei provvedimenti, tutti ritirano fuori l’insopportabile metafora della coperta corta. Sempre quella. Eppure questa manovra arriva in un torrido ferragosto: si potrebbe parlare di asciugamano corto, di telo mare ristretto, di bikini succinto. Invece no: quella corta è sempre la coperta.

Una manovra economica per definizione è fatta per racimolare soldi, dunque difficilmente potrà soddisfare tutto il parco buoi. Perché se si agevola qualcuno, inevitabilmente si sfavorisce qualcun altro. Per questa regola elementare, anche la schifezza partorita in questi giorni può dirsi opinabile. Ogni provvedimento può piacere ad alcuni e non ad altri, è solo una questione di gusti e soprattutto di condizione sociale.

Intanto l’articolo 8 del decreto (è il n. 138 del 13 agosto 2011) introduce la possibilità da parte dei contratti di lavoro aziendali di derogare ai contratti nazionali. Un evento gravissimo e sottaciuto. Per dare flessibilità al sistema, si cancellano dei diritti acquisiti. Ma CISL e UIL hanno già detto che non sciopereranno. Paradossalmente, al loro posto potrebbero scioperare i calciatori di serie A. Hanno già fatto sapere che ciò avverrà, qualora non saranno le società a pagare per loro il contributo di solidarietà, imposto dalla manovra ai redditi superiori a 90 mila euro. I ricchi scioperano, i poveri sperano che non lo facciano. Il trionfo del paradosso.

Questa è la "Brunetta" dei Ricchi e Poveri

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Bavarese alla crema

“In München steht ein Hofbräuhaus: eins, zwei, g’suffa!
Da läuft so manches Fäßchen aus: eins, zwei, g’suffa!
Da hat so manche braver Mann: eins, zwei, g’suffa!”

(Ritornello di una canzone bavarese tipica, cantata alla Hofbräuhaus)

 

La Baviera è una meta a portata di mano. Quando uno non sa dove andare, dovrebbe farsi un giro in questa regione. La Germania non ha costi particolarmente alti, racchiude angoli molto affascinanti e storicamente attraenti, ed inoltre ci si può trovare anche del buon cibo.

Noi abbiamo deciso di raggiungere Norimberga e di scendere attraverso la nota Romantische Strasse. Un itinerario però un po’ personalizzato, tracciato leggendo qua e là le informazioni delle varie guide e disegnato anche sulla base delle reminiscenze legate ai viaggi passati.

Monaco. Il viaggio inizia dall’intramontabile capitale della Baviera. Città non particolarmente incantevole, ma bella da vivere e facile da raggiugere. La definirei “sempreverde”. Monaco racchiude per me tanti ricordi. Viaggi in stagioni diverse, con tante persone diverse. S’incomincia con una passeggiata tra le vie commerciali del centro, tra vetrine di abbigliamento improbabile e accostamenti tipicamente teutonici. Le migliori esposizioni sono quelle degli abiti da uomo, con le cravatte regimental sulle camicie a quadrettoni o i colori pastello abbinati e mescolati tra loro in maniera randomica. Si arriva presto nella Marienplatz, piena di gente e di colori, e dopo qualche foto ci rechiamo all’interno del Rathaus, da dove Goebbels pronunciò il celebre discorso che diede il via alla notte dei cristalli. Saliamo sulla torre meridionale della Frauenkirche. Immancabile la sosta alla birreria Hofbräuhaus. Tra le assi consunte di quei tavoli riporto alla mente le stagioni dei vari viaggi. Prima col Gian e col Tui, gli anni dopo con l’Andrea, il Cugi e poi anche col Paio. Mi è impossibile dimenticare le bellissime soste col Lele.

Ceniamo alla Sneider, a mio avviso uno dei posti migliori, poco fuori la porta orientale della città.

Norimberga. È certamente una delle città più pittoresche che abbia mai visto. Non la ricordavo così bella. Il fiume Pegnitz la taglia in due, creando stupendi isolotti concatenati da ponti e passerelle. Dall’alto domina la fortezza Kaiserburg, con gli scuri rossi e bianchi e l’ordinato cortile lastricato; ai suoi piedi si trova una piazzetta da cartolina dove non si può non fermarsi. Qui ho ritrovato la birra artigianale da asporto che conobbi per la prima volta nel lontanissimo ’93! Poi la celeberrima piazza del mercato e le varie chiese. Una città sorprendentemente piacevole, da scoprire girovagando e lasciandosi guidare dal caso.

Alle porte di Norimberga si può visitare il Reichsparteitagsglände, il complesso delle adunate naziste: uno stadio con imponenti tribune per le parate militari e una specie di colosseo per i congressi del partito.

Va detto che i migliori bratwurst, la specialità di Norimberga, si possono indiscutibilmente trovare nel locale di fronte al Rathaus, mentre per una buona cena si può andare ai piedi del castello, al Burgwächter. A pochi chilometri da Norimberga abbiamo visitato il centro di Fürth, la più piccola città al mondo dotata di metropolitana.

Norimberga: la piazzetta ai piedi del castello

Rothenburg ob der Tauber. Cittadina incantevole, con tortuose strade acciottolate, racchiusa in una cinta muraria tonda ed interamente percorribile sui camminamenti di guardia. L’immancabile torre regala la veduta dall’alto sulla piazza centrale. Irrinunciabile.

Salendo sulla torre di Rothenburg

Dinkelsbühl. Diciotto torri e tantissime case a graticcio dalle tinte pastello, ma il paesino sorprende soprattutto per il silenzio e l’ordine del suo centro. Anche qui la torre di Saint Georg permette di fotografare la piazza da una prospettiva diversa.

Casette a Dinkelsbühl

Nördlingen. Il paese sorge all’interno di un cratere creato dalla caduta di un meteorite. Ancora una volta la cinta muraria racchiude tutto il centro storico. Sulla Torre Daniel che signoreggia sulla piazza, ci vive tutto l’anno un guardiano. Salendo, penso che non sarebbe poi così male vivere isolati a 90 mt da terra.

"L'abitazione" più alta di Nördlingen

Harburg. È una specie di Borghetto in salsa bavarese, con due ponti sul fiume e un isolotto che ospita alcune gradevoli casette. Si visita in dieci minuti. Il pugno di case è sovrastato da un bel castello.

Il castello di Harburg

Donauwörth. Il più mediocre. Solo una strada con facciate pastello e un piccolo ponte alla confluenza tra Danubio e Wörnitz. Lo dimenticheremo alla svelta. Trascurabile.

Pastello a Donauwörth

Ausburgo. Città un po’ scarna, che mi ha in parte deluso. Paga i pesanti bombardamenti della seconda guerra mondiale, che ne hanno disintegrato la spina dorsale. Una bella piazza sulla quale si affacciano il municipio e la torre Perlachtum. La cosa più bella è il mercato Stadtmarkt dove bancarelle e chioschi si susseguono senza interruzione. Ottimo il ristorante Bauerntanz nel quartiere più tipico, il Lechviertel.

"Cupolando" ad Augsburg

Friedberg. Semplice paesotto con castello, tranquillamente tralasciabile. Si mangia un buon cervo con canederli nel ristorante della piazza centrale, che è praticamente l’unico.

Landsberg am Lech. Bellissima località sulle rapide del fiume. I vicoli collegano la bella piazza alla rive del Lech, mentre dalla parte opposta si estendono freschi prati e giardini. È un piacere passeggiarci e merita certamente una sosta.

Acqua, terra, cielo a Landsberg

Steingaden. C’è solo un’imponente chiesa, la Wieskirche che a noi è parsa uguale a duomo di Revere. Delebile.

Füssen. La conoscono tutti. Bella, ma troppo turistica. A me non piace gran che.

La Romantische Strasse non è un luogo trascendentale. I piccoli paesi sono deliziosi, ma mai irresistibili. Per capirci: se ci fosse una “strada romantica” che collega Solferino, Volta e Monzambano potrebbe essere sicuramente più pregevole. Il fatto è che in Baviera i villaggi sono sempre bene manutenuti, puliti e ottimamente serviti. Da noi un’amministrazione che fa una ciclabile in cinque anni di legislatura, sembra che compia un’impresa titanica; in Germania ogni strada provinciale è affiancata da una ciclabile, per non parlare delle reti di piste che attraversano tutte le città e i paesi. Sta qui la marcia in più dei tedeschi: nel conservare e nel promuovere al meglio i propri luoghi e le proprie risorse.

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Chiuso per ferie

Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe rimasto inascoltato l’appello al Parlamento per ridursi le ferie? Dal 5 agosto al 12 settembre. Mica male per chi solitamente lavora dal martedì al giovedì. Fatte le dovute proporzioni, è un po’ come se noi andassimo in ferie dal 4 agosto al 4 ottobre.

Per giustificare il lungo periodo in panciolle, da più parti si è addotto l’impedimento di molti parlamentari per il viaggio in Terrasanta, pianificato per i primi di settembre. Organizza Lupi, dicono. Me li immagino sul pullman che rispondono all’appello, con Lupi in piedi di spalle al lunotto anteriore, col microfono in mano che li chiama uno per uno: “Barbareschi? Presente! Bersani? Presente!”

L’anno prossimo per arrivare fino a fine settembre, ci diranno che Calderoli organizza una visita guidata all’Oktober Fest e che per rispetto… occorre andarci.

Ma dai! È andato in ferie anche il ritegno. Almeno il silenzio, qualche volta non guasterebbe.

Buone vacanze a tutti, ci risentiamo tra quindici giorni. Noi.

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Ridateci Ruggero

Lo sanno anche gli ospiti della casa di riposo “Nicolai” che gli articoli del gruppo consigliare Ingegno per Volta li scrive Ruggero. Non c’è niente di male nel ricorrere allo scribacchino, anzi… Se uno non è capace di fare una cosa, è giusto che chieda aiuto. Io ad esempio non costruirò mai un ponte da solo, né cucinerò la saint honerè senza aver prima preso lezioni di cucina, e neppure guiderò mai la motonave Andes senza aver preso la patente nautica.

Il problema è che dall’ultima lettera al direttore a firma Ingegno per Volta (pubblicata il 2 agosto sulla Gazzetta), si evince chiaramente che Ruggero è in ferie e che qualcun altro ha preso furtivamente le sue veci. Gli scritti di Ruggero, anche se poco condivisibili, sono asciutti, ordinati e ottimamente chiari. Scrive bene, e seppur macchiata da un po’ di livore, la sua ironia mi è sempre risultata gradita. Non sto scherzando, a me piacciono, mi fanno ridere davvero.

Questa lettera invece è pesantemente sciapa. Galline, P.G.T., scoperte scientifiche e NO TAV… un minestrone insipido e annacquato, che invece di mettere l’appetito spinge al digiuno. Forse l’obiettivo era fare dell’ironia, ma il colpo è uscito abbondantemente dal vaso. Gli argomenti poi… identici a quelli di due giorni fa. Repetita iuvant, potrebbero rispondermi, se solo sapessero cosa significa.

Purtroppo non ho trovato in rete la lettera per riproporla in questo spazio, e ricopiarla mi sembrava troppo. Cercatela sul giornale, merita. Contiene una specie di gioco enigmistico: due idee che gravitano in mezzo a trenta righe, senza mai congiungersi: dovete indovinare quali sono.

Un appello alla minoranza: vi prego, ridateci Ruggero. E speriamo che con la prossima lettera non dicano che l’ha rapito l’Amministrazione.

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Targhe eterne?

Se avete una vespa 50, oppure un normale ciclomotore, con immatricolazione precedente al 2006, sappiate che va sostituita la targa. Il decreto è di quest’anno e le scadenze per la sostituzione sono già definite da tempo, in base ai numeri iniziali degli attuali targhini (quelli a trapezio):

–         entro il 1/6 per i possessori delle targhe che iniziano per 0, 1, 2;

–         entro il 31/7 per i possessori delle targhe che iniziano per 3, 4, 5;

–         entro il 29/9 per i possessori delle targhe che iniziano per 6, 7, 8;

–         entro il 28/11 per i possessori delle targhe che iniziano per 9, A.

La procedura non è complessa, ma se la si conosce si evitano ricicli inutili in Motorizzazione, che già andarci una volta fa venire la borsite fulminante.

Occorre ritirare in Motorizzazione il modello TT2118 (diverso dal TT2120 riservato alle agenzie di pratiche auto) e compilarlo con i dati personali e con quelli del ciclomotore. Il modello si può scaricare anche da internet, in rete si trova agevolmente.

Sempre in Motorizzazione bisogna ritirare tre bollettini e provvedere al pagamento:

–         di 9 euro sul c/c n° 9001 intestato a: Dipartimento Trasporti Terrestri – Diritti – Roma – (per i diritti alla Motorizzazione Civile);

–         di 29,24 euro sul c/c n° 4028 intestato a: Dipartimento dei Trasporti Terrestri – imposta di bollo – Roma – (per l’imposta di bollo per la reimmatricolazione);

–         di 12,92 euro su c/c n° 121012 intestato: Sezione Tesoreria dello Stato di Viterbo – (per l’acquisto delle targhe del veicolo).

Compilato il modulo e pagati i bollettini, occorre presentare allo sportello:

–         tre ricevute dei bollettini;

–         documento d’identità e fotocopia;

–         fotocopia del codice fiscale;

–         libretto originale del mezzo;

–         fotocopia del libretto del mezzo;

–         se si esegue la pratica per conto terzi, il modulo di delega firmato dal proprietario (ritirabile sempre presso la Motorizzazione) e ovvimente tutti i documenti precedenti riferiri al proprietario e al suo ciclomotore

Così facendo ve la cavate con circa 56 euro e qualche imprecazione durante la coda negli uffici della Motorizzazione. Le agenzie ne chiedono 120-130.

Prima non c’era la targa, poi il targhino piccolo, adesso la targa grande. Ora spero di essere a posto per sempre.

Il ddl prevede comunque multe dal 13 febbraio 2012 e le sanzioni vanno da 89 a 1559 euro. Quasi come l’omicidio di primo grado.

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Armi di distruzione biomassa

Venerdì scorso ho partecipato allo spassosissimo concerto dei Di ‘n del nas a Medole. Tre ore e passa di vernacolo e buona musica. Dei grandi. L’occasione è servita per prendere coscienza che a Castel Goffredo è imminente la costruzione di una centrale a biomasse. Gulp.

Si definisce biomassa qualsiasi sostanza di matrice organica, vegetale o animale, destinata a fini energetici o alla produzione di ammendante agricolo. Raggruppa tutti i materiali di origine animale e vegetale che non hanno subito alcun processo di fossilizzazione. Sono esclusi petrolio, metano, carbone.

Queste sono le principali materie che rientrano nella biomassa

La biomassa è considerata tra le fonti rinnovabili, perché l’anidride carbonica emessa per la produzione d’energia, non rappresenta un incremento, ma è la medesima che le piante hanno prima assorbito per svilupparsi e che alla morte di esse tornerebbe nell’atmosfera attraverso i normali processi degradativi della sostanza organica. La valorizzazione energetica dei materiali organici contribuisce alla produzione di energia termica e con impianti di medie o grosse dimensioni può produrre anche energia elettrica.

Sembrerebbe una cosa pulita, ma restano forti dubbi sull’inquinamento dell’aria e sul controllo degli effettivi materiali bruciati nella centrale. E poi questa corsa alla costruzione puzza molto di business.

Il “comitato per no” ritiene inoltre che l’opera sia inutile, poiché non vi è nessuna necessità di energia aggiuntiva a Castel Goffredo, patria di calzifici ormai dismessi.

Il mio obiettivo è solamente quello di contribuire ad informare. Non so quanti a Volta sappiano che a pochi chilometri sorgerà una centrale a biomasse. Io non ho firmato la petizione del comitato, semplicemente perché non conosco ancora bene la questione. Non escludo di farlo. Se vi serve il contatto del comitato, potete cliccare qui: http://www.nocentralecastelgoffredo.it

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Il pulpito

“…col giudizio con cui giudicate sarete giudicati;
e con la misura con la quale misurate sarete misurati.
Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello,
mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio?
O come potrai dire al tuo fratello:
permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell’occhio tuo c’è la trave?
Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio
e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello”.

(Vangelo secondo Matteo 7,1-5)

Questa è una storia divertente. Non si pensi che il sottoscritto stia promuovendo facile ironia e neppure satira gratuita. Questa è una storia divertente, punto.

La Gazzetta di oggi titola a cinque colonne il conflitto d’interessi, sollevato da Impegno per Volta, nei confronti del sindaco Adami in materia di edilizia. Gli interessati risponderanno alle accuse e gli accusatori confuteranno la difesa. L’affare non mi riguarda direttamente e non intendo commentare.

dalla Gazzetta di Mantova del 20/07/2011

Non commento, dicevo. Ricordo però l’albo d’oro degli ultimi tre sindaci di Volta, dei loro incarichi in giunta e della loro occupazione professionale (così come è registrata sul sito http://volta-mantovana.corriere.it/rappresentanti.shtml )

  • 2009-oggi, Giuseppe Adami (Medico): Sindaco, Assessore ai Lavori Pubblici, Personale, Polizia Locale, Sport.
  • 2004-2009, Luciano Bertaiola (Geometra): Sindaco, Assessore ai Lavori Pubblici, Personale e Polizia Locale.
  • 1999-2004, Luciano Bertaiola (Geometra): Sindaco, Assessore ai Lavori Pubblici, Affari Generali, Rapporti coi cittadini.

Allego altresì uno stralcio del “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali” (art. 78 del dlg 267/2000), cioè della normativa vigente in materia:

Comma 3 – I componenti la giunta comunale competenti in materia di urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici devono astenersi dall’esercitare attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio da essi amministrato.

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XVI° Consiglio (14 luglio 2011)

Dovrebbe costituire reato la convocazione del Consiglio Comunale nella stessa serata di un concerto di Michele Mari. Così facendo, si mettono in difficoltà le (poche) persone dotate di coscienza: da una parte la responsabilità istituzionale che invita a non mancare tra gli scranni, dall’altra il desiderio di evadere, ascoltando le interpretazioni del novello vate.

La provvidenza deve averci messo lo zampino, perché la seduta di ieri è durata poco meno di dieci minuti. Record nazionale, presumo.

All’ordine del giorno l’approvazione del Piano Regolatore per l’Illuminazione Pubblica e una variazione di bilancio attinente allo stesso argomento. La spesa per l’acquisizione della quota di impianti d’illuminazione di proprietà di EnelSole, stimata inizialmente in 100.000€, sarà invece di 36.000, per la gioia dei contribuenti. Voto unanime, dibattito esanime e tutti a vedere il concerto (in realtà solo io, ma fa lo stesso).

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Marmoleda

Il nome Marmolada potrebbe derivare dal greco “marmairo”, che significa “risplendo”, “brillo”. Gli abitanti della Val di Fassa, però, parlano il ladino, lingua nobilissima che meriterebbe una digressione a parte, ed il ghiacciaio lo chiamano “Marmoleda”. Probabilmente anche quelli di Modena lo chiamano allo stesso modo, Marmoleda, anche se non sanno cosa sia il ladino.

La leggenda narra di una vecchietta, che sfidò le usanze e osò raccogliere il fieno nel giorno dedicato alla festa della “Madonna della Neve”, il 5 agosto. La notte seguente nevicò a tal punto da formare un ghiacciaio perenne, sotto il quale giacerebbe tuttora l’irrispettosa vecchietta col suo carico di fieno.

Etimologia e fiaba, per raccontare un luogo indiscutibilmente unico. La Marmolada è la cima più alta delle Dolomiti, il ghiacciaio per eccellenza. Tra qualche anno non esisterà più, perché il surriscaldamento del pianeta ne riduce quotidianamente i confini. È quindi indispensabile visitarla prima che sia troppo tardi.

Ci si accede coi ramponi, camminando lentamente fino alla vetta di Punta Penia, a 3343 mt. Un’esperienza stupenda. Per eccesso di zelo, siamo saliti in rigorosa cordata. Una salita faticosa, ma non estrema, anche se a tremila e passa metri la respirazione diventa un po’ più complicata. Lo sforzo per trovare nuovo ossigeno è però ripagato dal panorama della cima: di fronte il Sasso Lungo e il Piz Boè, più là il Catinaccio e dall’altra parte le Tofane e il Pelmo. Vale la pena salirci.

In cordata sulla cresta

Bellimbusto tra Sasso Lungo, Sasso piatto (a sx) e Piz Boè (a dx)

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