C’erano un napoletano, un tedesco e un russo
“Parliamoci chiaro.
Ho sempre temuto questa frase,
che non è mai un invito alla trasparenza,
ma l’apertura delle ostilità”
(G. Pontiggia)
Un napoletano che propone un contratto alla tedesca è senza dubbio l’annuncio più divertente di queste consultazioni. Ma non biasimo Di Maio. Il Movimento Cinque Stelle si è sempre proclamato alternativo a chiunque, decantando questa superiorità esclusiva come un mantra assoluto. Diventa dunque impossibile rinunciare a questa specificità e scendere a patti con i partiti del ”sistema”. In un organismo proporzionale, però, per governare occorre giocoforza scendere a compromessi con altri. Ecco dunque il colpo di teatro del contratto alla tedesca. Un’idea che permette di salvaguardare l’unicità del movimento e al contempo di cercare una gruccia per accedere all’esecutivo, senza perdere la faccia prima delle imminenti elezioni amministrative. È chiaro, però, che se avesse davvero letto il “contratto” della Grosse Koalition tedesca, se ne sarebbe guardato bene dal proporlo alla realtà italiana. Ci hanno messo sei mesi di lavoro, diciotto commissioni, quasi duecento pagine di programma, per pianificare gli interventi di governo dei prossimi anni. E sono tedeschi. Noi siamo italiani e amiamo piuttosto brancolare nel torbido.
Con la crisi siriana alle porte, sembra tuttavia finito il tempo degli indugi e ciascuno dovrà decidere davvero cosa fare. Dicano innanzitutto Grillo e Salvini, apertamente autodichiarati filo Putin, se intendono vietare l’utilizzo americano delle basi italiane. Ammesso, e non concesso, che sappiano di cosa si sta parlando.
Al voto al voto
“Se i partiti non rappresentano più gli elettori, cambiamoli questi benedetti elettori”
(C. Guzzanti)
Per la prima volta nella mia vita, cercherò di esprimere con chiarezza le motivazioni che mi porteranno al voto delle imminenti elezioni politiche.
Non voterò per il Partito Democratico. Per delusione, disinganno, frustrazione. Il Pd di Renzi avrebbe potuto davvero rappresentare il rilancio di un’idea progressista e moderna, la rottamazione di vecchi vizi congiunta al perseguimento di ideali nobili. Invece è stato il contrario. In un solo lustro, è riuscito nell’improvvido compito di annientare il suo partito, trascinandolo nel baratro dell’oblio attraverso un delirio di immotivata onnipotenza. Ha rincorso i fantasmi e i mal di pancia della destra, nel vano tentativo di ampliare contro natura il bacino di consenso. Ha tenuto in vita Berlusconi e il suo partito, regalandogli una seconda verginità. Nessuna destra ha mai osato retrocedere nei diritti dei lavoratori quanto il suo jobs act. Altre colpevoli e pesanti omissioni in materia di diritti civili e di immigrazione completano un quadro disastroso. Alfano Ministro dell’Interno, rapporti personali con le banche, moderni slogan come “aiutiamoli a casa loro” sono solo alcuni degli imbarazzanti biglietti da visita mostrati negli anni. Oggi chi lo vota lo fa “per la ditta” o perché le alternative sono peggiori. Siamo molto lontani dai sogni di gloria e buon governo di cinque anni fa.
Non voterò per Liberi e Uguali. I dissidenti del Partito Democratico hanno perso l’occasione di scegliere l’inequivocabile discontinuità col passato. Anziché prediligere un leader giovane e illuminato, hanno preferito rimestare nel pentolone della nostalgia. Vecchie cariatidi accanto ad obsoleti vessilli, fuori moda, fuori tempo, fuori gioco.
Non voterò Movimento Cinque Stelle. Non tanto per la conclamata e preoccupante mancanza di esperienza, conoscenza, capacità, che già di per sé costituisce un pesante gavitello. Io sarei anche disposto ad attendere dieci anni per una classe dirigente in fieri, onesta, concreta e lungimirante. Baratterei volentieri l’incompetenza totale di oggi con la capacità avveduta ed illuminata di dopodomani. Ma il problema, ahimè, appare ancor più grave. Non si può fare politica senza princìpi, senza etica, senza dottrina. Non si può fare politica senza un’ideologia fondante, una bussola. Con un programma si può amministrare, certo. Con un programma, e senza un’ideologia costituente, si può amministrare bene una città, ma fare politica è ben’altra cosa. Non bastano i populismi ed il buonsenso. Nella vita non è sufficiente saper guidare bene per arrivare lontano. È necessario avere ben chiara la metà, l’itinerario da percorrere, le tappe da raggiungere e gli ostacoli da evitare. Per fare politica occorre avere le idee chiare sui temi che pregnano il mondo. Dall’immigrazione all’Europa, dai diritti civili alle politiche economiche, dagli scenari internazionali ai vaccini… Su tutto questo, ed altro ancora, il Movimento non sa dove girarsi. Non ha una posizione certa e ponderata, non ha una linea univoca ed indiscutibile perché si fonda “contro” qualcosa, non “per” qualcosa. Demagogia, slogan facili e critica aprioristica hanno da sempre le gambe molto corte. E poi purtroppo “uno non vale affatto uno”. L’efficienza non scaturisce dall’eguaglianza indiscriminata, ma piuttosto dal merito e dalla selezione. La democrazia esasperata della rete è utile ad infiocchettare la finzione di una politica che parte dall’ultimo dei cittadini, ma non produrrà mai efficienza. Rivedo nelle urla antisistema dei Cinque Stelle le proteste della vecchia Lega. Bravi e convincenti di fronte ai muri da abbattere. Senza secchi, malta e cemento quando si tratta di costruire davvero.
Non voterò per Forza Italia. Ora che di fianco a Berlusconi la parola “Mafia” ha sostituito pesantemente quella di “conflitto d’interessi”, fatico a spiegarmi cosa possa spingere un elettore a scegliere il redivivo. Per vent’anni ha perseguito unicamente gli interessi personali, negando all’Italia la nascita di una destra moderata, moderna, riformista ed europea che avrebbe contribuito ad una virtuosa alternanza.
Non voterò per la Lega e neppure per Fratelli d’Italia. Il motto “prima gli italiani” è quanto di più superficiale e demagogico possa esistere. La mia formazione, prima dei preti, poi dell’università, mi ha insegnato che essere italiano non è un merito, semmai una fortuna. E ho imparato sui libri che le politiche nazionaliste non sono mai buone.
E dunque? Cosa rimane? Nulla o poco più.
Nella piena consapevolezza di gettare il voto, sceglierò Più Europa di Emma Bonino. Lo farò perché in questo periodo mi stanno a cuore i temi del fine vita e del testamento biologico. Argomenti sui quali solo Emma Bonino si è mostrata da sempre chiara ed inequivocabile. Probabilmente non arriverà in Parlamento, ma almeno la mia coscienza è salva.
L’inverno caldo
“I giochi dei bambini non sono giochi,
e bisogna considerarli come le loro azioni più serie”
(M. De Montaigne)
La cosa più bella di un doppio weekend sulla neve è stata giocare con Gabry. Rimango ogni volta esterrefatto per come interpreta il divertimento. Mi stupiscono le sue scelte originali ed inconsuete, tipiche dello sguardo semplice e genuino di un bambino. Io scenderei dalle scarpate col bob, lui invece pretende di lanciarlo in discesa vuoto, senza passeggeri. Io scaglierei ovunque le palle di neve, lui adora raccoglierle e collezionarle gelosamente.
Sono stati giorni di sole, di quelli belli. Ovunque il bianco accecante della neve, sotto un cielo che più azzurro non si può. A Folgaria abbiamo scoperto la tranquillità del Passo del Tuono, appena dopo il caotico Passo Coe. Si fa sci di fondo, ma è abbastanza agevole trovare spazio per giocare con i bimbi al sole.
A Cavalese abbiamo invece trovato stupendo il Passo Oclini, poco dopo Passo Lavazzè. Tra Corno Bianco e Corno Nero si estende un piccolo comprensorio sciistico con agevoli impianti di risalta anche per slitte. Da qui parte un tragitto in falsopiano che porta in meno di un’ora allo splendido Rifugio Gurndin, dove si mangia magnificamente.
Per la sera, a Cavalese segnalo l’ottimo ristorante Costa dei Salici.
Per una volta, un inverno caldo.
Due Bale
“È il mio corpo che cambia nella forma e nel colore è in trasformazione”
(Litfiba, Il mio corpo che cambia)
Uno dei miei attori preferiti è Christian Bale. Al di là dei film e delle sue capacità interpretative, mi intriga essenzialmente per due motivi.
Il primo è che rientra tra quelle persone alle quali mi piacerebbe assomigliare se potessi scegliere il mio aspetto fisico. È un gioco stupido, ma spesso mi ritrovo a ad osservare la gente, personaggi famosi o individui qualunque, e mi chiedo se farei un cambio nell’aspetto fisico. Ecco, con Christian Bale farei volentieri il cambio.
Il secondo è che ha una dota particolarissima, spaventosa e senza eguali. È in grado di ingrassare e dimagrire a comando in maniera impressionante. Lo fa per esigenze di scena, per interpretare i vari ruoli, ma fa davvero paura.
Eccolo in tre immagini assolutamente vere: com’è solitamente, da magro e da grasso.
Insaccati
“Prodotto prodigioso la spazzatura: basta non fare nulla e si riproduce da sé”
(P. Caruso)
Proprio mentre il paese si appresta a combattere l’imminente gelo della merla, continua l’eroica ed incessante battaglia del Pd per perdere voti. Proprio non ne vuol sapere di vincere le prossime elezioni.
Dal primo gennaio dobbiamo obbligatoriamente utilizzare e comprare i sacchetti biodegradabili per frutta, verdura e alimenti sfusi in genere. Esatto: per rifornirsi di banane dovremo giocoforza acquistare un sacchetto bio e poi buttarlo. E magari, se la bilancia non è programmata per scorporarne il peso, pagarlo due volte: la prima come tara della frutta pesata, la seconda esplicitamente come contenitore della merce (“le borse di plastica non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d’acquisto delle merci”).
I sostenitori del Governo si giustificano millantando che il provvedimento recepisce la Direttiva Europea 2015/720/UE, per la riduzione di plastiche dannose per l’ambiente. Tale direttiva, però, esclude da ogni obbligo le borse di plastica in materiale ultraleggero, quelle utilizzate appunto per frutta e verdura (si legga l’articolo 1 comma 2/a, che al proposito è cristallino).
Il Ministero dell’Ambiente ha poi dichiarato che per motivi igienici i sacchetti non potranno essere portati da casa, né riutilizzati. Ed è paradossale che per aiutare l’ambiente non si possa riciclare il medesimo sacchetto, né utilizzare borse personali di carta o di tela. Viene da pensare che molti preferiranno acquistare prodotti preconfezionati in vaschette di polistirolo. L’ambiente (non inteso come ministero) sentitamente ringrazia.
C’è di più. In barba al libero mercato, il legislatore ha anche fissato il prezzo dei sacchetti. Ha anche stabilito che dovrà pagarli sempre il consumatore, imponendo una multa ai supermercati che malauguratamente li mettessero a disposizione gratuita dei clienti (articolo 9-bis della Legge di conversione 123 del 3/8/2017).
Le malelingue parlano di un regalo alla Novamont, azienda leader nella produzione del materiale bio per sacchetti, che detiene l’80% del mercato italiano. Lo dicono perché la sua amministratrice delegata era tra gli oratori della Leopolda renziana, ed è stata poi nominata dal Ministero dell’Economia presidente di Terna, impresa che gestisce le reti dell’energia elettrica. Pettegolezzi, si capisce. Mai trarre conclusioni troppo affrettate. Mai dire gatto, se non ce l’hai… nel sacco.
Ius sola
“Se per te è impossibile vivere SOLO, sei nato schiavo”
(F. Pessoa, Il libro dell’inquietudine)
Non è vero che a Natale siamo tutti più buoni. Il cosiddetto “Ius soli temperato” non ha superato l’esame della carità natalizia ed è rimasto esanime tra le polveri del Senato. È evidente che nonostante quel “temperato”, la proposta mal si confaceva al freddo di questo periodo. Sono mancati i voti, perché oltre agli schieramenti di destra, erano assenti il Movimento Cinque Stelle ed una trentina di senatori del Partito Democratico.
Proprio il Partito Democratico ha perso l’occasione di prendere una posizione chiara, distinta e univoca su un tema storicamente collocato a sinistra. Non è stato in grado di farlo, perché non è un partito chiaro, non è distinto, non è univoco e non è a sinistra.
Il Movimento Cinque Stelle ha anch’esso sviato l’ostacolo e non è dato sapere quale posizione ufficiale occupi di fronte ad un tema così attuale ed impellente.
La verità è che l’argomento appare impopolare, soprattutto sotto elezioni. Basterebbe spiegare che non c’è alcun nesso con l’immigrazione clandestina, ma ciò richiederebbe impegno ed onestà intellettuale. Un esempio lampante di come le emozioni popolari condizionino le scelte legislative.
Colpa di tutti e di nessuno, come sempre. Colpa degli assenti, colpa del freddo, colpa soprattutto dell’influenza, non intesa come malattia.
Luce su Lucia
Posted by Giullare in Cose di paese on 13 dicembre 2017
“Santa Lucia bella
dei bimbi sei la stella
pel mondo vieni e vai
e non ti fermi mai”
(Filastrocca popolare)
Oggi Gabriele festeggia la sua prima vera Santa Lucia “consapevole”. Non è il primo anno che allestiamo l’arrivo di Lucy e del suo asinello, ma è certamente la prima volta che ciò avviene nella piena e vigile cognizione del nostro bimbo, che ora di fronte all’evento inizia a capire, desiderare, attendere, fremere, gioire.
Abbiamo rispettato i dettami del rituale classico, o almeno… di quel rituale che si inscenava a casa mia e che mi persuado essere il più fedele alla tradizione.
Scampanellate e piccoli doni nelle sere precedenti, giusto per accrescere l’attesa e plasmare il mito. La sera del 12 dicembre, allestimento di libagioni per l’asinello (carote, pane, biscotti), per trasmettere bontà e magnanimità nei confronti del regno animale sempre vessato e servizievole. Pressioni psicologiche in stile Guantanamo per guadagnare presto il letto e addormentarsi nella trepidante attesa di un mondo nuovo all’indomani.
Una liturgia che si consuma pressoché uguale in tutte le famiglie di Volta, di Mantova, di Verona, poiché questo è quello che si conosce di Santa Lucia e della sua generosa folata di regali. Pochi invece conoscono l’origine della tradizione, che affonda i piedi un po’ nella storia e molto nella leggenda.
Siamo a Verona, in un inverno qualunque alla fine del XIII° secolo. Una grave epidemia colpisce gli occhi di molti bambini. La città, impotente di fronte agli insuccessi della medicina, chiede una grazia con un pellegrinaggio a piedi scalzi alla chiesa di Santa Lucia, protettrice degli occhi. Data la rigida temperatura, i bambini inizialmente si lamentano e rifiutano. I genitori promettono allora giochi e dolci, come ricompensa tangibile per il duro pellegrinaggio da compiere. La leggenda vuole che a processione conclusa, l’epidemia venga sbaragliata. Da allora inizia la tradizione di portare ogni anno i bimbi in chiesa il 13 dicembre, per ricevere una benedizione agli occhi. La sera prima rimane l’usanza di aspettare la Santa e, con essa, i doni che si portò appresso.
Dal ‘700 in Svezia si festeggia il giorno di Santa Lucia, come passaggio delle ultime due settimane di Avvento. La mattina del 13 dicembre, la primogenita femmina si veste di bianco con una corona di rami e candele e porta la colazione a letto ai genitori.
Questione di vita o di morte
“Allo stesso modo che la morale ordina: ‘Non ucciderai’, oggigiorno essa ordina: ‘Non morirai’”
(J. Baudrillard, Lo scambio simbolico e la morte, 1976)
Si sta tenendo in questi giorni il processo a Marco Cappato, imputato di aiuto al suicidio per aver accompagnato dj Fabo a morire in una clinica svizzera.
La vicenda giudiziaria è un po’ paradossale perché si dondola tra due norme assurdamente contrastanti. L’articolo 580 del Codice Penale datato 1930 recita che “Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni”. L’articolo 32 della Costituzione sancisce però che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge” (es. vaccinazioni) e dunque esclude qualsiasi obbligo a curarsi, ammettendo piuttosto il diritto a non curarsi.
Paradossalmente, dunque, un malato può chiedere di sospendere una cura e morire di stenti, ma non può chiedere l’eutanasia.
Sull’argomento, ostico e intimo, ognuno può pensarla come vuole. Per prendere posizione occorre fare i conti con la cultura che abbiamo alle spalle, con le esperienze che viviamo, con i valori che abbiamo fatto nostri. Mi limito tuttavia a fare due considerazioni.
La prima: appare evidente ed oggettivo che questa contraddizione legislativa vada in qualche modo sanata, da una legge, da una sentenza, da un indirizzo. Qualcosa occorre fare, è questione di vita o di morte.
La seconda: la grande dignità e la grande forza d’animo che hanno spinto la fidanzata e la madre a deporre in tribunale meritano profondo rispetto. Hanno senz’altro rivissuto il dolore e lo strazio di una perdita importante, superando l’ultimo ed intimo velo della riservatezza privata. Per questo, comunque la si pensi, meritano profonda ammirazione e riflessione.
Nuovamente New York
“Esco dal taxi ed è probabilmente l’unica città che in realtà sembra migliore rispetto alle cartoline”
(M. Forman)
Me l’ero detto subito che New York avrebbe meritato una visita all’incirca ogni cinque anni. È forse la città in assoluto che più sfugge ad ogni sommaria caratterizzazione, poiché risulta complicato descriverne i tratti distintivi e le peculiarità. Impossibile spiegare con semplicità perché piaccia così tanto o perché valga veramente la pena andarci.
Quello della scorsa settimana è stato il mio terzo viaggio nella Grande Mela. Non so, mi piace l’atmosfera che si respira, la sensazione che si prova nel viverla e nel riconoscere ovunque le scene dei film, quel piacere strano che suscita lo stile americano. E mi è parsa più pulita e più verde, più vivibile. Come se la persona si trovasse più al centro.
Non ci sono, e non ci saranno mai, monumenti e luoghi che possano concorrere con la bellezza di quelli europei. Ma l’ascesa alla Freedom Tower è qualcosa che non si dimentica. Saliti in cima si resta senza respiro e l’emozione stringe il cuore, lasciando quasi spazio alla commozione. L’hanno pensata davvero bene questi americani… Vedere la vastità di Manhattan da 540 metri non lascia indifferenti. È certamente la cosa più emozionante e sensazionale che ho visto in questo viaggio.
Almeno un pizzino
“Era un uomo così antipatico che dopo la sua morte i parenti chiedevano il bis”
(Totò)
A poche settimane dalle elezioni siciliane, è morto ieri il più longevo ed imponente presidente della Regione Sicilia.
Totò Riina se ne va alla veneranda età di ottantasette anni, ventiquattro dei quali trascorsi al 41bs.
Con lui vengono seppellite molte risposte e molti nomi. Così come avvenne per molti politici (penso a Cossiga, Adreotti, Craxi e tanti altri), occulti registi di vicende tragiche e nuvolose, perderemo per sempre la possibilità di conoscere importanti verità.
Quando finiscono queste esistenze, spero sempre che i protagonisti abbiamo lasciato le loro conoscenze in un cassetto. Appunti, confessioni, rivelazioni. E spero sempre che un figlio, un parente, un amico fidato ne confezioni una pubblicazione, possibilmente senza filtri e senza manipolazioni. Purtroppo però, ciò non avviene mai.