Lezione di francese


Trovo che l’equidistanza e la scelta di non schierarsi manifestate da Bayrou alla vigilia del ballottaggio per le elezioni francesi riservi qualcosa di pedagogico per la classe dirigente italiana. Con tutti i distinguo del caso, il panorama d’oltralpe presenta non poche analogie con lo scenario italiano degli ultimi anni. Lo schieramento di Sarkozy, uomo d’affari con le mani nel mondo dei media, suscita timori reali sui futuribili conflitti d’interesse e sembra mostrare un occhio di riguardo solo per il ceto più abbiente. Quello di Ségolène Royal, a matrice più democratica e sociale, ha mostrato molto immobilismo nelle occasioni passate e oggi accende parecchie incertezze per la profonda propensione statalista.
Come in Italia, abbiamo dunque una grossa baleniera bipolare spuria (perché contornata da numerosi altri partitucci) dove i due marinai più grossi si contendono vicendevolmente la guida, appoggiati da equipaggi diversi. La differenza sostanziale sta nel fatto che il terzo incomodo Bayrou, a capo dello schieramento di centro, non solo ha rinunciato a fare alleanze pre-voto con uno dei due candidati (assicurandosi di fatto la vittoria), ma ha anche evitato di “vendere” i propri voti al miglior offerente del ballottaggio. Ha lasciato libertà di coscienza a sette milioni di elettori, rifiutando da ambo le parti ministeri promessi e praticamente certi. Almeno a fatti sembra dunque anteporre gli ideali al vile tornaconto di bottega. Una bella lezione per i centristi italiani, pronti a voltare la gabbana ad ogni stagione e ad allearsi con chiunque possa promettere loro il più misero tozzo di pane.

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