Chi mal comincia


Per approntare un giudizio sull’assortimento della nuova squadra di Governo, bisognerebbe scindere l’aspetto della politica berlusconiana da quello del management scelto. Occorrerebbe cioè prescindere dalla filosofia e dall’indirizzo politico che hanno ispirato, ispirano e ispireranno le scelte del Cavaliere. Non perché la linea politica non abbia rilevanza, anzi!, ma piuttosto perché l’ovvio giudizio negativo su di essa pregiudicherebbe qualsiasi parere sulla scelta delle persone. Se infatti giudicassimo i nomi scelti, misurando la forma e la sostanza della politica forzista, incapperemmo nell’errore di bocciare chiunque, anche se fossero stati dodici premi nobel a giurare oggi di fronte a Napolitano. Insomma per produrre un’opinione oggettiva occorre mettere da parte la logica aberrante che sottostà al berlusconismo.
Fatta questa premessa, e fatta quest’azione di scissione intellettuale, i venti nomi usciti ieri sera dalla conferenza stampa del neo premier restano comunque poca cosa.
Assurdo criticare a priori tutte le nomine: la gran parte dei ministri è neofita, poco più che svezzata alla politica. Possiamo criticarne l’inesperienza o lodarne la freschezza, ma ogni giudizio serio deve essere sospeso, in attesa di azioni e movimenti pratici. Frattini, Sacconi e le ministre varie non convincono, ma ci spingono a congelare ogni responso.
Tra il popolaccio della Lega, Maroni è il personaggio più competente, compassato, mansueto e affidabile. Personalmente, avendo pochissimi pregiudizi di sorta, lo vedo con un barlume di ottimismo. Tra lui e i Calderoli di turno non c’è paragone: di questo gli va dato onestamente atto.
Invece non può essere benvista l’ulteriore investitura di Tremonti. Per la carica ricoperta, la sua nomina è forse la più ingombrante e imprudente: ne avremmo fatto volentieri a meno. Anche Scajola, La Russa, Matteoli lasciano alquanto perplessi. Il ricorso a qualche luminare tecnico avrebbe dato maggior lustro, spessore e midollo. Invece niente.
L’ultimo gradino della scala è occupato dal ministero dei Beni Culturali. Forse sta proprio qui il biglietto da visita del Governo: se non c’erano teste migliori di quella di Bondi, prepariamoci al peggio.

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