Il ricordo della Bigia


Conserverò a lungo un ricordo simpatico della nonna Bigia. Sempre seduta nel giardino di casa, a guardare le persone che passavano nel viale. Sempre più numerose a causa della viabilità modificata, e forse sempre più veloci per i suoi occhi ormai anziani.
Ho nel cuore, prima ancora che nella mente, il suo risotto ai quattro formaggi, cucinato la vigilia di Natale di quindici anni fa. Nell’edizione “0” del nostro Opus Day, fu lei a preparare il primo piatto. Ci mise tutta la fatica e l’orgoglio accumulati in più di novant’anni (allora) e impiegai diversi giorni per digerire la pesantezza del suo sforzo. Ma fu come un sottile passaggio di consegne culinarie, da una generazione all’altra. Dall’anno dopo, infatti, iniziammo con l’edizione numero “1”, a cucinare da soli.
La ricorderò seduta sulla sedia, con la coperta sulle ginocchia, a godersi il fresco dei castagni ed il riposo di una vita lunghissima. Centoquattro anni di storia di Volta… avrebbe potuto scrivere un’enciclopedia.
Negli anni in cui frequentavo assiduamente il Tui, mi recavo a casa sua e lei fungeva da efficace receptionist. Fissava intensamente la mia vespa e non appena spegnevo il motore, lapidaria mi liquidava: “Èl Marco èl gh’è mia”. Aveva uno sguardo lucido e sottile, di quelli che puntano lontano e non lasciano scappare nessun particolare. Trasmetteva un’idea di meritata tranquillità. Buon riposo, nonna Bigia.

  1. #1 by Michele Mari at 5 agosto 2008

    Nonostante fosse mia parente, non ho mai avuto modo di conoscere la Bigia.
    Quelle volte che l’ho vista, mi è sempre sembrata una quercia.

(non verrà pubblicata)

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