L’etica della dissimulazione


Dopo l’Avvenire e Libero, anche l’Osservatore Romano prende posizione sull’interessante dibattito dei moralisti-scrittori. Ci mancava.

Tutti a dire che usi e costumi dei politici non inficiano la loro azione, ma tutti appassionatamente attratti dall’ultimo gossip o dalla piccante polemica di fine estate.

Nulla di male, per carità. Però diradiamo un po’ la nube dell’ipocrisia. Nell’occidente dove i capi di Stato saltano per aria più per gli scandali sessuali (vedi Clinton) che per i reati tradizionalmente intesi (furto, corruzione, concussione), l’opinione pubblica gioca un ruolo fondamentale nel decretare la salvezza o la condanna dell’uomo politico. Il giudizio morale del cittadino comune vale più del suo stesso voto. In quest’ottica è sacrosanto esprimere un parere ed anche azzardare un giudizio: libera opinione in libero stato.

Questa però non è una lotta tra Chiesa e Stato, tra laici e cattolici, tra neoguefli e neoghibellini. È una gara a chi fa più rumore, a chi urla di più, a chi sposta maggiormente l’attenzione da altri problemi.

Sfogliando il giornale di oggi leggo di UE che chiede spiegazioni sulla politica all’immigrazione, di amianto alla Scala, di elezioni politiche in Germania ed in Giappone, di inflazione che sale… Roba un po’ più seria di Boffo e Feltri. Roba su cui potrebbero pronunciarsi gli stessi interlocutori (vescovi in primis) che oggi blaterano insistentemente di filosofia morale.

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