La famiglia trapezoidale


“E se gó de dila töta, il futuro che vorrei
è un bel mondo dove i bimbi i va töcc a fa i famèi”
(Di ‘n dèl nas, Ninna nanna del babbo)

Le argomentazioni che ho letto e sentito in questi giorni contro l’approvazione del famigerato ddl Cirinnà si basano unicamente su due principi. Il primo è costituito dall’ignoranza della questione, intesa come confusione e inconsapevolezza dei contenuti effettivi del provvedimento. II secondo è rappresentato dalla paura di una fantomatica deriva dei costumi sociali, orribile preludio ad una società immorale o, peggio ancora, amorale.
In primis. Il testo Cirinnà disciplina le unioni civili, creando un nuovo istituto anche per coppie dello stesso sesso. Nella bagarre dei mille dibattiti, il trambusto e la strumentalizzazione hanno spostato la disputa unicamente su diritti degli omosessuali, anche se la proposta di legge riguarda sia omo che etero.
Il disegno prevede che due persone, con un legame di coppia e che vivono insieme sotto lo stesso tetto, abbiano gli stessi diritti dei coniugi per quanto riguarda la reciproca assistenza in carcere e in ospedale, l’accesso alle informazioni sanitarie, la permanenza nella casa di famiglia in caso di morte del partner, l’assegno di mantenimento, l’unione o la separazione dei beni, la reversibilità della pensione. Viene estesa alle unioni civili anche la cosiddetta stepchild adoption, ossia l’adozione, da parte di entrambi gli individui, del figlio biologico di uno solo dei due genitori, adozione peraltro già disciplinata dalla legge. Il nuovo istituto dell’unione civile si sottoscrive di fronte a un ufficiale di stato civile, alla presenza di due testimoni e con iscrizione in un registro comunale.
Il disegno di legge non introduce alcuna modifica alla normativa della fecondazione assistita e della fecondazione eterologa.
In secundis. Un punto che forse non è chiaro, ma che è fondamentale per farsi un’opinione, è che la legge aggiunge diritti a qualcuno, senza togliere diritti a nessun altro. Se ci si pone in quest’ottica si può ben comprendere che chi crede nella sacralità del vincolo familiare e nel valore della famiglia tradizionale, può continuare a farlo: il decreto non introduce alcuna coercizione ed alcun annullamento di istituti giuridici esistenti.
Troppe sfaccettature, la vera paura è quella di passare dalla famiglia tradizionale a quella trapezoidale.
Occorre però anche intendersi sul significato di “tradizionale”. È tradizionale la mia famiglia, basata sul matrimonio di un uomo ed una donna che hanno messo alla luce un figlio? O è più tradizionale la famiglia del mio bisnonno, che sotto uno stesso tetto ospitava cinque figli, una nuora e un genero, svariati nipoti e qualche famèi? Oppure, andando ancora più indietro, è più tradizionale la tribù di Elitovio, che, a detta di Livio, condusse i Celti a Mantua qualche anno più indietro? È evidente che il concetto di “tradizione” muta col passare del tempo.
Molti infine lanciano anatemi sulle difficoltà di crescita dei bambini con due genitori dello stesso sesso. La frase più inflazionata: “i bambini devono avere un padre e una madre”. La Repubblica ha parlato di “Esperti divisi” e Il Giornale, riprendendo una vaga dichiarazione del presidente della Società Italiana di Pediatria ha titolato “possibili danni ai figli”. In realtà è noto come a livello mondiale gli esperti siano in gran parte d’accordo sul fatto che non ci siano differenze nei bimbi cresciuti in una famiglia omogenitoriale.
E di questo passo dove arriveremo? Non lo sappiamo, di certo in nessun baratro buio, come dimostrano i paesi dal welfare più evoluto, che hanno introdotto normative simili già da diversi decenni. Si tratta di fenomeni sociali inarrestabili, che conviene a tutti regolare e normare.
Poi se cadono sia le obiezioni normative, che quelle culturali e scientifiche… resta ben poco.
famèi

  1. #1 by mauro at 22 febbraio 2016

    ma io che non ho studiato inglese non trovo particolare difficoltà a pronunciare “stepchild adoption”. Leggendolo poi è tutto più semplice. Ma sentendo alcuni interventi al Senato della Repubblica Italiana nasce qualche preoccupazione sulla base culturale dei suoi componenti.

(non verrà pubblicata)

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