Dilettanti allo sbaraglio


Dilettante: pubblica calamità che scambia il gusto con il talento e confonde la sua ambizione con le sue capacità effettive

(A.G. Bierce)

L’orizzonte estero di un soggetto politico, la sua weltanschauung internazionale, dovrebbe essere pressoché immutabile nel tempo. Uno dei pilastri fondamentali, granitici ed inossidabili, imposti dal “fare politica”, è rappresentato dalla chiarezza e soprattutto dalla certezza della visione in politica estera. Non lo richiede il bon ton delle istituzioni o dei rapporti internazionali, né il decalogo del perfetto politicante. Lo prescrive il buonsenso e lo conferma la storia. La politica estera di un soggetto rappresenta la sua identità: il modo di rapportarsi alle dinamiche internazionali individua i tratti distintivi di una partito, di un governo, di un movimento.

Quanto è accaduto nei giorni scorsi al Movimento Cinque Stelle sarebbe semplicemente paradossale, se non fosse indicativo di un vizio genetico molto più grave: la mancanza di un’identità precisa e profonda. Passare in ventiquattrore da euroscettici ad europeisti convinti non è esattamente un mutamento di visione politica. Significa sconfessare, rinnegare, abiurare il proprio genoma. Significa non averne uno.

Il programma dei liberali europeisti dell’Alde è agli antipodi di quello antieuropeista di Grillo. Nell’Alde ci sta Mario Monti, per capirsi. E su questa scelta, demandata irresponsabilmente e superficialmente alla rete, non ci sono giustificazioni di opportunità politica che reggano. “Dilettanti allo sbaraglio”, potremmo speditamente sentenziare. Ma il dramma è ben più grave. Che affidabilità può avere un movimento che non sa dire se crede o non crede nell’Europa, che chiede agli iscritti se bisogna stare da una parte o dall’altra della barricata fondamentale? Ve lo dico io: nessuna.

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