Al voto al voto


“Se i partiti non rappresentano più gli elettori, cambiamoli questi benedetti elettori”
(C. Guzzanti)

Per la prima volta nella mia vita, cercherò di esprimere con chiarezza le motivazioni che mi porteranno al voto delle imminenti elezioni politiche.

Non voterò per il Partito Democratico. Per delusione, disinganno, frustrazione. Il Pd di Renzi avrebbe potuto davvero rappresentare il rilancio di un’idea progressista e moderna, la rottamazione di vecchi vizi congiunta al perseguimento di ideali nobili. Invece è stato il contrario. In un solo lustro, è riuscito nell’improvvido compito di annientare il suo partito, trascinandolo nel baratro dell’oblio attraverso un delirio di immotivata onnipotenza. Ha rincorso i fantasmi e i mal di pancia della destra, nel vano tentativo di ampliare contro natura il bacino di consenso. Ha tenuto in vita Berlusconi e il suo partito, regalandogli una seconda verginità. Nessuna destra ha mai osato retrocedere nei diritti dei lavoratori quanto il suo jobs act. Altre colpevoli e pesanti omissioni in materia di diritti civili e di immigrazione completano un quadro disastroso. Alfano Ministro dell’Interno, rapporti personali con le banche, moderni slogan come “aiutiamoli a casa loro” sono solo alcuni degli imbarazzanti biglietti da visita mostrati negli anni. Oggi chi lo vota lo fa “per la ditta” o perché le alternative sono peggiori. Siamo molto lontani dai sogni di gloria e buon governo di cinque anni fa.

Non voterò per Liberi e Uguali. I dissidenti del Partito Democratico hanno perso l’occasione di scegliere l’inequivocabile discontinuità col passato. Anziché prediligere un leader giovane e illuminato, hanno preferito rimestare nel pentolone della nostalgia. Vecchie cariatidi accanto ad obsoleti vessilli, fuori moda, fuori tempo, fuori gioco.

Non voterò Movimento Cinque Stelle. Non tanto per la conclamata e preoccupante mancanza di esperienza, conoscenza, capacità, che già di per sé costituisce un pesante gavitello. Io sarei anche disposto ad attendere dieci anni per una classe dirigente in fieri, onesta, concreta e lungimirante. Baratterei volentieri l’incompetenza totale di oggi con la capacità avveduta ed illuminata di dopodomani. Ma il problema, ahimè, appare ancor più grave. Non si può fare politica senza princìpi, senza etica, senza dottrina. Non si può fare politica senza un’ideologia fondante, una bussola. Con un programma si può amministrare, certo. Con un programma, e senza un’ideologia costituente, si può amministrare bene una città, ma fare politica è ben’altra cosa. Non bastano i populismi ed il buonsenso. Nella vita non è sufficiente saper guidare bene per arrivare lontano. È necessario avere ben chiara la metà, l’itinerario da percorrere, le tappe da raggiungere e gli ostacoli da evitare. Per fare politica occorre avere le idee chiare sui temi che pregnano il mondo. Dall’immigrazione all’Europa, dai diritti civili alle politiche economiche, dagli scenari internazionali ai vaccini… Su tutto questo, ed altro ancora, il Movimento non sa dove girarsi. Non ha una posizione certa e ponderata, non ha una linea univoca ed indiscutibile perché si fonda “contro” qualcosa, non “per” qualcosa. Demagogia, slogan facili e critica aprioristica hanno da sempre le gambe molto corte. E poi purtroppo “uno non vale affatto uno”. L’efficienza non scaturisce dall’eguaglianza indiscriminata, ma piuttosto dal merito e dalla selezione. La democrazia esasperata della rete è utile ad infiocchettare la finzione di una politica che parte dall’ultimo dei cittadini, ma non produrrà mai efficienza. Rivedo nelle urla antisistema dei Cinque Stelle le proteste della vecchia Lega. Bravi e convincenti di fronte ai muri da abbattere. Senza secchi, malta e cemento quando si tratta di costruire davvero.

Non voterò per Forza Italia. Ora che di fianco a Berlusconi la parola “Mafia” ha sostituito pesantemente quella di “conflitto d’interessi”, fatico a spiegarmi cosa possa spingere un elettore a scegliere il redivivo. Per vent’anni ha perseguito unicamente gli interessi personali, negando all’Italia la nascita di una destra moderata, moderna, riformista ed europea che avrebbe contribuito ad una virtuosa alternanza.

Non voterò per la Lega e neppure per Fratelli d’Italia. Il motto “prima gli italiani” è quanto di più superficiale e demagogico possa esistere. La mia formazione, prima dei preti, poi dell’università, mi ha insegnato che essere italiano non è un merito, semmai una fortuna. E ho imparato sui libri che le politiche nazionaliste non sono mai buone.

E dunque? Cosa rimane? Nulla o poco più.
Nella piena consapevolezza di gettare il voto, sceglierò Più Europa di Emma Bonino. Lo farò perché in questo periodo mi stanno a cuore i temi del fine vita e del testamento biologico. Argomenti sui quali solo Emma Bonino si è mostrata da sempre chiara ed inequivocabile. Probabilmente non arriverà in Parlamento, ma almeno la mia coscienza è salva.

  1. #1 by erica at 4 maggio 2018

    Anche la mia :-)

(non verrà pubblicata)

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