Sono solo di passaggio


La naturalezza di tale passaggio al limite è ovvia, e ora rimane al nostro pensiero lo spazio senza scatola, una cosa autonoma,

che tuttavia appare così irreale se dimentichiamo l’origine di tale concetto

(A.Einstein)

 

Quando ero membro dell’AIA, mi capitava spesso di fare il guardalinee nelle categorie superiori. Sul fuorigioco le direttive erano chiare: “Non c’è mai il dubbio. Ma se ci fosse il dubbio, e non ci sarà mai, non si alza la bandiera. Nel dubbio, è buono”. Pochi istanti per decidere, ma… “nel dubbio, è buono”.

Forse questo principio (“nel dubbio, è buono”) mi è rimasto troppo tempo nella testa e all’inizio, di fronte alla fatidica scritta luminescente “varco attivo”, con pochi istanti a disposizione per decidere,  mi veniva più naturale andare avanti che fermare il corso degli eventi.

Quello per me più frequente era alla fine di via Pomponazzo a Mantova. Col “Varco attivo” posso passare, oppure no? C’ho messo un po’ di tempo, ma poi ho capito che non era proprio come il fuorigioco.

L’Accademia della Crusca aveva fornito una risposta molto chiara, che va oltre il significato e che invita a riflettere sui paradossi della lingua e della burocrazia.

Il messaggio incriminato è “VARCO ATTIVO” e il suo corrispondente opposto “VARCO NON ATTIVO” (si registra anche “VARCO PASSIVO a Bergamo). Con questa dizione si è inteso sintetizzare lo stato di ciascun varco elettronico di ingresso alla Ztl, con riferimento al controllo, attivo o non attivo, della telecamera. Una dizione eccessivamente ellittica dal punto di vista linguistico che presuppone che tutti conoscano bene il funzionamento della Ztl e delle telecamere messe ai varchi: non sono infatti i varchi, cioè i ‘passaggi’ a essere attivi o non attivi (eventualmente si sarebbero potuti definire come “aperti” o “chiusi”), ma gli strumenti di controllo dei varchi stessi. L’avviso pubblico dovrebbe proprio svolgere la funzione di comunicare direttamente, senza implicare ulteriori approfondimenti da parte del cittadino. Del resto, è stata più volte rilevata l’oscurità degli avvisi pubblici italiani: manca sicuramente in Italia una tradizione di comunicazione pubblica sintetica ed efficace e spesso la difficoltà nel formulare testi simili, ha portato a introdurre formule burocratiche e termini molto specialistici (solo per fare alcuni esempi, l’incriminata, a suo tempo, obliterazione e poi il recente titolo di viaggio per indicare il ‘biglietto’).
Questa dizione varco attivo era però già stata utilizzata, prima del dicembre 2007, sicuramente a Ravenna dove troviamo traccia di proteste da parte di varie associazioni di cittadini che hanno richiesto la riformulazione dei messaggi (ad esempio la Confesercenti ha fatto notare che “forse da un punto di vista psicologico la parola attivo induce a proseguire mentre sarebbero state più appropriate espressioni negative e di divieto”).

Forse anche in seguito alle proteste dei cittadini e agli inevitabili fraintendimenti, che proprio la comunicazione pubblica avrebbe il compito di evitare, alcuni comuni hanno modificato i messaggi di segnalazione degli ingressi alla Ztl controllati elettronicamente: “accesso solo autorizzati” o “accesso libero”. Questi messaggi sono resi ancora più espliciti dalla presenza di una luce rossa o verde con lo scopo di agevolare i conducenti nella lettura della cartellonistica della Ztl informandoli, in modo immediato, se l’accesso alla zona a traffico limitato è consentito a tutti oppure ai soli autorizzati.

 

  1. #1 by erica at 14 giugno 2019

    Io avrei da ridire anche sulla parola varco, che sostituirei con semplice ingresso. Del resto i varchi incriminati non sono mai degli angusti, stretti, pericolosi, scomodi passaggi.
    Detto questo, vorrei esprimere il mio apprezzamento e la mia stima per chi trova la forza, l’indignazione giusta, il tempo e l’energia per protestare concretamente contro questo tipo di comunicazione pubblica. Anche così si fa e si preserva il bene comune. 

(non verrà pubblicata)

  1. Ancora nessun trackback