M.


Non è il morire che ci spaventa, è questo non vivere che ci esaspera

(A. Scurati, M. Il figlio del secolo)

Solitamente non consiglio libri a nessuno.

I libri, un po’ come le cravatte, si basano esclusivamente sui gusti personali e sullo stato d’animo del momento. Non esistono libri o cravatte adatti a tutti. Non esistono libri o cravatte che possano prescindere dalle situazioni o dai momenti della vita.

Poi suggerire i libri è un po’ come raccontare i propri viaggi al ritorno: lo si fa più per un piacere personale, che per l’interesse del destinatario. E quando avviene ciò, non è più un consiglio ma una contraddizione.

Il lettore serio sa già da solo, più di chiunque altro, cosa vorrebbe leggere. Non ha bisogno di raccomandazioni, al massimo può chiedere mirate e guidate indicazioni.

Dicevo che solitamente non consiglio libri a nessuno, tuttavia suggerisco agli amanti della storia e della politica la lettura di M. Il figlio del secolo di Antonio Scurati. Una narrazione storica atipica, che ripercorre il periodo 1919-1925, per spiegare e raccontare l’ascesa del Fascismo. Un romanzo senza dialoghi, che racconta il contesto storico e sociale di quegli anni, i silenzi e le omissioni dell’opinione pubblica nonché le negligenze del Parlamento che consentirono l’avvento della storia più buia. Non credo al ritorno del Fascismo, ma le analogie con i tempi attuali sono effettivamente sconcertanti.

Avevo grossi dubbi su questo libro, a causa di errori storici rilevati da Ernesto Galli Della Loggia. Devo riconoscere che per il mio livello di conoscenza, tali sviste appaiono irrilevanti. Ad esempio Scurati attribuisce erroneamente a Carducci, anziché a Pascoli, l’espressione coniata per l’Italia “la grande proletaria”, oppure sbaglia la data di una lettera di Francesco De Sanctis. Sbagli accettabili, almeno per un profano come me, semplicemente in cerca di una piacevole lettura.

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