Il Natale quando arriva, arriva
“E anche questo Natale… se lo semo levati dalle palle”
(R. Garrone, Vacanze di Natale)
Il Natale è sempre il giorno più retorico dell’anno. Io che non sopporto le frasi fatte e i gingle rancidi, spesso soffro come un cane con i botti di capodanno. Ma tre cose rendono veramente triste il Natale. Le code agli autolavaggio nel giorno della vigilia, i panettoni messi a scaldare sui termosifoni e i tappi dello spumante, appuntiti col coltello per ricacciarli nella bottiglia al termine del banchetto.
Ecco, il Buon Natale si misura anche da questi indicatori. All’anno prossimo.
Testa di Ponte
“Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate”
(La Divina Commedia – Inferno, Canto III)
Da pochi giorni all’entrata di un paesello bresciano un cartello recita: “Paese a cultura occidentale e di profonda tradizione cristiana. Chi non intende rispettare la cultura e le tradizioni locali è invitato ad andarsene”. Diversi hanno sottolineato la contraddizione di voler sovrapporre la tradizione cristiana alla cultura occidentale. Se il Cristianesimo nasce a Gerusalemme e si espande prima di tutto nel Vicino Oriente, come può appartenere esclusivamente all’Occidente? Se diventa religione di stato in Armenia mille anni prima che in Italia, come possiamo rivendicare la paternità della tradizione cristiana più di tutti gli altri? E poi una scritta del genere è davvero frutto di Cultura (occidentale)? Un monito a non entrare, perché immaginiamo la coda per visitare Pontoglio, nemmeno fosse Cortina, Venezia o Polignano a mare.
Ma il vero punto è un altro: a cosa serve un cartello del genere? A nulla. Al trionfo del populismo, alla celebrazione della demagogia più meschina e tribale. Se fossi un cittadino di Pontoglio, anche se fossi leghista, questo tentativo di circuire e strumentalizzare i miei sentimenti e la mia sensibilità mi offenderebbe. Mi urterebbe l’idea di inscenare un’inutile e selvatica rappresentazione del potere, senza alcun effetto pratico e tangibile. Poi chiederei alla testa di Pontoglio, al sindaco, perché non ha investito quei pochi euro per chiudere una buca o per aiutare qualche concittadino che ha perso il lavoro.
Buona forchetta – La Filoma
Posted by Giullare in Buona Forchetta on 17 dicembre 2015
Entrando, girovagando tra le sale e sedendosi a tavola, si ha l’impressione di trovarsi sul set del Gattopardo. Specchi, lustrini, arzigogoli e chincaglieria donano al ristorante un’atmosfera retrò, non malinconica, né sciapa, non scomposta, né cupa, ma semplicemente ancien.
Il crudo di Parma qui gioca in casa ed è imperdibile. Abbiamo unanimemente concesso la patente dell’eccezionalità al risotto al tartufo nero di Fragno vestito di culatello: sublime. Poi scelta non banale tra i secondi di carne, soprattutto di vitello. Ampia scelta nella carta dei vini.
Un po’ salato il conto: antipasto condiviso, primo, secondo, bozza di lagrein in tre e caffè: 50 euro a testa.
Voto: 7
Ristorante La Filoma, Borgo 20 Marzo, 15 – Parma
Buona forchetta – Bufalina
Posted by Giullare in Buona Forchetta on 9 dicembre 2015
Cucina partenopea in Valpolicella. Ossimoro geoculinario che desta qualche perplessità anche al più anticonformista degli avventori. In un locale più appropriato ad un negozio di scarpe che ad un ristorante, prende vita una pizzeria napoletana specializzata anche nel pesce di mare. Pizza alta, nel rispetto della tradizione, che non sembra affatto male. Fritti d’ogni sorta, abbondanti e gustosi come il noto e popolare “cuoppo”. Ottimi i primi di pesce, serviti in quantità da bracciante portuale.
Rimane qualche perplessità sulla location, inadatta e poco originale.
Antipasto condiviso, primo di pesce, dolce condiviso e bottiglia di Greco di Tufo: 25 euro circa. Voto 6/7.
La Bufalina – via dell’Artigianato 11, Marano di Valpolicella (Vr)
Uomini Forty – L’osteria tour
Posted by Giullare in Uomini Forty on 23 novembre 2015
“Ma c’ho l’alibi, a quell’ora sono sempre all’osteria”
(E. Jannacci, L’Armando)
Per il furto di opere d’arte di qualche giorno fa a Castelvecchio, l’alibi è veramente di ferro. A quell’ora, come diceva Jannacci, eravamo davvero all’osteria.
Primo “osteria tour” nel centro di Verona, che significa vagare tra i diversi localini tipici della città, possibilmente nei meandri più reconditi e pittoreschi del centro storico. Tra un calice di garganega e un’ombra di valpolicella si scoprono così le piazzette più nascoste, i portici più misteriosi, gli angoli più silenziosi. Inutile appuntare voti ai locali o giudizi sui vini. Lo spirito è altro e quel che conta è solo l’emozione dell’istante, la suggestione dell’attimo o l’eccitazione del momento. Per ogni tappa ho annotato la sensazione che vino, luoghi e persone mi hanno trasmesso.
1 Locanda Cappello e prosecco brut – L’euforia della partenza
2 Osteria Le Vecete e spumante rosè – Esoso lupanare di plastica
3 Osteria Del Bugiardo e vino spudorato – Viandanti sulla strada
4 Osteria Monte Baldo e Campofiorìn – Nectar angelorum hominibus e sincerità
5 Osteria A la Carega e vinasso bio greco– Belle sedie e lucean le stelle
6 Vini Zampieri e amarone – La staffa, siamo a cavallo
L’idea è del Nicholas, le foto sono del Wolf.
Ferrata Susatti
“O Germania, pallida madre! Come t’hanno ridotta i tuoi figli, che tu in mezzo ai popoli sia o derisione o spavento!”
(B. Brecht)
Altra ferrata agile, compiuta in solitaria sulla Cima Capi, nei pressi di Biacesa. Pur nella sua semplicità il lungo percorso offre una splendida vista sul lago di Garda e sulle cime del Baldo. È la classica ferrata da tedeschi, facile e panoramica, lungo la quale è impossibile non imbattersi in lentissimi panzer abbigliati da Coppa Cobram e in vecchie carampane più attente al colore della calza che alla posizione dei propri moschettoni.
Vale la pena percorrere questa ferrata anche d’estate perchè il vicino Lago di Ledro è ottimo per un bagno ristoratore dopo la discesa.
Tuttologia ignorante
“Più che vergognarti di confessare la tua ignoranza, vergognati d’insistere in una sciocca discussione che la rivela”
(E. Joceline, The Mother’s Legacy)
Una mia amica ha scritto “l’Isis mi fa paura, ma anche l’ignoranza non scherza”. Nella disarmante semplicità di questo commento trovo tutto il significato della reazione sociale dopo gli attentati di Parigi.
Ignoranza che dilaga, che infetta, che miete vittime. Tutti che disegnano trattati di geopolitica, tutti esperti di terrorismo, tutti che hanno letto Oriana Fallaci e che hanno capito cosa bisogna fare. Poco importa se confondono il terrorista dell’IS con il profugo senegalese o se collocano geograficamente la Siria “là in fondo”, nello stesso posto in cui posizionano il Vietnam, il Monzambico e l’Alaska. E poco importa se si documentano solo ascoltando Salvini o leggendo i tweet di Grillo. È l’ignoranza, che combinata con la pigrizia di capire e con l’indolenza di cercare, crea dei mostri acefali. Che a loro volta si riproducono.
Non se ne può più di questa faciloneria d’analisi. Chi non ha i mezzi, o la voglia, di capire le dinamiche di quanto è accaduto, di superare lo strato di superficialità propinata dalle informazioni di massa, meglio che taccia. Meglio apparire come silenziosi indifferenti che come portatori insani di demenza.
Nel nostro piccolo non possiamo evitare le guerre, non possiamo salvare le vite, né sconfiggere il terrore. Però possiamo leggere, ascoltare e cercare. Anche oltre le siepi dietro cui ci siamo relegati. Non salveremo il mondo, ma almeno potremo mettere la bandierina francese sul nostro profilo facebook con un briciolo di dignità in più.
Vaio stretto
“Una montagna è come l’istruzione: quanto più alta l’ascesa, tanto più esteso il panorama”
(C. Barnard e C.B. Pepper, Una vita)
Le chiamano Piccole Dolomiti perché queste montagne, nel loro piccolo appunto, ricordano la bellezza unica delle Dolomiti, con guglie, pareti scoscese e gole profonde. È proprio in una di queste gole nei pressi del Pasubio che prende forma la semplice ferrata del Vaio stretto. È di difficoltà tecniche elementari, ma le scenografie che regala meritano il viaggio. Dal buio del profondo vaio si transita attraverso uno stretto pertugio e si giunge sino alla sommità della cima del Cornetto, lambendo le strade e le postazioni militari della prima guerra.
Buona forchetta (a casa mia) – Tartufo bianco
Posted by Giullare in Buona Forchetta on 7 novembre 2015
“Nacque da un fulmine di Zeus, perciò la sua origine è divina cresce in silenzio nascosto tra radici e terra fina la sua gloria aumenta nel rumore dei mercati ma il suo trionfo vero è nei piatti prelibati”
(G. Berti, Quattro rime sul tartufo)
Se al binomio “tartufo bianco” avete pensato ad un gelato confezionato della Bindi, potete anche fermarvi qua.
Il piatto più “alto” di Buona forchetta a (casa mia), mai realizzato fino ad oggi, è senz’altro questo strangozzo al tartufo bianco. La stagione è quella giusta.
Questo piatto non ha la pretesa di consigliare una ricetta alle massaie povere di fantasia, ma ha semplicemente l’intento di compiacere il mio smisurato ego ed il mio palato. Missione difficile, ma obiettivo raggiunto.
Ringrazio l’ottimo Augusto, che regalandomi questo tartufo marchigiano ha messo il carico da undici sul piatto.
Uomini Forty – A piedi sulla Via Francigena
Posted by Giullare in Uomini Forty on 2 novembre 2015
“Un pane dura cento miglia, e cento pani non durano un miglio”
(Proverbio popolare)
La via Francigena collegava il nord della Francia a Roma. In realtà l’itinerario originale partiva addirittura da Caterbury e giungeva sino a Gerusalemme.
La nostra piccola impresa è stata quella di percorrere cento chilometri del tratto centrale, lambendo le lande che da San Miniato arrivano a Siena. A piedi, zaino in spalla, peregrinando su dolci colline, crinali sconfinati, boschi di querce e borghi fantastici. Esperienza mistica, sia per la fatica che cento chilometri in quattro giorni inevitabilmente comportano, sia per la suggestione ancestrale dei luoghi. In alcuni tratti il percorso sembra veramente fuori dal mondo, regalando scorci che obbligano a meditare e a gustare la bellezza di un ambiente spettacolarmente unico. Sul tragitto pochissimi avventori, giusto qualche francese e qualche indomito tedesco inevitabilmente superati.
Una delle vacanze più intense che abbia mai fatto.