La Cina vicina

“Pagano in contanti. Le Società Nere sono direttamente connesse a settori controllati dall’Esercito del Popolo, dai militari di Pechino. Là è un boom. La Cina emerge. Dispongono di una liquidità enorme. E non la investono all’interno. Sono abituati alla povertà. Per loro non è un fattore di destabilizzazione sociale: il contrario, usano la povertà di massa come strumento di controllo. E investono fuori. In contanti. C’è un traffico clandestino di dollari che esorbita ogni aspettativa. Trasportano contanti insieme ai clandestini. E comprano in contanti: appartamenti, stabili interi, esercizi commerciali. Da dieci anni va vanti così, non gliene frega niente a nessuno. Chi vende è contento: i cinesi arrivano ad offrire un terzo in più del valore reale dell’immobile. Arrivano in tre: il compratore, che solitamente è un prestanome; un avvocato; un terzo che non si capisce bene chi sia. Arrivano con le valigette piene di dollari o euro. Non sono soldi falsi – è che non sono dichiarati”.

(G. Genna – Non toccare la pelle del drago)

La notizia è la cessione del locale Latte & Rum ai cinesi. Stavolta è vero: con la fine del mese Gimo e Magri abbandonano il bancone ed il locale avrà padroni con gli occhi a mandorla.

Forse nulla dovrebbe sorpenderci: i China avranno esibito un pacco di soldi per un’attività nel pieno del suo splendore economico, e che tra qualche anno sarà probabilmente deprezzata. Insomma, probabilmente chiunque di fronte ad un’offerta esorbiante avrebbe ceduto.

Il punto è un altro. Volta in vendita, come Milano, come Roma. E io un po’ di paura inizio ad averla.

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Vespa ci colga

La sensazione che si prova partecipando ad un Vesparaduno è quella dell’appartenenza ad un branco. Si comprendono bene le follie di certi svitati delle Harley o di altri esaltati di robe simili. È la passione che unisce, il sentimento che combina insieme gli individui più variegati di questo mondo. Un elemento d’identità trasversale alle categorie delle persone. Vecchi collezionisti con pezzi più unici che rari trottano al fianco di ragazzini con la marmitta sgradevolmente rumorosa. Esteti della perfezione cavalcano scooter pastello seguendo i motorini dalle tinte sgargianti e antipaticamente fluorescenti. La flotta variopinta che sfila tra le colline sembra una sintesi delle classi sociali: ricchi ed altezzosi conservatori camminano al fianco dei giovani riformisti chiassosi.

È bello vedere il paesaggio morenico da questa prospettiva. Le stradine “basse” acquistano prestigio e fascino. La gente che saluta dai cortili di campagna fa sembrare il vespacentauro a casa propria. Tutti salutano l’ingresso nei paesi con i colpi di clacson (i più indisciplinati montano sirene da codice penale) e qualcuno alza il braccio in cenno di accoglienza. Quaranta chilometri di piacevole relax che regalano la convinzione di un bis, l’anno prossimo.

 

vesparaduno

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I° Consiglio Comunale (26 – giugno 2009)

Il primo Consiglio Comunale è andato.

Un po’ di emozione nel varcare la sala gremita di gente e raggiungere lo scranno della maggioranza. In Parlamento, deputati e senatori sono seduti di fronte al Governo: è facile capire chi siede alla destra e chi alla sinistra. Io mi ritrovo sistemato all’estrema destra del Sindaco, ma all’estrema sinistra del pubblico. Ne scaturisce un problematico dubbio esistenziale di appartenenza ideologica, che mi turberà per tutta la seduta: sono il consigliere più a destra o quello più a sinistra?

Qualche polemica da parte della minoranza, mescolata alla proclamazione degli eletti, al giuramento del Sindaco, alla nomina della Giunta e agli intenti programmatici della maggioranza. Poi tre votazioni “pro forma” per eleggere la commissione elettorale e la commissione per i giudici popolari.

Poiché questo spazio serve anche a rendere conto delle votazioni effettuate, comunico già il primo errore del mio mandato. All’unanimità abbiamo ratificato una delibera di aprile, con cui l’ex maggioranza decise il prelievo di 26.000 euro dal fondo di riserva. Nessuno mi ha spiegato (ma è evidente la mia negligenza nel reperimento delle informazioni) che tale fondo è accessibile solo in circostanze d’urgenza. I prelievi probabilmente non furono giustificati da questo requisito di necessità, ma piuttosto dal bisogno di effettuare delle spese ordinarie (eravamo in campagna elettorale). Avrei dovuto chiedere spiegazioni, avrei dovuto pretendere che fosse spiegato quale urgenza poteva giustificare tale prelievo. Mancando questo presupposto, il Consiglio avrebbe potuto addirittura negare la ratifica… con tutta una serie di guai per chi deliberò il provvedimento.

Non ho avuto questa prontezza e me ne dispiaccio.

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Miss Volta cercasi

Ieri Bertagna mi ha fatto l’affronto di bersi una birra piccola in mia compagnia. Modalità, quella della birra piccola, che risaputamente mal sopporto.

Ma l’occasione ci ha portato comunque ad un dibattito a vicolo cieco. Ci siamo chiesti chi possa in questo momento indossare la fascia virtuale di Miss Volta. Chi è la ragazza più bella del paese?

Se per anni ci siamo convinti che fosse la Laura Bertagna (assolutamente avulsa da parentele con il compagno di questa conversazione), oggi come oggi non siamo riusciti a dirimere l’annosa e lanosa questione. Non siamo nemmeno riusciti ad individuare una rosa di nomi papabili. Le più belle ragazze di Volta che conosco sono di fascia C (inferiori al 7.5, per capirci). Per essere Miss Volta servirebbe almeno un 8.5…

Lancio il sondaggio: a chi dareste la corona?

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Lo sforzo inutile

Gesti inutili, azioni vane, atti limpidamente superflui.

Non servirà assolutamente a nulla, ma andate ugualmente a votare per i referendum elettorali.

Il quorum non sarà neppure sfiorato ed il fastidio di recarsi alle urne, unitamente ai soldi spesi, sarà annoverato tra i soliti, clamorosi sprechi.

Fatelo per la coscienza civile, che ognuno di noi in fondo in fondo coltiva. Unica e sottile consolazione che ci farà stare un po’ meno peggio.

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Cabaret internazionale

Ma li avete visti? Sembrano tutto tranne che due capi di stato.

Gheddafi e Berlusconi, due vecchi signori dai capelli pittati e dall’aria tronfia. Uno agghidato come l’eore di guerra che non è mai stato, con divisa da parata e medaglie farlocche; l’altro irrimediabilmente impettito, col sorriso liftato e la gag in tasca, pronta all’uso.

Macchiette, sagome da operetta, caricature da avanspettacolo. Io un po’ di vergogna ce l’ho.

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Veni, vidi, vici

Veni, vidi, vici

(Gaio Giulio Cesare – 47 a.C.)

(…probabilmente: Pino Adami – 2009 d.C.)

 

Alla fine la Svolta, lista dal nome orribilmente banale e scontato, ha vinto la tenzone per una manciata di voti. Paese spaccato in due, ma questo lo si sapeva da tanto tempo.

Non immaginavo che l’avremmo spuntata. O forse sotto sotto lo speravo ed inconsciamente scongiuravo, con il pessimismo cosmico, una sconfitta che avrebbe bruciato nell’orgoglio, prima ancora che nel cuore.

Nessuna vendetta, ma contro le cassandre rivali, che sbandieravano l’altezzosa previsione di una vittoria al 60-65%… un po’ di umana soddisfazione dovete concedermela.

Ho sempre creduto che l’unica via possibile per il successo dovesse essere l’accordo di tutte le forze alternative, guidate però da una personalità di rilievo. Non pretendo la paternità di questa strategia vincente, ma rivendico di averla suggerita e appoggiata fin dall’inizio, contro gli scettici e gli obiettori.

Questa è la vittoria di Pino Adami, della sua mitezza e tranquillità d’animo. Ho sempre insistito per alzare i toni della campagna elettorale ed il registro del confronto-scontro. Lui, impassibile, ha percorso la sua strada quasi sottovoce, parlando di proposte semplici e eclissandosi dai riflettori della ribalta e del ribaltone. Gli elettori hanno premiato la sua persona e la sua fama, che al cospetto del rivale sono imbarazzanti per la grandezza e spietate per il prestigio.

Oggi, e questo è l’auspicio più grande, nasce un nuovo modo di approcciare l’amministrazione. Servizi sociali al posto dell’edilizia selvaggia, partecipazione in luogo dell’arrogante autoritarismo.

A questo punto subentrano le paure e le ansie per un compito difficilissimo, quello di gestire bene la cosa pubblica. Non so che gestione sarà, né se sarà all’altezza. Io risponderò di me stesso e delle mie azioni. Personalmente sfodero un grande privilegio: non ho stipulato alcun patto elettorale, non dovrò prendere le parti di alcuna persona o gruppo, non dovrò sostenere a priori alcuna ideologia, non dovrò appoggiare preventivamente alcun disegno. Poi, chi vivrà vedrà, ma sperare bene è lecito perché Nietzsche scriveva che “nessun vincitore crede al caso”.

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Chilometri di strada

…e così la mattina del giorno dopo Natale, si ritrovò seduto sul treno che portava al nord. Michael aveva la patente ma non aveva mai pensato di procurarsi un’automobile”.

(S. Larsson – Uomini che odiano le donne)

Fa effetto sapere di culture perfettamente civilizzate, dove l’auto è uno dei tanti accessori. Il libro di Larsson descrive con disarmante naturalezza gli spaccati di una Svezia evoluta, emancipata, invidiabilmente matura. Ho testato con i miei occhi la perfezione di servizi che funzionano davvero, l’incanto di un traffico inesistente, la realtà di un’ottima qualità della vita.

In Italia viviamo ancora nel mito dell’automobile da possedere: più è grossa o più è costosa, e più uno è figo. Non importa se servono i debiti per averla o se il suv nel centro storico distrugge il paese… L’importante è il macchinone.

La cultura nordica dell’efficienza, proprio non ci appartiene. Ci mancano ancora tanti chilometri da percorrere.

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Erano meglio le veline

Il dubbio che l’annoso parlare di questi giorni sulle scabrosità del Premier serva a distogliere l’attenzione dalla politica vera è più che lecito. Non s’è spesa una parola sull’Europa, sui propositi da perseguire, sugli intenti da ricercare. Nulla è stato detto sui programmi e sulle azioni che dovranno seguire il voto. Niente di tutto ciò. Da destra a sinistra il dibattito è unico ed armonico: le attitudini di Noemi ed i frizzanti vizi di Berlusconi. Ad una settimana dal voto europeo, le copertine dei tg ritraggono solo l’austero ghigno di Ghedini e le panoramiche welcomtravel di Villa Certosa.

L’elettore più critico, però, vede questa vicenda come fumo negli occhi, come abile arma di distrazione di massa.

A qualche centinaio di chilometri da qui, nella circoscrizione sud dell’Italia, rispuntano infatti i nomi imbarazzanti di Mastella e Cirino Pomicino, come candidati del Popolo delle Libertà alle elezioni Europee.

Mastella, icona del trasformismo politico italiano, vendette a Berlusconi la caduta del governo Prodi (addirittura in un accordo scritto, come rivela lo stesso Clemente) ed oggi riscuote gli interessi del debito. Pomicino, condannato ad un anno e otto mesi di reclusione (tangente Enimont) e patteggiata la pena di due mesi per corruzione per i fondi neri Eni, si ripresenta lindo davanti ai suoi elettori.

Abili trasformisti, certo, ma la colpa non è la loro. Più colpevoli sono quanti hanno permesso di presentarli nelle liste, tacendo agli italiani le loro candidature. A questo punto erano meglio le veline.

mastrit

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Un’altra discesa in campo

Sono stato a lungo in dubbio se scrivere o meno questo post. La mia riluttanza deriva dal fatto che un articolo di questo tipo potrebbe essere inteso (forse a ragione) come un banale e squallido appello elettorale. Poi mi sono detto che almeno la metà dei lettori di questo blog non è residente a Volta Mantovana, e pertanto non voterà alle amministrative voltesi. Buona parte della rimanente metà ha già inderogabilmente deciso per chi votare, dunque il mio appello non sortirà effetto alcuno. I pochissimi indecisi, invece, sopporteranno l’apologia della discesa in campo e se ne faranno una ragione.

 

Ho deciso di “scendere in campo”, come direbbe quell’altro Silvio, perché ho avvertito una sorta di germe della responsabilità. Ho trascorso anni a scagliare critiche contro le pecche dell’amministrazione, e poi mi son detto: provaci tu, allora, visto che fai tanto il figo. E diciamocelo… se Beggi può fare il sindaco, io potrò fare il consigliere. O no?

Sono stato spesso sull’orlo di questo precipizio, ma non mi sono mai buttato. Le liste colorate, fatte dai partiti, non mi hanno mai attratto. Forse perché non mi colloco appieno sotto nessuna bandiera.

La Svolta parte con presupposti diversi. È civica, nel senso che cittadini di varie estrazioni hanno sottoscritto un intento comune. La storia delle divisioni politiche lascia il tempo che trova: è vero che raggruppa personaggi partitici, ma la maggior parte di noi non ha in tasca alcuna tessera ed il capolista neutrale dovrebbe essere, me lo auguro, una garanzia per tutti.

 

Ma veniamo ai principi ispiratori di questa scelta.

Amo il nostro territorio ed il nostro patrimonio culturale. Salvaguardia e promozione delle ricchezze culturali ed ambientali di Volta devono essere le parole d’ordine. Ogni provvedimento dovrebbe rispettare queste regole e questi presupposti. Questo finora non è avvenuto.

Le devastazioni edilizie devono finire, perché la promozione del paese non può prescindere dalla difesa del territorio. Non può prescindere nemmeno dalle frazioni o dalle borgate appena a ridosso del centro storico, completamente dimenticate dall’ondata di ristrutturazione degli ultimi anni.

Sappiamo bene che ho il pallino di Voltapagina, periodico che intendo stravolgere se, come auspico, mi verrà dato il compito di occuparmene. Non concepisco il giornale comunale come catalogo pubblicitario dell’amministrazione, ma l’ho sempre sognato come organo di comunicazione tra cittadino e amministratore. Servono delle sezioni dedicate alle richieste dirette dei cittadini, le lettere al direttore (anche se scomode), uno spazio dedicato alla cultura e alle tradizioni locali, una maggiore frequenza delle pubblicazioni. Il giornale non deve servire all’amministrazione per persuadere i cittadini: deve servire ai cittadini per persuadere l’amministrazione. Tutto questo ha costi irrisori, ma non è mai stato fatto.

Il dialetto, di cui sono innamorato, merita divulgazione su tutti i fronti (pubblicazioni, eventi, installazioni multimediali) e con esso anche un’ampia diffusione del patrimonio folkloristico del paese.

Benché funzioni bene, anche per la biblioteca si può fare di più. Con il sostegno di sponsorizzazioni sarà possibile incrementare l’organizzazione di convegni, di conferenze tematiche, di concerti, o di incontri musicali, cinematografici e letterari. Perché la sete di cultura del cittadino deve essere placata da chi si è preso la responsabilità di amministrare.

Penso a tutto ciò in concomitanza ad un potenziamento della struttura tecnologico-informatica: la realizzazione di un ampio e approfondito sito internet, collegato alle strutture artigianali e commerciali del tessuto locale, dovrà servire ad incentivare il turismo e a renderlo fruibile alle realtà professionali del nostro paese. Proprio le categorie professionali, unite all’associazionismo, dovranno essere coinvolte nella fase di proposizione degli eventi. Non si dovranno eliminare le importanti manifestazioni che oggi fanno vivere il nostro paese. Occorrerà anzi ampliarle, se possibile, e farvi partecipare attivamente i cittadini, perché l’indotto sia per tutti, non solo per le casse degli amministratori. È in quest’ottica che artigiani, commercianti e pubblici esercenti potranno aiutarci ad inventare e promuovere nuovi “pacchetti turistici”, destinati ad ogni tipologia di visitatore. Possiamo inoltre impegnarci per ampliare la rete ciclabile, per favorire e “catturare” l’ingresso del turismo stanziato sul Garda, ideando anche percorsi guidati per la visita del paese e dei luoghi circostanti.

Troppe chiacchiere, e pochi fatti, sulla realizzazione di un teatro polifunzionale hanno lasciato intendere la volontà di non occuparsi di questo bisogno culturale del paese. L’ambizioso obiettivo di una struttura simile, in grado di ospitare spettacoli e conferenze d’ogni tipo, risponde senza equivoci a questa sete di cultura. Mi adopererò per sostenere questa domanda, anche se sono consapevole che sarà dura realizzare una struttura simile.

 

Ho trovato in Pino Adami un interlocutore di alto profilo. È finita l’epoca delle politiche decise ed imposte da poche persone a tutti i cittadini. Se vincerà la Svolta, le decisioni saranno prese con il concerto di amministrazione, associazionismo, realtà produttive e cittadini. Perché se le scelte sono condivise, sono scelte migliori.

 

Tutto ciò, badate bene, non è una promessa, ma un semplice auspicio. Un intento, un augurio.

E la speranza è anche quella che i buoni propositi di queste righe mi servano in futuro, per ricordare come è nato tutto. Se entrerò in consiglio, questo blog sarà uno dei mezzi di trasparenza di quanto votato in sede amministrativa. I papocchi, se ci saranno, saranno “pubblici”.

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