Alla forca


“C’è chi, come prezzo del proprio misfatto, ebbe la forca, chi la corona”.

(D. G. Giovenale – Satire)

È ora “di basta”, siamo tutti d’accordo. Ma a me questi dei forconi non mi convincono mica tanto. Una protesta, per dirsi credibile, può essere così vaga, così disorganizzata, così demagogica e squinternata? Per essere attendibili si può essere così disordinati e così cialtroni? Contadini, allevatori, commercianti, imprenditori, studenti, pensionati, disoccupati, financo gli ultras. Sono di tutti e di più, mancano solo i giocatori di curling e i collezionisti di campane tibetane.

Non c’è un leader, un rappresentante indiscusso, né un programma o un obiettivo chiaro e concreto. Di solito si sciopera e si reagisce contro un provvedimento, contro una legge. C’è sempre un casus belli che fa traboccare il vaso, qui no. Nelle interviste protestano genericamente “per il bene dell’Italia”, che vuol dire tutto e niente. L’obiettivo della mobilitazione è “mandarli a casa tutti”, come se uno sciopero ad oltranza potesse produrre le dimissioni in massa del Parlamento. C’è chi sostiene l’uscita dall’euro, chi propone la creazione, accanto all’euro, di una moneta locale complementare, chi chiede un referendum.

Il malcontento è limpido e condivisibile, ma la proposta ed il programma latitano. O forse è la disperazione sterminata che offusca la ragione.

Nessun dubbio sulla buonafede dei partecipanti, ma molte perplessità sulla regia dietro le quinte. In Sicilia il movimento dei forconi si rivelò il paravento dei racket mafiosi. Ora la scia che si è creata appare ancor più fumosa. Vedremo se quella di questi giorni è solo nebbia.

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