Tartufo costituzionale, sì o no?
Posted by Giullare in Buona Forchetta, Politica on 25 novembre 2016
“In Italia si può cambiare soltanto la Costituzione. Il resto rimane com’è”
(I. Montanelli, su Frankfurter Allgemeine Zeitung)
Le qualità migliori del mio amico Augusto sono che abita in una zona di produzione di tartufi, che se ne intende e che spesso li porta in dote con se quando si sposta. Adorabile (il tartufo).
E galeotta fu la cena. Perché ieri tra un crostino ed una tagliatella all’uovo, la taglierina ha sfavillato. Lo champagne vellutato ha ammorbidito gli animi ed il referendum costituzionale alle porte è stato oggetto di acceso dibattito. Augusto, accanito sostenitore del “sì”, mi ha dato dieci buoni motivi per approvare la riforma. Il sottoscritto, fervido difensore del “no”, ne ha suggeriti altrettanti per cassarla.
In assoluto, probabilmente nessuno dei due ha ragione. Di seguito riepilogo il nostro contributo al dibattito di riforma costituzionale. Ciascuno potrà attingere dove e come vuole.
Ah…ringrazio ovviamente Augusto per il tartufo e la padrona di casa per le ottime tagliatelle.
Voterò Sì
- perché non voglio più 315 senatori, lautamente pagati, per fare lo stesso lavoro di 630 deputati, lautamente pagati;
- perché non voglio più che i consiglieri regionali prendano somme scandalosamente alte. Lo stipendio del sindaco capoluogo di regione basta e avanza. Va bene anche che i gruppi regionali non abbiano più il finanziamento pubblico;
- perché si abolisce il CNEL, che nessuno sa cosa fa, compresi i membri del CNEL. Costa 20 milioni di euro all’anno e, in totale, è costato un miliardo alla finanza pubblica;
- perché le province saranno finalmente abolite, togliendo la parolina dalla Costituzione;
- perché non ne posso più delle materie “concorrenti” tra stato e regioni. Dopo 15 anni nessuno ha capito cosa fa uno e cosa deve fare l’altro;
- perché il Parlamento avrà, finalmente, l’obbligo di discutere e deliberare sui disegni di legge di iniziativa popolare proposti da 150mila elettori;
- perché saranno introdotti i referendum propositivi e d’indirizzo. Si abbassa il quorum per la validità dei referendum abrogativi. Se richiesti da 800mila elettori, non sarà più necessario il voto del 50% degli aventi diritto, ma sarà sufficiente la metà più uno dei votanti alle precedenti elezioni politiche;
- perché TUTTE LE FORZE POLITICHE, nessuna esclusa, nella campagna elettorale del 2013, promisero che avrebbero fatto le riforme costituzionali;
- perché se non passa questo Referendum nessuno parlerà più di riforma costituzionale per i prossimi 20 anni, con grande gioia dei senatori e consiglieri regionali;
- perché votano NO: D’Alema, Fassina, Civati e i 3.000 gruppi della sinistra dura e pura che, nel totale, hanno 2.500 voti. Perché votano no: Brunetta, Berlusconi, Grillo, Casaleggio & Associati, Fini, Salvini, Meloni e Schifani. Se votassero no anche Bersani & C. – che hanno approvato, per tre volte, la riforma in Parlamento – sarebbe un mondo perfetto.
Voterò No
- Tanto fumo. Perché il Senato non viene eliminato, viene modificato. Sarà eletto dai Consiglieri regionali, non dai cittadini. Non rappresenterà i territori, ma i partiti sul territorio. Manterrà competenza legislativa ma farà anche altro, anche se non si è capito bene cosa. Di certo, il bicameralismo rimane;
- Servitori di due padroni. Perché nel Senato i ventuno Sindaci saranno eletti dai Consiglieri Regionali. Godranno dell’immunità parlamentare. Rappresenteranno i cittadini dei Comuni o i Consigli Regionali? Faranno i Sindaci o i Senatori? Nessuna nazione al mondo annovera Sindaci in Parlamento;
- Che confusione, sarà perché votiamo. Perché è inaccettabile che i rappresentanti eletti, e delegati dal popolo, deleghino a loro volta il popolo per fare le leggi. La riforma prevede referendum propositivi e d’indirizzo, quorum ridotti per i referendum abrogativi. Insomma, chi è senza legge scagli il primo referendum. Con buona pace del risparmio e della classe politica efficace ed efficiente;
- Ripicca. Perché il Premier aveva legato le sorti del suo Governo a questo voto. Poi, di fronte ai primi sondaggi negativi, ha imboccato contromano la direzione opposta. Non sarà la più nobile delle motivazioni, ma qualcuno dovrà pur rispondere di quello che dice. Cominciamo dall’alto;
- Provincialismo. Perché le Province saranno eliminate dalla Costituzione, ma possono tranquillamente rimanere come enti non costituzionali. Fuori dalla porta, dentro dalla finestra;
- Perché voterà “No” Zagrebelsky, non proprio l’ultimo degli imbonitori. Questa riforma mira unicamente a rafforzare l’esecutivo, che di fatto deciderà l’agenda del Parlamento. E se ci aggiungiamo il pastrocchio dell’Italicum, l’autoritarismo è servito. Finché governa chi ci piace tutto bene, altrimenti…;
- Ciocapiàt. Perché la sbandierata riduzione del numero dei parlamentari in realtà riduce solo una parte del Senato, cioè la Camera già più ristretta e più efficiente. Rimangono i 630 deputati, che evidentemente servono tutti quanti. La riduzione degli emolumenti dei parlamentari non dipende dalla Costituzione, eventualmente dovrebbe avvenire con Legge dello Stato. La riforma si limita invece a togliere le indennità per i senatori, ma tutto il resto, rimborsi erga omnes, rimane;
- Saggezza. Perché per dirimere le materie “concorrenti” tra Stato e Regioni si punta nella direzione sbagliata. Anziché decentrare le competenze verso un moderno federalismo, la riforma centralizza. A breve anche la riesumazione di Giolitti e Cavour;
- Circonvenzione d’incapace. Perché il quesito della scheda è scritto in modo truffaldino e spinge l’elettore sprovveduto giocoforza a concordare. Se la riforma è così bella, c’era bisogno di questo bizzarro espediente?
- Regole del gioco. Perché per cambiare la Costituzione dovremmo essere d’accordo in tanti, non solo Renzi e la Boschi. Qua cambia più di un terzo della Carta: 47 articoli su 139. La Costituzione, lo dice la parola stessa, “costituisce” la base della società civile di una nazione e come tale andrebbe scritta, emendata, rafforzata con un consenso amplissimo. E il consenso amplissimo non è una corrente di governo, né una maggioranza di un referendum senza quorum.
Notte priva degli esami
Posted by Giullare in Cose di paese on 15 novembre 2016
“Eravamo trentaquattro e adesso non ci siamo più e seduto in questo banco ci sei tu”
(A. Venditti, Giulio Cesare)
È da questa canzone pubblicata su Facebook che è nato tutto. Un post di un’amica con un semplice tag è stata la scintilla iniziale. Poi la caccia serrata tra tutti contatti, la ricerca in rete di chi occupava l’ultimo banco, i giri di domande tra i conoscenti per scovare anche la secchiona della prima fila.
In pochi giorni ci siamo riusciti: dopo vent’anni abbiamo ricostruito buona parte del gruppo della Terza A. Insegnanti, bancari, consulenti e funzionari d’ogni risma e foggia, accanto a chi non ha ancora capito cosa fa nella vita. Il bello del Liceo Classico è anche questo… non sai mai come va a finire davvero.
È stato fantastico ritrovarsi. Una serata in bilico tra aneddoti e memorie, tra risate e malinconia, tra passato ignorante e senno di poi.
Personalmente porto nel cuore un ottimo ricordo di quegli anni, tra i più belli e spensierati della mia vita. Riviverli insieme è stato meraviglioso. Bravi ragazzi.
Osteria tour 2
Posted by Giullare in Cose di paese on 2 novembre 2016
“Sono ancora aperte come un tempo le osterie di fuori porta, ma la gente che ci andava a bere fuori o dentro è tutta morta.
Qualcuno è andato per età, qualcuno perché già dottore, e insegue una maturità, si è sposato fa carriera ed è una morte un po’ peggiore”
(F. Guccini, Canzone delle Osterie di fuori porta)
Secondo “Osteria tour” nel centro di Verona. Un pellegrinaggio in chiave allegorica, perdendosi nel centro storico con la scusa di un buon bicchiere. Chiacchiere, risate, spensieratezza… tutto quel che si confà ai buoni amici.
Ogni osteria, una stazione; ogni stazione, una foto; ogni foto, un’emozione. Come sempre, per ogni tappa ho annotato la sensazione che vino, luoghi e persone mi hanno trasmesso.
1 Le Piere – Primi schiamazzi e primi starnazzi: non è un’osteria, è un bar. Prosecco Bonfanti, per un’apertura leggera. Adagio… ma non troppo.
2 Osteria a la Carega – Lugana di facile beva, fagiana di facile bava. L’atmosfera s’accascia perché non c’è nulla da mangiare. Però nelle orecchie arriva un provvidenziale Van De Sfroos.
3 Osteria le Petarine – Ovvero la piacevole sorpresa. Qui il tempo si è fermato e varcata la soglia si cambia dimensione. Da trascorrerci pomeriggi interi.
4 Il carrarmato – Variazione al tema, con l’escursione in Sicilia. Etna di Planeta e tante ciarle. Probabilmente il vino migliore della serata.
5 Osteria al Duomo – Lunga attesa, dieci minuti per un Valpolicella Superiore di dubbia moralità.
6 Enoteca Dal Zovo – Ammaliati più dai racconti della cameretta di Sixty che dal fiacco Merlot Elena Walch.
7 Osteria del Bugiardo – Amnesia. Difficile ricordare.
8 Vini Zampieri la mandorla – Filosofia, ciance e tanti vaniloqui. Ed è subito sera.
Insolito trekking
“L’Appennino è una montagna a dimensione umana: abitabile e abitato da così lungo tempo da essere, il lavorio dell’uomo nei secoli, parte sostanziale del paesaggio. Tanto geografia che storia. È nella civiltà dell’abitare, nella coltura che ne ha determinato la cultura, nel racconto, in tutto ciò che colgono i sensi, che risuona la presenza di chi ci ha preceduto”
(L.G. Ferretti)
Camminare sull’Appennino è innanzitutto silenzio, meditazione, ascesi mistica. Forse è per questo che questi luoghi sono attraversati dal Cammino Lungo di Sant’Antonio, che collega La Verna a Padova. La “vena del gesso” è un ambiente unico, fatto di ripide pareti rocciose, lunghi crinali, boschi e colline di creta. Qua è là qualche rudere ricorda che nel passato l’uomo ha avuto l’ardire di abitare questi luoghi aspri.
Le nostre giornate di trekking sono partite da Borgo Tossignano, nella valle del Santerno, in due fantastici percorsi ad anello. L’itinerario della “vena del gesso” parte dalla frazione di Tossignano e percorre la dorsale del gesso, tra boschi, doline e cristalli di gesso.
Il giro del Rio Mescola parte invece proprio da Borgo Tossignano e percorre tutto il crinale, sopra vertiginosi calanchi e lungo pittoresche dorsali erbose. Non è raro incontrare grossi pastori maremmani, che guidano da soli le greggi di pecore e mettono in guardia l’avventore da manovre avventate.
Da queste parti si mangia bene. Un indirizzo: il ristorante Fita, proprio a Borgo Tossignano.
Dio salvi la Reggina
“Gli inglesi, quando tre di loro si ritrovano assieme, la prima cosa che fanno è formare un club, e la seconda stabilire le regole per impedire a un quarto di farne parte”
(A. Caprarica)
Pare che da qualche tempo, in Gran Bretagna, per un italiano che volesse iscrivere il proprio figlio a scuola sia fatto obbligo d’indicare l’effettiva nazionalità. Non basta lo stato d’appartenenza, ma occorre dichiarare l’effettiva zona italiana di provenienza. Bisogna scegliere tra le seguenti bizzarre opzioni: “Italian (Any Others), Italian (Napoletan), Italian (Sicilian)”. Proprio così: devi dichiarare esattamente da dove vieni, o meglio, se sei terrone oppure no.
Perfida Albione, non l’avessero mai fatto. Tacciati di razzismo post Brexit anche dal più acerrimo dei leghisti. Regole dell’altro mondo. Norme “da extracomunitari” dice qualcuno e, letteralmente parlando, non ha tutti i torti.
Le invettive sul pregiudizio si sprecano, gli appelli all’integrazione razziale impazzano.
Nella foga della critica e del rimprovero si tralascia il fatto che da tempo le scuole britanniche richiedano ai neo iscritti di indicare se sono “britannici bianchi, scozzesi, irlandesi, gallesi, bianchi europei o di altre nazionalità”. Dicono che l’informazione serva per verificare statisticamente eventuali rifiuti o mancate ammissioni proprio in funzione della provenienza geografica o della razza.
Non sappiamo se sia vero. Di certo, la richiesta di specificare il “tipo” d’italiano d’appartenenza integra e incrementa un questionario già di per sé predisposto alla categorizzazione.
La cosa che mi sconvolge è invece che abbiano raggruppato gli italiani solo in tre macro insiemi. Riduttivo per tutti. Ma il dramma che ci sta dietro non è tanto il razzismo degli inglesi, quanto piuttosto la loro ignoranza.
O forse, come diceva la Loren è giusto distinguere: “Non sono italiana, sono napoletana. È un’altra cosa”.
Caro amico, ti scrivo
Posted by Giullare in Cose di paese on 26 settembre 2016
“È bello scrivere perché riunisce le due gioie: parlare da solo e parlare a una folla”
(C. Pavese, Il mestiere di vivere)
Ho chiesto a qualche amico di scrivere la prima cosa che vorrebbe dire al Lele. Senza alcuna regola.
Questo è il risultato dei loro contributi. Di questo pubblicamente li ringrazio.
“Caro Lele sono già passati 10 anni e sembra ieri che te ne sei andato… sarebbe stato bello discutere animatamente dei risultati di Inter e Juve … sarei stato preso in giro per il triplete del 2010 e poi mi sarei rifatto in questi ultimi anni… mi sarebbe piaciuto vedere la tua faccia all’arrivo di Tohir.. non oso pensare le battute sul suo conto 😂😂😂 sento la mancanza di queste piccole cose.. spero che lassù ti possa divertire come facevi tra noi. Ciao Lele sarai sempre nei miei ricordi.
“Ciao Lele come va? Stai bene li?” E aspetterei la sua risposta! Gli direi “Ciao Lele è passato un po’ di tempo ma qui a Volta non ci siamo dimenticati di te, della tua esilarante voglia di scherzare, di stare insieme agli altri. L’incontro quotidiano inoltre dei tuoi amici, dei tuoi familiari per le vie del paese è motivo di ricordo e di preghiera per te e per noi, affinché da lassù tu sia ancora fiero di noi e noi possiamo ricordarti come sarai sempre, vivo in mezzo a noi.”
“Ringrazio spesso chi da lassù mi e ci protegge. Sono convinto che tra quelle persone ci sia anche tu… grazie, Lele!”
“Ciao bidone. Tutto bene?? È un po’ che non usciamo. Organizzo per sabato??”
“Ciao Lele! Quale commedia stai preparando adesso? Ti vedo bene come attore!”
“Grazie Lele…e lo sai che è un grazie dal cuore…L’arrivo di un bimbo è un dono…se poi è cosi desiderato, lo è ancora di più…Ero certa che il filo dell’affetto e dell’amore con chi se ne è andato non si interrompe…ma oggi lo sono ancora di più…Ti ho sognato ormai 8 mesi fa…eravamo in montagna di sera e passeggiavamo…mi sembrava la strada di Montagne…ma a dirti la verità ero cosi sorpresa che non la guardavo…parlavamo…e tu mi hai detto…che stavi bene…adesso eri sereno…il tuo sguardo era sereno…mi hai messo una mano sulla spalla…poi non ricordo cosa ci siamo detti…ma è stata una lunga chiacchierata….poi mi hai detto…salutami tanto Silvio e Massimo…e poi mi sono svegliata…Il giorno dopo ho scoperto di aspettare un bimbo…e credo che sia stato un segno del cielo per me…forse ti ha mandato il mio papà…per questo ti devo dire grazie…e grazie a Silvio che mi ha permesso di condividerlo…per me è una cosa preziosissima forse una delle più belle della mia vita… non credo sia una coincidenza…non ti sognavo da tantissimo tempo…forse anni…il filo dell’affetto resta anche se sei nella porta accanto… c’è e io sono certa che hai la mano sulla spalla di tanti tuoi amici…grazie Lele…di cuore…”
“Io ti giuro che la prima cosa che farei è un’asta del fantacalcio noi quattro”
“Caro Lele, il tuo ricordo mi accompagna ogni qualvolta percorro la strada che da Pozzolo porta a Roverbella, e la domanda finale è sempre la stessa: quale era il vero Lele? Quello che si prendeva gioco degli altri (che confesso talvolta mi metteva in imbarazzo) o quello che, quasi timidamente, raccontava alcuni suoi aneddoti o storie? Io amo pensare che dietro questa apparenza tu non eri altro che un ragazzo fragile con una grande sensibilità… e hai lasciato in tutti quelli che conoscevi un grande sorriso.”
“Minchia, anni e anni a seguire l’Inter e poi ti sei perso il Triplete. Mai na gioia…”
“Avrei un sacco di cose da dirti e da raccontarti. Dio solo sa quanto avrei voluto sedermi al banco del bar con te, con un buon bicchiere e un confronto schietto. Mi manca da morire questa cosa. Ho pensato a cosa dirti nelle notti insonni degli ultimi dieci anni. Ti ho cercato con la mente nei miei periodi più bui. Ho sperato di sognarti e di parlarti nel mondo irreale del sogno. Ma non ti ho mai trovato, tu non c’eri mai.”
“Di cose da dirgli ne avrei tante, anche se nn lo conoscevo come voi… Avrei voluto vederlo ubriacarsi ai nostri matrimoni (sicuramente l’avrebbe fatto) e cantare… sarebbe stato uno spettacolo vederlo arrabbiarsi per rilanci dell’ultimo minuto di Andrea all’asta del fantacalcio…gli direi che Francesco è interista come noi… Gli aperitivi a casa nostra sarebbero stato un appuntamento fisso del venerdì…magari Andrea l’avrebbe convinto a giocare a calcio, ma considerando che è lui il preparatore atletico avrebbe detto di no… E poi gli direi che gli voglio bene…
<<Non camminare dietro a me, potrei non condurti. Non camminarmi davanti, potrei non seguirti. Cammina soltanto accanto a me e sii mio amico>>.
(Albert Camus)”
“Quel giorno qualcuno ha pensato di strapparlo alla nostra compagnia per rallegrarne un’altra! Ogni volta che ci troviamo nessuno lo dice ma uno dei primi pensieri è come sarebbe bello averlo ancora con noi! Passa il tempo ma non dimenticheremo mai un grande amico! Ciao Lele!”
Raggi X
“Ho letto quella mail ma ho capito male“
(L. Di Maio)
Doveva capitare ed è capitato. Le polemiche intorno alla vicenda Raggi hanno evidenziato le goffe contraddizioni di un Movimento che, come tanti prima e peggio di lui, assurge per sua natura alla trasparenza totale e all’infallibilità intellettuale. Additare chiunque di disonestà, e autoproclamarsi paladini unici della purezza e dell’integrità, rischia di essere controproducente. Soprattutto all’atto del “fare”. Perché prima o poi a certi livelli, direttamente o indirettamente, per colpa o per dolo, si viene inevitabilmente ripagati con la stessa moneta. La storia è piena di scivoloni negli stessi anfratti che poco prima si voleva esorcizzare. Predicare è una cosa, razzolare un’altra.
Non capisco lo stupore di fronte ai riflettori puntati, però. È vero che le accuse, per fatti veri o presunti, sono tutto sommato blande. È vero anche che altrove è successo e succede di peggio, senza troppi clamori della cronaca. Ma è anche vero che nessuno come i Cinque Stelle si è mai proclamato così integerrimo e al di sopra delle parti. E le accuse di complotto… le abbiamo già sentite per trent’anni.
Il Movimento, che è stato abilissimo ad intercettare il malcontento popolare ed a fornire un’alternativa, dovrebbe prendere atto che governare è ben diverso dal fare opposizione. Dovrebbe rispondere meno alle polemiche dei giornali e più alle domande dei cittadini. Meno video messaggi e più concretezza. Perché oltre alle perplessità sulla sua incoerenza, non si instauri anche il dubbio della mediocre incapacità.
Terremorto e terremotto
“Vogliamo i ladrones, vogliamo tutti i loro nomi. Terremoto ed eclissi al sole”
(Litfiba, Dimmi il nome)
Non vale. L’apologia del diritto di satira non può andare a balbuzie. O si difende la libertà di satira sempre, oppure la si condanna. Su questo tema non ci può essere la corrente alternata.
Guardando la vignetta di Charlie Hebdo, che punge l’orgoglio italiano di fronte al tragico sisma, non avverto alcuna irriverenza, né alcun sentimento di scherno. Pur conoscendo persone morte e ferite quella notte, non mi sento deriso, non mi sento preso in giro. Trovo invece che abbiano colto nel segno, smascherando con cinismo il vero dramma che sta dietro il dramma. Trovo che il messaggio che si cela tra l’immagine e gli slogan sia un altro, rispetto a quello largamente percepito. L’Italia, celebre nel mondo per il suo stile unico, oggi diventa famosa per la superficialità dei suoi controlli, per l’inadeguatezza delle sue tutele, per l’atavica incapacità di alzarsi. Fa male sentirselo dire, ma è così, siamo noti per questo.
La vignetta dovrebbe fare profondamente riflettere, non solo superficialmente indignare.
Vacanze a Cortina
“Perché Cortina è Cortina. Luogo mitico e mitizzato almeno dalla metà del XIX secolo, quando le sue montagne dai toni cromatici dal rosa al viola, le uniche concrezioni rocciose al mondo a possedere una fragranza marina, furono scoperte da avventurosi viaggiatori nordici e britannici. Prima la haute asburgica, poi ci furono Hemingway, i Savoia al completo, la mondanità scintillante dai 50 ai 70, Marta Marzotto, lo Ski Club 18, in un tourbillon di eventi sportivi, primo tra tutti le Olimpiadi invernali del 1960, pranzi epocali, outfit etnici di varia fatta e provenienza, eccessi e follie”
(da un articolo di Vogue, dicembre 2010)
Regina delle Dolomiti. Cortina è il posto di montagna che amo di più. Nonostante il suo intollerabile snobismo, la sua smodata eccentricità, la sua insopportabile confusione. Qui le Tofane si mostrano in tutta la loro bellezza, Il Cristallo brilla fino a tarda sera. L’acqua del Boite è di un celeste caraibico e ogni bosco nasconde un sentiero. Le ferrate ti spingono a tremila metri e sotto ogni cima la montagna racconta la Grande Guerra, con i suoi avamposti, le sue trincee e i suoi fortini. Qui c’è tutto.
Qualche idea… La ciclabile Cortina-Dobbiaco ripercorre il tragitto della vecchia ferrovia, attraversando boschi e gallerie, ponti e laghetti. Un panorama molto vario, per il quale non mancano gli staffoli culinari. Ad Ospitale, l’omonimo ristorante propone piatti superlativi, mentre al passo Cimebanche è possibile gustare la più spartana griglia del chiosco.
Da Campo si può raggiungere, a piedi o con navetta jeep, il rifugio Croda da Lago. A duemila metri e a ridosso dell’omonima cima, un laghetto meraviglioso istiga inequivocabilmente all’ozio. La cucina del rifugio è spettacolare.
Altra escursione adatta ai bimbi è quella a Ra Stua. Copione simile: rifugio immerso tra sentieri e pascoli sterminati, con ruscello d’ordinanza e menù rigorosamente all’altezza della situazione.
A Fiames parte una bellissima ferrata che con mille metri di dislivello raggiunge la cima. Da qui si domina Cortina e poi ci si butta di corsa a capofitto giù da un interminabile ghiaione.
Ferrate Roda di Vael e Masaré
“Le grandi montagne hanno il valore degli uomini che le salgono,
altrimenti non sarebbero altro che un cumulo di sassi”
(W. Bonatti)
Le Dolomiti sono tra i posti più belli del mondo. O almeno di quella parte di mondo che ho visto io. La roccia che cambia colore col sole disegna paesaggi inverosimili. Qui le pareti imponenti lambiscono il cielo e quando ti avvicini, sembrano non finire mai.
Nei pressi del Catinaccio abbiamo percorso due ferrate. La prima, la Roda di Vael, prende il nome dell’omonima cima e rapidamente porta dal rifugio sottostante (2280 mt) alla vetta (2800 mt). Poco più di un sentiero attrezzato che però regala tratti bellissmi a ridosso della forcella e nel camino di discesa. Dalla cima il panorama è a trecentosessanta gradi: Sella, Marmolada, Latemar, Sasso Lungo.
La seconda ferrata, che si può compiere unitamente alla prima, è la Masarè. Tutta in cresta, in un saliscendi delizioso e appagante, è decisamente più impegnativa della prima. Non diventa mai difficile, ma riserva alcuni passaggi tecnici davvero molto belli.