Il numero uno
“Non scampa, fra chi veste da parata, chi veste una risata”
(F. Guccini, Canzone di notte n. 2)
Sono contento che l’imbattibilità di Rossi sia stata superata da Buffon. E lo dico da milanista, sia chiaro.
Si parla impropriamente di “imbattibilità del portiere”, come se il merito di un record simile fosse appannaggio esclusivo dell’estremo difensore. Come se fosse solo grazie all’abilità del portiere e alle sue parate se una squadra incassa pochi gol. Ovviamente non è così e se il portiere non subisce reti è merito soprattutto dei suoi difensori e, più in generale, di tutta la sua squadra. È storia: quella difesa di Rossi era più forte di questa difesa di Buffon. Ma nel confronto tra portieri non c’è storia.
Se dunque ammettiamo l’assioma che il record d’imbattibilità appartiene al portiere, allora, in un certo senso, è giusto che a detenerlo sia il portiere italiano più forte di tutti i tempi. Complimenti.
Tu vo’ fa l’americano
“Alcuni credono di aver fatto dei gran passi avanti, e di tutte le qualità che possiedono solo la presunzione si trova d’accordo con questa loro idea”
(A. Schnitzler, Il libro dei motti e delle riflessioni)
Da settimane l’Italia è spaccata nel dibattito sulla stepchild adoption. Non si parla d’altro. Discussione lecita, confronto sacrosanto. Ma l’impatto di queste scelte quante persone riguarda? Di quante ipotetiche adozioni di figli del partner omosessuale stiamo parlando? Dieci, cento?
Nelle stesse ore è passato in sordina un altro argomento, che meriterebbe maggiori attenzioni. Nella noncuranza del Parlamento e all’insaputa dell’opinione pubblica, all’indomani della strage di Parigi è stato convertito in legge un Decreto che attribuisce al nostro Premier speciali poteri di guerra. In poche righe viene modificata la catena di comando. Saltando il voto del Parlamento, Renzi può decidere in autonomia le operazioni dell’Aise (servizio segreto per la sicurezza esterna): i nostri militari di unità speciali avranno le garanzie degli 007, licenza di uccidere e impunità per eventuali reati commessi”. I servizi segreti, sotto la cabina di regia del premier, assumono il comando, mentre i militari agiscono con garanzia di totale impunità. Gioca a fare la Cia, il nostro Presidente.
Ecco, vorrei che si parlasse più di questo che delle coppie gaie.
Chissà dove sarei potuto arrivare
Posted by Giullare in Cose di paese on 16 febbraio 2016
“Arriva il momento in cui, dopo aver perduto le illusioni sugli altri, si perdono quelle su se stessi”
(E. Cioran, Quaderni)
Stanotte, o meglio questa mattina presto all’alba, ho sognato di essere il Presidente della Repubblica. Arrivavo al Quirinale su indicazione diretta di Napolitano, che vedendo le Camere incapaci di arrivare ad un’elezione, faceva il mio nome rassicurando ogni schieramento politico. Bastavano le sue parole “abbiate fiducia in lui”, per farmi eleggere unanimemente dal Parlamento. Applausi.
Qualche attimo dopo dirigevo un incontro del CSM, proprio in qualità di Presidente della Repubblica. Mi lamentavo per il disordine della stanza in cui era convocata la riunione, per gli evidenti segni di bagordi di una festa tenutasi poco prima. Ero furioso per quei bicchieri sporchi e per quelle briciole sul tavolo di noce. Qualcuno raccoglieva la mia lamentela per intraprendere un iter formale di verifica presso i vari organi deputati al cerimoniale e all’organizzazione.
Poi una voce: “Trattoore? Trattoore?”
Il Gabry si sveglia (e mi sveglia) cercando il modellino del trattore di Cars, prima ancora di sua madre e suo padre. E se non mi avesse svegliato, chissà dove sarei potuto arrivare…
Un Giullare di dieci anni
Posted by Giullare in Cose di paese on 12 febbraio 2016
“È matematicamente dimostrabile che la concezione del tempo è in stretto rapporto con l’età: per i vecchi il tempo passa più in fretta”
(A. Toffler)
In questo mese di febbraio, il blog del Giullare compie dieci anni. Era esattamente il 26 dicembre del 2005 quando il Paio mi suggerì l’idea di un blog. Detto fatto, e grazie al suo aiuto, nel febbraio del 2006 iniziai a scrivere i primi post. Non ho ancora smesso.
In dieci anni sono successe tantissime cose, ma il Giullare di Sassello è ancora lì. Talvolta è mancato il tempo per scrivere, altre volte è venuta meno la voglia, molto spesso a latitare è stata la fantasia. Eppure il blog rimane vivo e questo è per me motivo di profondo orgoglio. L’unica vera ragione per cui è resistito alle intemperie della vita risiede nell’interesse dimostrato da coloro che lo leggono. Questo è fondamentale. C’è chi mi scrive messaggi, chi mi fa i complimenti incontrandomi al supermercato, chi mi confuta in ufficio o chi mi telefona per approfondire qualche tema particolare. Sapere che scrivo per qualcuno che legge è il vero motore di questo piccolo circo. Grazie a tutti.
La famiglia trapezoidale
“E se gó de dila töta, il futuro che vorrei
è un bel mondo dove i bimbi i va töcc a fa i famèi”
(Di ‘n dèl nas, Ninna nanna del babbo)
Le argomentazioni che ho letto e sentito in questi giorni contro l’approvazione del famigerato ddl Cirinnà si basano unicamente su due principi. Il primo è costituito dall’ignoranza della questione, intesa come confusione e inconsapevolezza dei contenuti effettivi del provvedimento. II secondo è rappresentato dalla paura di una fantomatica deriva dei costumi sociali, orribile preludio ad una società immorale o, peggio ancora, amorale.
In primis. Il testo Cirinnà disciplina le unioni civili, creando un nuovo istituto anche per coppie dello stesso sesso. Nella bagarre dei mille dibattiti, il trambusto e la strumentalizzazione hanno spostato la disputa unicamente su diritti degli omosessuali, anche se la proposta di legge riguarda sia omo che etero.
Il disegno prevede che due persone, con un legame di coppia e che vivono insieme sotto lo stesso tetto, abbiano gli stessi diritti dei coniugi per quanto riguarda la reciproca assistenza in carcere e in ospedale, l’accesso alle informazioni sanitarie, la permanenza nella casa di famiglia in caso di morte del partner, l’assegno di mantenimento, l’unione o la separazione dei beni, la reversibilità della pensione. Viene estesa alle unioni civili anche la cosiddetta stepchild adoption, ossia l’adozione, da parte di entrambi gli individui, del figlio biologico di uno solo dei due genitori, adozione peraltro già disciplinata dalla legge. Il nuovo istituto dell’unione civile si sottoscrive di fronte a un ufficiale di stato civile, alla presenza di due testimoni e con iscrizione in un registro comunale.
Il disegno di legge non introduce alcuna modifica alla normativa della fecondazione assistita e della fecondazione eterologa.
In secundis. Un punto che forse non è chiaro, ma che è fondamentale per farsi un’opinione, è che la legge aggiunge diritti a qualcuno, senza togliere diritti a nessun altro. Se ci si pone in quest’ottica si può ben comprendere che chi crede nella sacralità del vincolo familiare e nel valore della famiglia tradizionale, può continuare a farlo: il decreto non introduce alcuna coercizione ed alcun annullamento di istituti giuridici esistenti.
Troppe sfaccettature, la vera paura è quella di passare dalla famiglia tradizionale a quella trapezoidale.
Occorre però anche intendersi sul significato di “tradizionale”. È tradizionale la mia famiglia, basata sul matrimonio di un uomo ed una donna che hanno messo alla luce un figlio? O è più tradizionale la famiglia del mio bisnonno, che sotto uno stesso tetto ospitava cinque figli, una nuora e un genero, svariati nipoti e qualche famèi? Oppure, andando ancora più indietro, è più tradizionale la tribù di Elitovio, che, a detta di Livio, condusse i Celti a Mantua qualche anno più indietro? È evidente che il concetto di “tradizione” muta col passare del tempo.
Molti infine lanciano anatemi sulle difficoltà di crescita dei bambini con due genitori dello stesso sesso. La frase più inflazionata: “i bambini devono avere un padre e una madre”. La Repubblica ha parlato di “Esperti divisi” e Il Giornale, riprendendo una vaga dichiarazione del presidente della Società Italiana di Pediatria ha titolato “possibili danni ai figli”. In realtà è noto come a livello mondiale gli esperti siano in gran parte d’accordo sul fatto che non ci siano differenze nei bimbi cresciuti in una famiglia omogenitoriale.
E di questo passo dove arriveremo? Non lo sappiamo, di certo in nessun baratro buio, come dimostrano i paesi dal welfare più evoluto, che hanno introdotto normative simili già da diversi decenni. Si tratta di fenomeni sociali inarrestabili, che conviene a tutti regolare e normare.
Poi se cadono sia le obiezioni normative, che quelle culturali e scientifiche… resta ben poco.
Post scriptum
Posted by Giullare in Cose di paese on 2 febbraio 2016
“Credo che le mie osservazioni contengano novità sufficienti per giustificarne la pubblicazione”
(C. Darwin)
Grazie alla pubblicazione sulla prestigiosa rivista on line Personale News, l’ingegner Ruggia ha scovato un mio vecchio post che parlava di Cud (http://www.silviobau.it/2013/03/15/certificato-unico-dipendente/).
Il post, apparso su questo blog nel 2014, metteva a nudo le assurdità burocratiche con cui la pubblica amministrazione vessa l’ignaro richiedente della Certificazione Unica.
Ora quella breve narrazione sarcastica è finita su un libro. Augusto Ruggia ha infatti pubblicato “Cambiamo in comune” e a pagina 23 c’ha messo il mio post.
Lo ringrazio per questa iniezione di autostima.
Ciocapiàt
“Personaggio sbruffone con la tendenza a parlare molto e concludere poco. Di solito affibbiato ad individui che si vantano di particolari prodezze o agganci che in realtà non hanno”
(dal diz. Il Bolognese per tutti)
Nessuna volgarità, nessuna offesa, nessuna caduta di stile. Il segnale che Mantova è la vera capitale della cultura italiana sta tutta nello striscione dedicato a Renzi e alla sua visita. In una parola, elegantemente attinta dalla tradizione popolare e dialettale, c’è la sintesi di un sentimento diffuso.
Ciocapiàt, letteralmente “picchia piatti”, rimanda al rumoroso frastuono dei venditori ambulanti, capaci di attirare l’attenzione di tutti e di circuire chiunque con i loro annunci e i loro proclami. Robe che ti vien voglia di comprarle appena iniziano a raccontartele. Non necessariamente un ciarlatano o un mascalzone, ma un imbonitore da sagra, abilissimo a circuire capaci ed incapaci allo stesso modo.
Invidio l’ideatore di questo slogan, un genio indiscusso. Un po’ meno il destinatario del messaggio, sempre più vittima della sua esuberanza e della sua demagogia.
Piano, piano
Posted by Giullare in Cose di paese on 16 gennaio 2016
“È facilissimo trasformare le marionette in impiccati. Le corde ci sono già”
(S. Jerzy Lec, Pensieri spettinati)
Sui contenuti del Piano, e su ogni sostanziale precetto e previsione, ognuno può lecitamente prendere una posizione di sostegno o di opposizione, avallando o criticando le scelte prese nel recente passato dall’Amministrazione Adami. Al di là delle opinioni personali di ciascuno, però, la sentenza del TAR sulla validità del PGT mette in luce essenzialmente due aspetti di questa spinosa vicenda.
Il primo è l’acume, la dedizione e la chiarezza con cui il gruppo di Volta In Movimento ha spiegato questa annosa materia ai cittadini. Il lavoro inequivocabile e super partes del gruppo ha prodotto un messaggio di trasparenza e chiarezza che nessuna amministrazione e nessuna opposizione aveva mai saputo produrre prima. Non solo volontà di spiegare, ma anche grandi capacità di analisi e di sintesi. Ogni cittadino ed ogni amministratore dovrebbe avere la dignità intellettuale di riconoscerlo.
Il secondo aspetto da sottolineare è l’arroganza e l’ostinazione con cui alcuni soggetti hanno gongolato in attesa della sentenza, chiudendosi ad ogni dialogo e barricandosi dietro la boria e la superbia di certezze infondate. Tra costoro troviamo coloro che nutrono importanti interessi personali, necessariamente da perseguire e tutelare con determinazione, ma anche molti altri che legano l’asino dove vuole il padrone, che senza farsi troppe domande e senza entrare troppo nel merito sbandierano con veemenza un pensiero di altri. E sono proprio questi ultimi le vittime più struggenti, burattini inconsapevoli di un teatro grottesco pieno di comparse in cerca d’autore.
Nel regno animale
“Puoi conoscere il cuore di un uomo già dal modo in cui egli tratta gli animali”
(I.Kant)
Nella ridente Treviso, su denuncia di un’associazione ambientalista, i vigili vanno al mercato del pesce e sequestrano tre astici vivi adagiati sul ghiaccio. Come denunciare un fioraio perché tiene le petunie in un vaso d’acqua, o il pizzaiolo perché mette le pizze nel forno. Sembra una barzelletta, ma invece parte una segnalazione alla Procura della Repubblica per maltrattamento di animali. Nel frattempo i vigili si disfano probabilmente delle prove dando vita ad una catalana, annaffiata di abbondante prosecco.
Uno studio dell’Università di Pavia sulla fauna lombarda ha rilevato che nella provincia di Mantova c’è una nutria ogni due abitanti. Più nutrie che carabinieri, medici, infermieri e insegnanti messi insieme. La Coldiretti parla di emergenza, perché perforano gli argini e le sponde dei canali e devastano i campi, oltre a finire ammazzate dalle auto sulle strade. Per risolvere il problema occorrerebbe un piano nazionale di contenimento e una collaborazione interregionale, per eliminare almeno un milione e mezzo di nutrie. Anche qui gli animalisti insorgono.
Troppe volte per brandire la tutela dei diritti, ci si dimentica della differenza tra l’uomo e l’animale.
Je suis Charlie, a volte
“Sembra che io abbia una costituzione che non regge l’alcol e ancor di meno l’idiozia e l’incoerenza”
(J: Kerouac)
Ad un anno dagli attentati alla sede di Charlie Hebdo, le copertine del settimanale francese tornano a fare polemica. Stavolta dall’altra sponda del monoteismo. È la Conferenza Episcopale Francese a criticare l’inopportuna immagine pubblicata pochi giorni fa, dove si vede Dio col kalashnikov e la tunica insanguinata sotto la scritta “Un anno dopo – L’assassino ancora in fuga”.
Apriti o cielo, è il caso di dirlo. Ogni benpensante storce il naso di fronte a questa irriverente débâcle. Impertinente, sfacciata, in netta contrapposizione alla pace e alla distensione. Eppure l’anno scorso ricordo bene l’unanime appello al diritto di satira e l’insopportabile motto “Je suis Charlie”, scritto e sottoscritto ovunque. La coerenza a volte…