Terzo tempo

“Ho messo la testa dove gli altri non osavano mettere nemmeno i piedi”

(J.P. Rives – Terza linea della Francia dal 1975 al 1984)

Il bello del rugby è che è l’unico sport di squadra profondamente autentico, di regola il più etico tra le discipline non individuali. Finzione, isteria, ozio, indolenza, lussuria, avidità, analfabetismo…sono i sette vizi capitali che si trovano a tutti i livelli del calcio professionistico. Qui non ci sono.

Il test match Italia – Sudafrica, però, è stato un’altra cosa. Quando la nazionale di rugby scende in campo, migliaia di cialtroni pensano che sia come guardare Buffon e Balotelli. In queste occasioni la ritualità dello sport anglosassone lascia il posto al fracasso dello stadio di calcio. Il pubblico delle tribune non sa distinguere una mischia da una touche, ma ogni momento è buono per sostenere l’inesauribile ola che passa dagli spalti. Snervante.

Viene spontaneo il paragone con l’RDS Arena, tempio sacro del rugby di Dublino. Là, un anno fa, il silenzio dei calci piazzati faceva accapponare la pelle, qui il frastuono impedisce ogni conversazione. Là gli inni incitavano le squadre ad affondare la baionetta nell’avversario, qui si canta la canzone dei mondiali 2006 anche quando entra il massaggiatore.

Per fortuna Padova è stata anche altro. Un lungo aperitivo in centro ed una degna cena ci hanno fatto dimenticare l’impalpabile partita. Per fortuna che esiste il terzo tempo.

Piloni di mischia

Piloni di mischia

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Apparizioni

Il posto fisso per tutti è un’illusione

(E. Fornero)

L’ultimo esonero in casa Inter ha riportato in auge il vecchio adagio dell’agognato posto fisso, sempre più chimera dei tempi moderni.

Pensando alla girandola di destituzioni nerazzurre, ho cercato un po’ di numeri. Impietosi. Nel ventennio dell’era Moratti si sono avvicendati 19 allenatori (22 se si contano i rimpatri).

Scorrendo la lista si trovano guru incompresi e meteore in caduta libera, ma poco importa. Una panchina che sembra la hall di un motel a ore, dove in tanti vanno e vengono e in pochi lasciano il segno.

Non c’è una morale conclusiva, né un finale ad effetto. È solo che questa cosa fa un po’ sorridere.

Dal 1994 ad oggi, in ordine di apparizione:

Ottavio Bianchi
Luis Suárez
Roy Hodgson
Luciano Castellini
Luigi Simoni
Mircea Lucescu
Luciano Castellini
Roy Hodgson
Marcello Lippi
Marco Tardelli
Héctor Cúper
Corrado Verdelli
Alberto Zaccheroni
Roberto Mancini
José Mourinho
Rafael Benítez
Leonardo
Gian Piero Gasperini
Claudio Ranieri
Andrea Stramaccioni
Walter Mazzarri
Roberto Mancini

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Muro contro muro

“Un uomo solo che guarda il muro è un uomo solo.
Due uomini che guardano il muro è il principio di un’evasione”.

(D. Cugia, Jack Folla Alcatraz)

Sono andato a Berlino nel 1994. All’epoca sapevo a malapena che Berlino si trovava in Germania e che in quella città esisteva un muro, appena più alto della celeberrima muretta di Sassello.

Oggi si riflette sul significato di quell’evento e di quei giorni, che segnarono inesorabilmente l’avvio di una trasformazione socio-politica del mondo. Ma nel mio piccolo, se penso al muro, penso a quella vacanza del 1994 e ai suoi protagonisti. Imberbi, ignari, imperturbabili.

Sono trascorsi venticinque anni dalla caduta del muro di Berlino. La muretta di Sassello, invece, resiste imperterrita.

Correva l'anno... 1994

Correva l’anno… 1994

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Ogni erba non è un fascio

Qualunquista è il superficiale che non si cura di penetrare le cose,
le giudica tutte a un tanto il pezzo, conserva nel solaio della mente le idee ricevute,
i giudizi acquisiti, le angherie culturali inconsciamente subite”.

(G. Brera, L’arcimatto)

È tipico del qualunquismo generalizzare un comportamento particolare e attribuire a tutti una caratteristica tipica di pochi o di molti. Nel gergo contadino si chiama “fare d’ogni erba un fascio”, cioè generalizzare eccessivamente, non considerando le differenze e le distinzioni tra i vari tipi di “erba” e pretendendo di riunire tutto in un unico “fascio”.

Finalmente qualcuno è riuscito a mettere in rete una classifica sull’affidabilità dei singoli parlamentari, esorcizzando la diffusa opinione che alla fin fine son tutti uguali.

Sul sito di Openpolis c’è innanzitutto la classifica delle presenze. E si scopre che molti assidui ospiti di Porta a Porta entrano in Parlamento poche volte l’anno. Altri anonimi ragionieri rasentano l’en plein di presenze. Non sarà un indicatore infallibile, ma è difficile che chi non arriva neppure all’1% di presenze, risulti credibile quando promuove il proprio impegno per i cittadini .

E poi viene calcolato un indice di produttività, sulla base di un algoritmo che considera la tipologia di atti prodotti, il loro iter procedurale (quanta strada riesce a fare un atto in Parlamento) ed il loro consenso (quante firme ottiene da altri parlamentari), la partecipazione del parlamentare stesso ai lavori in Commissione e in Aula, gli interventi effettuati, le presenze alle votazioni.
Nulla di infallibile, ma comunque un discreto supporto per giudicare con ragione, senza sparare troppo nel mucchio.

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Copione olandese

“Il plagio è un atto di omaggio. Chi copia ammira.

(R. Gervaso – Il grillo parlante)

Houten è una tranquilla città olandese di cinquantamila anime, non lontano da Utrecht. Ci sono stato l’anno scorso, perché ci abita mia cugina. Bel posto, di quelli dove sarebbe bello vivere. Tutto è esattamente come sembra: ordinato, pulito, rispettoso. Tutto è esattamente come sembra, tranne un quartiere, ricreato ex novo per riprodurre la Piazza del Campo di Siena e le sue abitazioni. Orripilante, il peggior tentativo di plagio mai contemplato nella storia.

Ma sempre ad Houten, due goliardici giovanotti hanno inscenato una delle migliori contraffazioni alimentari alla fiera annuale del cibo. Hanno acquistato cibo al McDonald’s e lo hanno presentato come alternativa biologica al fast food. Come da copione (è il caso di dirlo), gli esperti del settore hanno reagito con grande entusiasmo e piena approvazione. Geniale.

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Neuroscettici

“Homer: Ah, neanche un orso in vista: la pattuglia orsi sta funzionando alla meraviglia
Lisa: Questo è un ragionamento capzioso, papà
Homer: Grazie tesoro
Lisa: Secondo la tua logica, questo sasso potrebbe tenere lontano le tigri
Homer: Oh, e come funziona?
Lisa: Non funziona. È solo uno stupido sasso, comunque non vedo nessuna tigre, e tu?
Homer: Ah!
Lisa: È solo uno stupido sasso…
Homer: Ah-ha!
Lisa: Comunque non vedo nessuna tigre, e tu?
Homer: Lisa, voglio comprare il tuo sasso!”

(da un dialogo della serie I Simpson)

Il sillogismo è un ragionamento dimostrativo teorizzato da Aristotele, consistente nell’enunciazione di due premesse che, concatenate, originano una conclusione. Ad esempio:

1- Tutti gli uomini sono mortali;

2-  Tutti i greci sono uomini;

3- Dunque tutti i greci sono mortali.

Negli ultimi tempi si fa sempre più strada il sillogismo che vorrebbe la Lira come panacea di tutti i mali economici. Il ragionamento è semplice:

1- Le cose attualmente vanno male;

2- Quando c’era la Lira le cose andavano meglio;

3- Dunque se ritorniamo alla Lira, le cose miglioreranno.

Ritenere che l’uscita dall’Euro risolva tutti i mali dell’economia italiana è però un ragionamento capzioso, perché il sillogismo non sta in piedi e si fonda su un falso rapporto di causa/effetto.

È dimostrato che il ritorno alla Lira porterebbe ad una svalutazione che non alleggerirebbe il peso del debito pubblico. Molti titoli di stato non possono essere ridenominati e per questi titoli avremmo un debito in valuta estera, destinata a rivalutarsi rispetto alla valuta nazionale. Oltre a ciò, risulterebbero penalizzate tutte quelle imprese che hanno debiti verso l’estero.

Anche se nel breve periodo la svalutazione produrrebbe pil e occupazione, la conseguenza più logica sarebbe la ripresa dell’inflazione. E laddove c’è inflazione, si verificano spesso sfiducia e fuga di capitali.

Poi non si può suggerire l’uscita dall’Euro, senza preventivare che un ipotetico periodo transitorio tra le due valute subirebbe il fuggifuggi dei capitali e grandi timori di vedere i propri risparmi convertiti in una moneta destinata a svalutarsi. Servirebbero complessi sistemi per regolare la movimentazione del capitale ed il prelievo di denaro dalle banche. La cosa non sarebbe di facile gestione.

Io non ce l’ho con gli euroscettici, con i Salvini o i Grillo di turno, abili e prontissimi a cavalcare il malcontento popolare. Questi imbonitori fanno il loro mestiere di ricercare consenso, ricorrendo alla facile demagogia ed al populismo. Armi lecite, che in politica hanno sempre una certa efficacia. Basta dire “referendum” e già si risulta simpatici.

Piuttosto ce l’ho con i neuroscettici, con chi si fa menare per il naso e con chi annuisce a priori, senza porsi domande e senza guardare alla realtà. L’anacronismo è una brutta bestia.

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Numanamente

“Il mare e la vita hanno molto in comune. Rilassati.
Lasciati andare. Abbi fiducia nel fatto che resterai a galla, e ci starai.
Se invece opponi resistenza, pensando che finirai sul fondo , ci andrai davvero.
La scelta spetta solo a te”

(M. Grad, La principessa che credeva nelle favole)

Adoro il mare di Numana perché non c’entra nulla con la concezione lombardo-veneta del termine “Adriatico”. Niente sabbia polverosa, niente fondali sconfinati di cinquanta centimetri, niente acqua putrida. Nessun assembramento di bambocci rumorosi in cerca di discoteche, né code di marmocchi davanti ai lunapark. Soprattutto quiete.

L’aspetto più piacevole delle Marche è però il cibo. Sarà per il tempo poco clemente, ma la nostra settimana d’inizio settembre nelle terre del Conero sarà ricordata soprattutto per le scorribande gastronomiche. Qui si mangia bene ovunque. Nel centro di Numana meritano menzione Alvaro e La Torre.

E poi è stata la prima vacanza al mare in tre. Mica male.

Numana

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Processo alla processione

Nà sta vara si reggina, si la prima cittadina.”

Traduzione: “in questo carro sei regina, sei la prima cittadina.”

(Preghiera popolare di Sant’Agata)

 

La processione di ieri con la salma della Beata Paola per le vie del paese mi ricorda tanto i cortei siciliani, quelli con i carri allegorici di Santa Rosalia o le cannalore di Sant’Agata.

Beninteso, non ho partecipato a nessuna di queste processioni (Beata Paola vs Santa Rosalia e Sant’Agata) quindi il mio è solo un processo sterile e spocchioso, non certo motivato da competenza e conoscenza dell’argomento.

Non c’è nulla di male nelle processioni in sé, neppure nei trionfi del pacchianesimo e tantomeno nell’entusiasmo e nella devozione che animano i fedeli. Però spesso in queste sfilate si confondono la fede col folklore, lo spirito con la sagra, la credenza col fanatismo.

Non credo (e questo forse è il punto) che la Beata Paola ambisse a girovagare per la piazza, su un carretto trainato da un trattore. Ma così sia, amen.

Santarrrrosalia a Palemmo

Santarrrrosalia a Palemmo

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Questione di attimi

Tra i tanti libri che il Lele mi ha regalato, il mio preferito è “opinioni di un clown”, di Heinrich Böll.

Di quel libro, la citazione più famosa è senza dubbio “sono un clown e faccio collezione di attimi”. Per me significa che per sorridere alla vita, come fanno i clown, occorre assaporarne ogni istante, nel bene e nel male.

C’è però un’altra frase di quel libro che ho fatto ancor più mia. Parla sempre di “attimi”, è meno celebre e meno inflazionata della prima, ma è decisamente più significativa. “Aggrapparsi al passato è ipocrisia, perché nessuno conosce gli attimi di cui è fatta una vita”.

Se il Lele ci ha insegnato qualcosa è proprio che ogni attimo ha un suo peso specifico ed un suo valore particolare. Forse vale davvero la pena di vivere ogni istante con passione, anche perché le sorprese e le incognite che la vita ci riserva sono per definizione impossibili da prevedere oggi.

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Grole run

Se desideri vincere qualcosa puoi correre i 100 metri.
Se vuoi goderti una vera esperienza corri una maratona

(E. Zatopek)

“Grole run” sarebbe una mia allitterazione idiota per indicare la 34° Passeggiata dei Colli Morenici partita domenica dalla località Grole. Siccome nella vita bisogna romanzare un po’ tutto, fa brutto dire che si è partecipato ad una “passeggiata”. D’altrocanto anche lo speaker continuava a parlare di “entroterra gardesano”, ma eravamo solo a Solferino, posto dimenticato da Dio e dall’Apam.

Ad ogni modo, domenica abbiamo percorso questi dodici chilometri di corsa, in un ambiente sorprendentemente bello. Non solo campi e cavedagne, ma soprattutto colline, crinali, borgate sconosciute, boschi e rivoli nascosti…. Oltre duecento metri di dislivello.

Complimenti agli organizzatori dell’evento, per la minuziosa attenzione che hanno riservato al tracciato. E anche al ragazzino che ci ha fatto la foto: il pilastro dell’Enel non ha corso, ma lo consideriamo comunque uno di noi.

Per la cronaca ho battuto Bertagna, precedendolo di qualche minuto sul traguardo.

GroleRun

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