Il buco con la polemica intorno
Posted by Giullare in Cose di paese on 16 settembre 2014
(T. Terzani, La fine è il mio inizio)
La nuova banda del buco (di bilancio) sembra seminare il panico a Volta. I numeri fioccano dall’alto come macigni ed in ogni articolo della Gazzetta il buco aumenta e diminuisce di alcune centinaia di migliaia di euro… Come dire: stiamo larghi, per non sbagliare.
Della vicenda non ho capito come sia possibile che tutto ciò non sia emerso in fase di approvazione del bilancio di previsione, nel marzo del 2014. Come poi un bilancio siffatto possa aver superato il vaglio di un responsabile preposto a controllarlo, va certamente chiarito.
Ora, ammesso che di buco si tratti, ricordo che al momento del suo insediamento l’Amministrazione Adami sanò diversi debiti fuori bilancio (certamente di importi minori) fatti dall’Amministrazione precedente. E lo fece senza pubblicarlo sulla Gazzetta di Mantova, né piangendo miseria, né tantomeno alzando le tasse. Sbagliò? Certo che sì.
Oggi potrebbe anche sorgere il dubbio di essere di fronte al gioco più vecchio del mondo, quello di aumentare le tasse incolpando i predecessori e di abbassarle a ridosso delle prossime elezioni. Scene viste e riviste.
Postilla. Mi si chiede se il principio di responsabilità pecuniaria vigente nelle opere pubbliche della città di Efeso possa essere applicato anche a questo caso. Forse sì, nella misura in cui chi pretende di scegliere a nome di tutti dovrebbe essere responsabile se commette degli errori sulla testa di tutti.
Nel caso delle opere pubbliche però, la ratio di sanzionare i lavori troppo onerosi risiedeva (ad Efeso) nella volontà di scoraggiare “creste” e plusvalenze poco ufficiali, che troppo spesso raggiungono il portafoglio di pochi.
Qui mi sembra un po’ diversa la faccenda.
Buona forchetta (a casa mia) – Risotto coi saltarèi
Posted by Giullare in Buona Forchetta on 1 settembre 2014
(Confucio)
Per rimanere in tema di cucina tipica mantovana, un’ottima variante all’inflazionato risotto alla pilota è il risotto con i saltarèi. Si tratta di piccoli gamberetti d’acqua dolce, rigorosamente fritti.
Ho scoperto che anche wikipedia ne menziona grossolanamente la ricetta. Con grande autorevolezza conclude dicendo che “può essere anche considerato come piatto unico”. Impossibile darle torto.
Consuetudini in culla
“Ci sono domande alle quali è meglio non rispondere nell’interesse di chi le fa”.
(R. Gervaso, Il grillo parlante)
Quando nasce un bambino ci sono una serie di commenti e di domande standard che risucchiano ogni genitore di buona volontà. Vi elenco i cinque punti principali del protocollo d’intervista, a cui ogni buon padre di famiglia è costretto a sottoporsi.
- Il commento più falso e più diffuso fatto in presenza dei genitori è “Che bello che è”. Cordialità, contegno senso del decoro, sensibilità… Non so quale sia il vero motivo, ma non ho mai sentito dire ad un genitore che suo figlio è “bruttino” e neppure che è “così così”. Eppure è impossibile che tutti i bambini del mondo siano belli, lo sanno anche i genitori stessi. Meglio passare per maleducati o per ipocriti?
- Appena nasce un bambino, mentre ancora non si distinguono la testa dalla rotula, l’ombelico dall’occhio, il naso dall’alluce, i più arditi azzardano le somiglianze sparando nel mezzo: “Ha gli occhi tuoi e la bocca di lei”, oppure “La parte sopra del viso è di lei, quella sotto tua”. La frase è buttata lì, nella declinazione più generica possibile, in modo che il senno di poi non possa smentire drasticamente nessuno. Ma io li segno tutti.
- Sempre nell’ambito dell’esame fisico corporeo, l’altro commento da mercato delle vacche è “Che lungo che è”. È la proprietà transitiva degli attributi: essendo il bimbo pressoché orizzontale, l’altezza si tramuta in lunghezza.
- Altra affermazione generica e approssimativa, spendibile con (quasi) tutti i bambini è “A vederlo così sembrerebbe buono”. Uno lo dice per avere sempre ragione: se effettivamente è buono, me ne so accorto subito; se invece non è buono, è l’apparenza che inganna quindi non ho sbagliato giudizio. Assolto.
- La migliore di tutte però è la frase riferita alla moglie “Ma gala ‘l lat?” (“Ma ha il latte?”). È l’assillo assoluto delle anziane, il tarlo tantrico delle nonne più attempate e delle balie dismesse. E se rispondi di no sei irrimediabilmente relegato al cerchio degli eretici.
Ferrata Favogna, per ringiovanire
“La vecchiaia è un alibi”
(L. Scutenaire, Mes inscriptions)
La ferrata Favogna si trova in Val d’Adige, poco dopo Mezzocorona. Ottima da fare in giornata, magari evitando i momenti più torridi dell’estate.
Bellissimo l’incipit verticale della via che a metà si perde in un lungo e noioso sentiero boschivo. La via ferrata poi riprende e nel complesso raggiunge gli 800 mt di dislivello; l’uscita è in un bellissimo e vasto bosco di larici, buono per ambientarci qualche romanzo fantasy. Il giro è di circa quattro ore e l’unica vera pecca è che l’arrivo del sentiero non coincide con il punto di partenza, quindi occorre lasciare l’auto ad indebita distanza.
Alla fine della ferrata si trovano due discreti approdi gastronomici: il rifugio Plattenhof e il Kirche. Noi abbiamo provato le fettuccine ai funghi e lo stinco della prima meta. Non eccelsi, ma sempre meglio di una rustichella a Paganella Ovest.
Prima di riprendere l’auto, mentre mi bevo il meritato birroccio della staffa, una signora ottantenne attacca bottone e mi chiede informazioni sul percorso appena compiuto.
“E la ferrata? È difficile?”, mi domanda.
“No, signora, non è difficile, è solo un po’ lunga.”
“Eh… io non l’ho ancora fatta, quindi non so come sia.”
“Non si preoccupi signora, ha ancora tempo.”
Parcheggio? No, Grazie
Posted by Giullare in Cose di paese on 16 agosto 2014
(A. Bierce, Dizionario del diavolo)
Nel 1425 Gian Francesco Gonzaga dichiarò il piazzale antistante la Chiesa delle Grazie “luogo di libero mercato di merci”. Da quel giorno, ogni Ferragosto, la frazione Grazie ospita la celebre fiera dedicata alla Madonna e l’annuale concorso artistico dei Madonnari.
Per il mantovano medio è tradizione ancora oggi raggiungere il Santuario in pellegrinaggio, magari partendo a piedi dalla città. Oltre all’ammirazione dei capolavori dei Madonnari, alla preghiera alla Madonna e alla venerazione delle bancarelle, il Ferragosto mantovano celebra anche l’antico rito del panino col cotechino, pietanza tipica dell’estate mediterranea.
Da qualche tempo però, il vero pellegrinaggio lo compiono gli automobilisti, che lasciano l’auto in mezzo ad un campo di patate e sotto il sole rovente… per la modica cifra di cinque euro (lo stesso prezzo del panino col cotechino peraltro). Tranquilli, è un pellegrinaggio e la Madonna perdonerà ogni loro imprecazione.
Repetita iuvant
Posted by Giullare in Cose di paese on 4 agosto 2014
Scusate se insisto sull’annoso argomento, ma ci sono stati degli interessanti aggiornamenti.
Gli impetuosi temporali estivi non hanno sedato il patriottismo goitese, che anzi, con invidiabile solerzia, ha rilanciato la promozione del proprio orgoglio nativo. Dopo le delizie culinarie locali, servite nelle feste passate, è arrivato anche il suggello della Festa dei Calamari (del Mincio?).
Imperdibile per chi ama le tradizioni mantovane.
Buona Forchetta – Gatto Moro
Posted by Giullare in Buona Forchetta on 23 luglio 2014
“Nasce come osteria circa cent’anni fa, quando la domenica, oltre al bicchiere di vino, si poteva avere anche del pesce fritto pescato nel fiume. Gli altri giorni era un luogo di ristoro e punto di ritrovo. Originariamente era denominato “Gatto Nero”, dal nome di un mitico personaggio vissuto ai tempi delle guerre d’indipendenza, che operava come spia al servizio dei Piemontesi. D’estate si può mangiare all’aperto, godendo di giorno la fresca ombra della pergola e di sera la dolce brezza del fiume”. Dicono loro.
In realtà il ristorante è di vecchio stampo, buono più per le cresime che per le cene tra amici. Ampia e gustosa veranda dove però, complice la vicinanza del Mincio, si adagiano zanzare che si potrebbero fare alla griglia. Dell’atmosfera della spia “Gatto Nero” è rimasta solo la nebbia.
Piatti della tradizione più ortodossa (tortellini di Valeggio, tortelli di zucca, capunsèi, grigliata di carne) e pesce d’acqua dolce. La cucina è buona, ma non decolla. Ci si alza dal tavolo senza delusione, ma con l’idea dell’ordinarietà più piatta.
Con antipasto, secondo, acqua, vino e caffè si viaggia tra i 25 e i 30 euro.
Voto: 5.5
Ristorante Gatto Moro, Via Giotto, 21 – Valeggio sul Mincio (Vr)
Buoi dei paesi tuoi
Posted by Giullare in Cose di paese on 14 luglio 2014
(C. Cracco)
Nell’ameno paese di Goito (che per chi non lo sapesse è tuttora situato nella provincia di Mantova) continua la promozione del territorio, attraverso la diffusione dei prodotti tipici locali. Sempre più spesso, infatti, la promozione dei luoghi e la pubblicità a fini turistici passano attraverso la reclamizzazione dell’enogastronomia locale. Dopo la “Festa delle Cozze”, crostacei esclusivi dell’alto mantovano di cui Virgilio era evidentemente ghiotto , e dopo la “Pizza in Piazza” che rivela e rievoca la genesi mantovana della nota focaccia diffusa nel mondo, ecco arrivare la “Festa del pesce di mare”, in omaggio ai lidi goitesi ed ai miti litorali morenici.
Chi sia il genio che ha dato l’input a queste splendide manifestazioni dell’orgoglio e della specificità locale non è dato sapersi. Possiamo solo lanciare il nostro plauso nel vuoto, in attesa del prossimo lampo di creatività che riporti in terra mantovana la chianina, il tartufo bianco, o la bottarga di muggine.
Perfido porfido
Posted by Giullare in Cose di paese on 7 luglio 2014
(M.V. Pollione – De architectura)
Poco prima dell’anno zero, Marco Vitruvio Pollione nel suo trattato De architectura scriveva più o meno così:
“Nella famosa ed importante città di Efeso era stata istituita una legge di certo severa, ma sostanzialmente corretta nel suo principio. Quando un architetto si assumeva la committenza di un’opera pubblica, fissava un preventivo di spesa per la realizzazione. Presentandolo poi ad un magistrato perché fosse approvato, i suoi beni venivano ipotecati fino a che non fosse ultimato il lavoro. Una volta terminata l’opera, se la spessa complessiva restava entro i termini del preventivo, l’architetto riceveva pubblici onori e riconoscimenti. Se invece il preventivo di spesa non veniva superato per più di un quarto, si provvedeva a sanare il disavanzo, ricorrendo ad un fondo pubblico senza penalizzazioni per l’architetto. Ma se il costo finale superava questo limite, la differenza veniva prelevata dai beni dell’architetto”.
Probabilmente se Vitruvio guardasse il pavè di Piazza XX Settembre, si rivolterebbe come un sanpietrino. Al di là del costo iniziale dell’opera, che può essere tanto o poco in virtù di come si è abituati a pensare, quello che sconcerta è la perenne e continua manutenzione. Scrissi giàdei gravi costi di manutenzione (circa 35.000 euro nel solo biennio 2011-12) e oggi, transitando sulla piazza, la questione sembra tutt’altro che risolta.
Potremmo senz’altro dare la colpa alla perfidia del porfido, che si ostina a ribellarsi e a minacciare di andarsene da quel luogo tanto infausto. Certo è che se vigesse la legge di Efeso, qualcuno potrebbe facilmente risponderne.
Buona forchetta – La Dispensa
Posted by Giullare in Buona Forchetta on 4 luglio 2014
Locale tranquillo ed elegante nel cuore di Castellaro Lagusello, nulla a che vedere con la vicina e dozzinale Pesa. Non ho avuto modo conoscere gli interni, avendo provato unicamente la comoda sistemazione nel giardino, sul ballatoio accanto al portico. Ambiente sobrio, ma raffinato, ideale per cene romantiche.
Il menu assembla ingredienti originali, come la mocetta di capra, il cannellone con ripieno di burrata e noci condito con briciole di salamella, la millefoglie di lingua bovina ed i risultati sono ottimi. Spettacolare la focaccina al cioccolato con zabaione al mandarinetto.
Due portate a testa, un dolce e caffè: 30 euro (a scatola cranica).
Voto: 7
La Dispensa, Via Castello, 21 – Castellaro Lagusello (Mn)