Pallone gonfiato

Calciomercato pazzo. L’Inter che ha vinto lo scudetto e ha incassato il premio Champions, non ha praticamente sborsato un euro. Ha anzi fatto cassa, liberando crazy horse Balotelli. Se l’immobilismo nerazzurro è dettato dal tanto acclamato fair play finanziario, perché il Milan, al contrario, può fare spese folli? Perché ha promesso a Barcellona o City la vendita dei gioielli di famiglia (Pato e Thiago Silva) l’anno prossimo? Perché ci sono imminenti elezioni e il presidente necessità di una buona immagine? Un giocatore (Ibra) venduto l’anno scorso per 70 milioni, ora ne vale solo 24? Robinho pagato 32 milioni due anni fa, vale oggi “solo” 15? Borriello non accetta il prestito alla Juve per 3 milioni e mezzo annui perché dice di volerne 4 e poi va alla Roma per 2 e mezzo?

Il popolo dei giornalisti sportivi ricorda gli ignavi danteschi, che correvano da una parte all’altra inseguendo una bandiera senza insegna. La stampa sportiva è sempre pronta a seguire la notizia sensazionale, a schierarsi senza ideale da una riva all’altra… purché si faccia clamore.

Perché questi cronisti e questi direttori non ci spiegano cosa sta succedendo? Perché non può esistere un giornalismo sportivo d’inchiesta? Credono davvero si possa considerare tutto questo normale?

Nel marasma di questo calciomercato pazzo, fa sorridere la reazione stizzita dei napoletani alla cessione di Quaglierella (napoletano d.o.c.g.) alla Juve. In parecchi a Napoli hanno azzeccato l’ambo uscito nei giorni scorsi: 27 e 71. Dicono che il “27” è il numero di maglia dell’attaccante; “71”, invece,  è “l’omm ‘e mmerda”.

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Cavalli e Cavaliere

“Ridere, ridere, ridere ancora,
ora la guerra paura non fa…
Dategli, dategli un animale,
figlio del lampo, degno di un re,
presto, più presto perché possa scappare,
dategli la bestia più veloce che c’è.
Corri cavallo, corri ti prego
corri come il vento che mi salverò…”

(R. Vecchioni – Samarcanda)

 

Negli anni delle guerre mondiali, tutte le potenze europee si spinsero pressoché ovunque per occupare territori ricchi di materie prime. Colonie e protettorati in ogni parte del mondo, capaci di garantire ricchezze e mercati nuovi. L’Italia non poteva essere da meno e intraprese a sua volta, e a suo modo, la campagna di conquista. Mentre Inghilterra, Francia e compagnia cantante, affondavano le mani nell’oro, nelle spezie e nei diamanti, Mussolini giocava ai castelli di sabbia. Nel 1936, in barba al fatto che ormai nulla di fruttifero era rimasto all’orizzonte, occupò con battaglie sanguinosissime un fazzoletto di dune africane: l’Abissinia. Per questo, mezzo mondo ancora ci ride dietro.

2010. Mentre la Russia stringe accordi con tutto l’emisfero per vendere il proprio gas, Obama tenta l’intesa con la potenza cinese, e le nazioni europee competono per primeggiare nell’UE, Berlusconi invita Gheddafi e trenta cavalli berberi: così, per sancire un accordo. Continueranno a riderci dietro, ma saremo orgogliosi delle losanghe al trotto e dei nostri valzer delle quadriglie. Vuoi mettere?

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Spritz uber alles

I tedeschi hanno scoperto lo spritz. Complimenti! Un popolo dal tempismo davvero eccezionale, considerato che la bevanda ha acquistato fama nei bar italiani da almeno vent’anni.

Trae origine, si sa, dalla dominazione asburgica. I soldati austriaci, non avvezzi al tasso alcolico del vino consumato pesantemente nelle osterie, erano soliti farlo allungare con l’acqua (“spritzen” in tedesco significa spruzzare, schizzare). Divenne celebre nelle osterie del Veneto, come aperitivo degli studenti, negli anni in cui anche il sottoscritto frequentava Piazza delle Erbe a Padova. Un fenomeno sociale.

Preferisco ritenerlo una moda, giacché nessun buon bicchiere di vino potrà mai essere sostituito da aperol e similia. Una volta ordinai uno spritz in un locale di Salò e la cameriera rispose: “Mi dispiace, ma non lo serviamo. Il mio titolare è contrario a rovinare il vino”. Aveva ragione.

Ora anche i tedeschi sembrano apprezzare. Da moderati buongustai e fini cultori quali sono, lo dragano più della birra. E stando a quanto riportato sui quotidiani di questi giorni, ormai viene servito anche in Germania, talvolta con l’aggiunta di frutti di bosco congelati (bleah!).

Addirittura la Hofbräuhaus, la più antica birreria di Monaco dove Hitler era solito tenere i propri comizi, l’avrebbe inserito nel menù, tra una pils e un pretzel. Dannata globalizzazione!

La prima volta all'Hofbräuhaus

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Dalle stellette alle stelle, e viceversa

Abbiamo avuto la favola del bel principino, nipote del re, passato in quattro e quattr’otto dall’ombra della sovranità mutilata al bagliore dei riflettori televisivi. Dall’esilio svizzero a Quelli che il calcio e Ballando sotto le Stelle, passando nientemeno che dallo spot della Saclà. Poi medaglia d’argento a Sanremo.

Italiani, brada gente. Confondiamo la fama delle istituzioni con quella dello spettacolo. Per noi i ministri e le letterine sono più o meno la stessa cosa.

E infatti non ci siamo accontentati, e abbiamo scritto anche la favola della bella principessa. Le stellette di Presidente della Camera prima, conduttrice televisiva poi. In curriculum Buona Domenica e Tempi moderni, passando per Bisturi. Irene Pivetti raggiunge l’apice della sua carriera con l’immancabile Ballando sotto le Stelle, vero e proprio approdo di talenti.

Deve aver visto molta tv il sindaco di Reggio Calabria, per ripescarla dal mazzo in questi giorni e sceglierla come membro della sua giunta, assessore all’immagine. All’immagine di un malcostume tutto italico, quello di rinunciare sempre al merito e alla qualità delle persone.

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L’eredità del Picconatore

“Sono depresso: nessuno intercetta le mie telefonate”

Scompare un’altra scatola nera dei misteri italiani. Gladio, Moro, Ustica, piazza Fontana, Bologna, la P2. Pare che sapesse molto su tutte queste brumose vicende. Parlò poco, si contraddisse spesso, non svelò mai. Mi auguro solo che Cossiga abbia lasciato un memoriale, capace di garantire il futuro dei nipoti e di far luce su molte domande degli italiani. Per il resto, non sentiremo la mancanza.

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Dal meccanico

Si è bloccato il cambio della Vespa, guasto piuttosto insolito. Dopo aver verificato che non si sia rotto il filo (guasto piuttosto comune) ho deciso di sottoporla ad un esperto. Ieri il primo stato di avanzamento lavori.

Meccanico: “Non sono ancora riuscito a guardare la Vespa…”
Io: “Vabbè… quando ci guardi?”
Meccanico: “Penso domani. Lasciami il numero di telefono.” (nel frattempo prende un foglietto)
Io: “Te l’ho già dato. L’avevi scritto su un foglietto.”
Meccanico: “Se l’ho scritto su un foglietto, allora l’ho perso.”
Evito di dirgli che se lo scrive su un altro foglietto, potrà accadere che lo riperderà.
Io: “Ok, te lo ridò.” (Inizio a dettare) “Baù…”
Meccanico: “Cristiano vero?”
Io: “No, Silvio”
Meccanico (scrive): “Pau Silv…”
Io: “No, scusa, con la B”
Meccanico: “Ah…” (e scrive) “Pau SilBio”.

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Sardinia ferie

La Sardegna è sempre la Sardegna, c’è poco da fare. Probabilmente le spiagge ed il mare più belli d’Italia. Personalmente non ho mai trovato eguali.

La vita in Sardegna è forse la migliore che un uomo possa augurarsi: ventiquattromila chilometri di foreste, di campagne, di coste immerse in un mare miracoloso dovrebbero coincidere con quello che io consiglierei al buon Dio di regalarci come Paradiso”, diceva al proposito De Andrè.

Sorprende che tra una città e l’altra, tra una spiaggia e l’altra, tra un paese ed un piccolo borgo successivo, non esista assolutamente nulla. Chilometri di niente, di macchia mediterranea, di muretti a secco e di tanta aridità.

Ecco le dieci cose che ricorderò di questa breve vacanza:

–          L’ospitalità e la disponibilità di Francesca e di Daniele, che ci hanno accolto all’aeroporto, alloggiato in casa e scarrozzato in giro. Qualcun altro più titolato avrebbe detto: “…Avevo fame, e voi mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato dell’acqua, ero straniero e mi avete ospitato nella vostra casa…”.

–          L’affollamento sulla spiaggia di Stintino, equiparabile alla densità dell’India.

–          Le onde di Argentiera, ingovernabili anche a pochi passi dalla spiaggia.

–          La mia scarpetta sinistra per gli scogli, smarrita cenerentolescamente proprio tra quelle onde violente.

–          La deludente Sassari.

–          Le mie favolose linguine alle vongole, cucinate per la prima volta e riuscitissime…

–          L’irrinunciabile Peroni ghiacciata post spiaggia.

–          Il carnevale di Bosa, il 6 agosto.

–          Il cappellino “Armata di Mare” prestatomi già il primo giorno, con il quale entravo autorevolmente sulle spiagge (peraltro nella totale indifferenza degli astanti).

–          La canzone di Vangelis, Theme from missing (quella triste di Mai dire Gol, che celebrava l’addio dei calciatori dal campionato), apparsa sinistramente alla radio la notte che ci siamo persi in auto nelle stradine montane dell’entroterra.

Armata di mare

 

Crepuscolo a Bosa

Nuraghe davanti all'Asinara

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Riflessione d'agosto

Sono in procinto di partire per qualche giorno. Poca roba, perché questo è l’anno dell’austerity sassellese. Vi lascio con una bellissma citazione di Peter Høeg.

Sono pochissime le persone che sanno ascoltare. La fretta le trascina fuori dalla conversazione, oppure provano dentro di sé a migliorare la situazione, o riflettono su come dovrà essere l’attacco quando si farà silenzio e toccherà a loro entrare in scena”.

Ho pensato che gli ambienti di lavoro, le amicizie e le parentele sono piene di persone così. E le vacanze servono anche per meditare ed esaminare la propria coscienza (per chi ce l’ha). Cercherò la mia.

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Eppure epurano

Insieme a te non ci sto più, guardo le nuvole lassù;
e quando andrò, devi sorridermi se puoi,
non sarà facile, ma sai, si muore un po’ per poter vivere.
Arrivederci, amore ciao, le nubi sono già più in là;
finisce qua, chi se ne va che male fa?

(C. Caselli – Insieme a te non ci sto più)

Nel Popolo delle Libertà non c’è spazio per la libertà d’opinione. Bizzarro paradosso. Un po’ come se nel Club Alpino Italiano non ci fosse posto per gli amanti della montagna o come se nell’Avis potessero starci solo i talassemici.

Non sono più disposto ad accettare il dissenso”, dice chiaramente Berlusconi. E oggi che il dissenso è diventato dissenteria, iniziano le purghe. Chi esprime pareri ed opinioni propri, non può stare nel PdL. “Confonde la leadership con la monarchia assoluta”, si era detto tempo addietro suscitando vivaci polemiche e critiche reverenziali.

Ben venga dunque questo dissenso, ben vengano i contrasti e magari anche le scissioni. Perché la destra meriterebbe una dimensione diversa da Berlusconi. Meriterebbe d’essere se stessa, coi suoi valori e le sue aspirazioni. Non ridotta a parafulmine del capo e nemmeno a serbatoio di voti per sistemare le leggi a vantaggio dei soliti pochi.

Chissà che in Italia non nasca un’opposizione.

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Ferrata Rio secco e ferrata Burrone Giovanelli

Due ferrate in una. Partiti alla volta di San Michele all’Adige, per percorrere la via attrezzata che si sviluppa a cavallo del Rio Secco, abbiamo deciso di raddoppiare, concedendoci anche la Burrone Giovanelli a qualche chilometro di distanza.

Già dal parcheggio vediamo tre tedeschi che ci anticipano nel percorso di avvicinamento alla parete. Io odio avere qualcuno nelle immediate vicinanze, sia davanti al mio cammino che dietro alle calcagna. Pazienza.

A pochi metri dall’attacco vedo un culo enorme, nudo, prono. Avverto il mio compare: “Gianluca, c’è uno che sta cagando”. La “signorina” tedesca, giusto sul sentiero, a due passi dai propri compagni, ha deciso di “alleggerire” il fisico prima della partenza: iniziamo bene.

Passiamo al fianco dei tedeschi, ci prepariamo e riusciamo a partire prima di loro, che tra imbragature a mille fibbie e carta igienica da riporre, appaiono lentissimi.

La ferrata del Rio Secco non risulta particolarmente difficile, ma qualche bel passaggio vale il viaggio d’andata in auto. Arriviamo in cima in anticipo rispetto ai tempi ufficiali di percorrenza. Dei tedeschi nessuna traccia (organica).

Non domi, ipotizziamo di aggiungere anche la ferrata Giovanelli, a Mezzocorona. Gianluca contatta una segretaria al telefono per farsi leggere la relazione su internet, ed io ravviso gli estremi per l’abuso d’ufficio. Ferrata facile, in ambiente splendido. Un canyon lunghissimo da risalire tra cascate d’acqua (una di cento metri), lunghe scale di ferro e pareti a tratti vertiginose.

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