Rosato C’Era

Mentre guardo l’ennesima prova incolore degli azzurri, la platea degli amici si chiede perché la nazionale giochi con il lutto al braccio. Verrebbe da rispondere che il nastro nero è a suffragio dell’opaca prestazione col Paraguay, ma non lo faccio. Ho troppo rispetto del Paraguay.

Ribatto, piuttosto, che è morto Rosato. Mi guardano un po’ attoniti e perplessi. Li vedo: si stanno chiedendo se ho fatto una battuta un po’ difficile sul vino, oppure se sto dicendo la verità. Non sanno se la risposta sia un’incomprensibile verità o un’ingarbugliata freddura. “E chi è Rosato?”, azzardano.

Rosato è un centrale difensivo della nazionale degli anni ’60-‘70, Campione d’Europa, protagonista di Italia-Germania, 4-3. Non lo conosco, ma l’ho sempre sentito nominare in coppia con Cera (l’altro centrale). “Rosato-Cera” è uno di quei binomi che ho nella testa da sempre e che solo il buon Rodeo riesce a comprendere appieno.

Rosato vinse molto anche col Milan, ma non essendo attaccante di razza, per il tifo di massa scivolò rapidamente nel dimenticatoio.

Questo non è un coccodrillo per celebrare un campione e per ricordarne le gesta. È solo un ricordo bizzarro di come a volte ci attacchiamo a nomi apparentemente sconosciuti e li facciamo nostri.

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Manomorta istituzionale

Ieri mentre passeggiavo a Largo Argentina a Roma, una donna mi sorpassa ed inavvertitamente le tocco il sedere con la mano in movimento. Cose che capitano quando si procede confusamente tra la folla.

Mi scuso immediatamente e lei si gira replicando: “di nulla”. Bionda, sulla sessantina, passo veloce. La riconosco subito: è Livia Turco, ex ministro. Non ci sono dubbi, perché poi sul tram qualcun altro la riconoscerà, salutandola e sorridendole.

Ora posso dire di aver toccato il culo a una ministra. Senza specificare ulteriormente, spero che nel dubbio la gente pensi alla Carfagna…

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VIII° Consiglio (11 giugno 2010)

Seduta consiliare “estiva”, nel clima e nei contenuti. Tutti i punti sono stati sorprendentemente votati all’unanimità.

Una variazione al bilancio di previsione per incamerare 8.500€ dal canone d’affitto di un’antenna Vodafone e utilizzarli per l’acquisto di giochi per le scuole materne.

Un’altra per incassare circa 20.000€ da concessioni cimiteriali e contributo regionale per il programma “Itinerari del Mercante” del distretto commerciale di Guidizzolo ed impiegarli in pasti per anziani, manutenzione dei cimiteri e del verde pubblico, distribuzione di “sporte ecologiche di cotone” ai residenti, trasferimenti al progetto di cui sopra.

Poi abbiamo proceduto all’approvazione del regolamento comunale del servizio di trasporto scolastico, reso indispensabile a fronte di atti di bullismo verificatisi a bordo dei pullmini. Questo punto è stato l’occasione per convenire sul buon esisto dell’esperimento “pedibus”, che lungi dall’essere un dativo latino plurale, ha coinvolto circa il 13% degli alunni e che verrà riproposto in maniera strutturale per il prossimo anno scolastico.

È stato adeguato il regolamento dei noleggi con conducente, per recepire la normativa europea che regola la materia. È stato necessario togliere il requisito della residenza per chi chiede la licenza e quello dell’univocità della licenza stessa. Per il Comune di Volta le licenze massime totali sono due, e ad oggi ne risulta rilasciata solo una (credo a Crotti).

Infine è stato approvato il regolamento distrettuale (distretto di Guidizzolo) sull’affidamento familiare.

Tarallucci e vino.

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Catenaccio all'italiana

Dovrei forse commuovermi perché Cannavaro ha dichiarato che la nazionale devolverà parte (oh… mica tutto n’è!… “parte”: ½? ¼? 1/100? 1/1000?) degli eventuali premi ai festeggiamenti per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia? Dovrei battere le mani perché uno dei più scarsi capitani che l’Italia abbia avuto (parlo di oggi, non del 2006) s’impegna con tanta sincera generosità?

A parte il fatto che seppur con un girone insopportabilmente facile (il solito culo di Lippi), sì e no riusciremo a passareil primo turno… Perché non devolvere i premi alla costruzione dell’autodromo di Povegliano o alla manifestazione di PittiUomo 2011? È pur sempre l’Italia dell’auto o l’Italia della moda. C’è beneficienza e beneficienza, e forse sarebbe più utile, ma anche più simbolico, aiutare qualche italiano in difficoltà, che celebrare le Guerre d’Indipendenza.

Questi vecchi catenacci, arrivati al mondiale più per riconoscenza che per vero e proprio merito, vogliono farsi amare a tutti i costi, ma la falsa beneficienza da conferenza stampa è peggio di un fallo da tergo.

Ma all’italiano medio cosa importa.? Basta vincere lunedì e tutto è a posto, no? Forza Italia!

Particolare di casa Baù, che diventa pertinente

 

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I'm goin down

Well lately when I look into your eyes
I’m goin down, down, down
I’m goin’ down, down down

 (B. Springsteen – I’m goin’ down)

Tra i tagli della manovra in atto ci sarà quello degli assegni d’invalidità. Sulla carta un provvedimento sacrosanto, perché due milioni di invalidi sono un po’ troppi e al sud ci sono  quattro pensioni e mezzo ogni cento  abitanti. Falsi invalidi d’autore: casi di ciechi con la patente o mutilati con la bicicletta, le cronache moderne grondano di episodi grotteschi.

La sforbiciata però non entra troppo nel merito e si limita ad alzare la soglia di accesso al vitalizio: avrà diritto all’assegno solo chi raggiunge l’85% di invalidità (prima era il 74%). Bene.

La Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap dichiara che “quasi tutti i 38mila down italiani hanno un handicap riconosciuto del 75%”. La forbice cieca poterà evidentemente anche loro. Nessun assegno, nessun contributo.

Il rischio di questi provvedimenti populisti è di confondere il sentimento con la ragione. Quello cioè di attuare rimedi peggiori del male, in nome di un’etica fantasma. Chi ha familiari down, ha il diritto di sentirsi giù.

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Piccoli terroristi crescono

Continuano gli esperimenti del sottoscritto per testare il livello di sicurezza degli aeroporti italiani. Oggi pomeriggio ho scambiato carta d’imbarco e documento d’identità con un collega e indovinate… entrambi abbiamo superato brillantemente il controllo per l’imbarco sull’aereo! Non parlo dei controlli di sicurezza, già abbondamente messi in ridicolo (una volta sono riuscito a passare anche senza mostrare il biglietto), parlo di quando l’hostess ti stacca la carta d’imbarco e ti manda sul pullman, guardandoti in faccia e dicendoti: “scaletta dietro, buon volo“. Che spettacolo!

Dunque chiunque potrebbe fare il biglietto a nome “Mario Rossi” e salire sull’aereo. E tutto l’apparato vigilante e le procedure di controllo sono un enorme circo.

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In principio

Ho rispolverato un bellissimo libro che mi regalò un amico. Tra le Piccole gioie di Hermann Hesse ho ritrovato questa frase: “È giusto avere dei princìpi, ma all’occasione bisogna saperli superare”.

Questo è uno dei grandi interrogativi della mia vita. Al di là delle eccezioni, che qualcuno chiama errori, qualcun altro leggerezze, qualcun altro peccati e qualcun altro ancora casualità, è giusto mantenersi ligi a propri princìpi? Oppure occorre capire quando è necessario derogarvi? Giusti o sbagliati che siano, se uno ha dei princìpi significa che per se stesso sono corretti. Altrimenti non sarebbero suoi princìpi, ma altre cose. Idee, nozioni, dottrine, ispirazioni. Ma allora, se uno li ritiene validi, perché pensare che possa essere necessario superarli o accantonarli?

Al contrario: se uno rimane ligio e coerente con i priopri princìpi, non rischia di chiudersi aprioristicamente e di non evolversi mai? Voglio dire: se quello che uno ritiene giusto e basilare poi non fosse altro che uno dei tanti modelli esistenti? Vabbè… mi sono ingarbugliato da solo.

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Quattro marmittoni alle grandi manovre

“Quattro marmittoni alle grandi manovre” è una commediola del ’74, dove alcune reclute in cerca d’autore combinano ogni disastro possibile ed immaginabile. Arriva per loro il momento del riscatto, quando devono occuparsi delle “grandi manovre”.

Senza uscire troppo dalla metafora…  occasioni per riscattarsi dai disastri e dalle nefandezze, il Governo ne ha avute molte. Ultima, forse, la “grande manovra” di questi giorni.

È già stato detto tutto sull’argomento. Sarebbe inutile approfondire in questo sgabuzzino i contenuti e i dettagli, perché in qualsiasi sito si possono reperire i particolari del provvedimento e ci si può “perdere” con facilità nelle analisi degli esperti o dei semplici lestofanti.

Mi limito a due considerazioni.

1 – Pare che la categoria più colpita sia quella dei dipendenti pubblici. Può dispiacere, ma va detto che si tratta (in generale, anche se non si dovrebbe mai generalizzare) di una categoria che gode da tempo di molti ed evidenti vantaggi, almeno rispetto ai dipendenti del settore privato.

2 – Gli impatti sui più abbienti e la lotta all’evasione è pressoché inesistente. Basterebbe poco per far pagare le tasse a tutti (o almeno a “più”), ma si dice sempre e non si fa mai. Peccato.

Come dice il Premier: “siamo tutti sulla stessa barca”. Vabbè: qualcuno ha il gommone, qualcun altro lo yatch. Ma sono sottigliezze.

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Sega, ferrata nomen omen

Prima sgambata stagionale, per saggiare il passo in vista delle uscite più impegnative.

La partenza, poco fuori Avio

La ferrata Gerardo Sega è piuttosto facile, ma in alcuni tratti non banale. I due traversi sono bellissimi per l’ambientazione e il paesaggio, ma percorribili con discreta semplicità. Qualche verticalizzazione nell’ultima parte, e il poco traffico, permettono alla ferrata di dirsi interessante. Si può usare quasi sempre un solo punto d’attacco, ma alle mie spalle udivo l’insolente “click-clack , click-clack”, del doppio moschettone di Vicensa, atleta che si assicura anche al cesso, uomo con gli standard di sicurezza più ferrei di quelli di Bertolaso.

Il primo dei due traversi

Il primo traverso

Il lungo avvicinamento ed il ripido sentiero del ritorno rendono più impegnativo il cammino rispetto alla ferrata vera e propria. In totale, il giro ci ha impegnato sei ore. Un buon allenamento in un paesaggio sorprendentemente variegato e dunque apprezzabile.

Ah… se qualcuno volesse aggiungersi, può segnalarmelo. Come sempre, terremo conto della difficoltà degli itinerari in funzione dell’utilizzatore finale.

Il tratto finale

Il tratto finale

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San Toro

La notizia è che Santoro lascia la Rai. Rocambolesco epilogo di mesi di battaglie, combattuti anche e soprattutto nella sanguinosa arena della sua trasmissione. Una corrida estenuante, che ha sempre visto il Toro braccato dai toreri, ed il pubblico diviso, a tifare per l’uno o per gli altri. Parole grosse come diritto d’opinione e d’espressione, o come libertà d’informazione.

Non è stato epurato dai vertici, né dal Consiglio dei Ministri. Non è stato cacciato dal pubblico e neppure dal Cda dell’azienda. Non si è dimesso per fronteggiare attacchi personali o per chiarire accuse scomode. Più semplicemente, è stato comprato. Una buonuscita milionaria (si parla di 2,5 – 2,7 milioni) per lasciare il disturbo. Nessuna battaglia giudiziaria, nessuna congiura mortale, ma solo moneta sonante. Come si fa con i mercenari, paladini di guerre a scopo di lucro non d’ideale.

Non ho sentito la sinistra gridare allo scandalo, né chiedere spiegazioni. Solo qualche timida difesa, dell’uomo (assurto a santo), “costretto” ad accettare questa modica rescissione contrattuale. “Non ne poteva più”, lo giustificheranno poi gli ex difensori della libertà d’informazione.

La verità è che il denaro compra tutto, guerrieri, eroi e finanche i santi.

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