Dai figli dei Celti ai figli di papà
È passato più o meno un ventennio dalle prime apparizioni otelmiche della Lega. Era la fine degli anni ottanta quando Bossi, braccio operativo dell’ideologo Paglierini, muoveva i suoi passi tra le lande della Gallia padana, aizzando le folle contro Romaladrona e promettendo al popolino mari e tremonti.
Poi le cerimonie alle sorgenti del Po, fiume sacro da cui discende la stirpe eletta, e le manifestazioni nelle piazze della sua foce, con il tricolore di Venezia e le scalate al campanile di San Marco.
La rivendicazione del sangue celtico si è unita all’eterna battaglia contro i privilegi romani ed i vizi insostenibili della casta centrale. Il Bravehearth di Ponte di Legno reclama da sempre un’equità sociale, basata sul vantaggio di chi lavora e produce, a dispetto di chi si lascia trascinare dal carro e dal carroccio. Rinnovare la classe dirigente e promuovere solo la meritocrazia sono da sempre due messaggi chiari che la Lega trasmette ai suoi popolosi elettori.
Ma si sa, il potere folgora chi ce l’ha. Oggi Re Umberto proclama il figlio, facendolo eleggere nella roccaforte di Brescia e designandolo erede (pre)destinato, con un cerimoniale alla Carlo Magno. In barba ai meriti e alla gavetta, in deroga a virtù innate e duro lavoro, nel più classico nepotismo all’italiana e nel clientelismo di mastelliana memoria. I guerrieri forti e impavidi erano un’altra cosa. Ritornano i figli di papà: rivoluzione per modo di dire.
Fòsse, che fosse la volta buona?
Posted by Giullare in Cose di paese on 2 aprile 2010
Chi sperava assiduamente di percorrere la lunga e sgradevole strada dell’esproprio, è rimasto deluso. Il 27 gennaio scorso, il Comune ha infatti sottoscritto un contratto preliminare con la proprietà Corneliani, per la vendita dell’area Fosse.
L’accordo prevede la cessione dell’appezzamento di terreno al Comune, ad eccezione di una striscia di terra di due metri, prospiciente la cinta muraria, che rimarrà di proprietà di Corneliani. A compenso della cessione, il Comune si farà carico della manutenzione e del consolidamento delle mura.
L’area verde delle Fosse, comprendente la strada ed i prati a ridosso del castello, è stata oggetto di infinite trattative tra il proprietario Corneliani e le numerose amministrazioni succedutesi negli anni. Oggi il l’annosa questione sembra giunta al capolinea.
In attesa di perfezionare l’accordo, si apre ora il dibattito sugli eventuali interventi di recupero, atti a riqualificare una zona di eccellente interesse storico-architettonico, a ridosso del recinto medioevale.
(articolo pubblicato su Voltapagina n. 33)
A PARER MIO – Se rifiuto il rifiuto?
Posted by Giullare in Cose di paese on 1 aprile 2010
1° Marzo: porta a porta a Volta. Non si tratta (almeno per ora) di una trasmissione di Vespa con il plastico di via Fosse, ma della raccolta differenziata cominciata un mese fa. Un ulteriore impegno per il cittadino, gravato anche da questa incombenza. Ora la speranza è quella di contribuire al miglioramento ambientale, ma anche quella di non “pagare” le tasse altrui. Ecco la genesi di una stramberia contrattuale.
Nel 2005 il Comune ha stipulato con Siem spa, società pubblica partecipata dagli enti, un contratto per la raccolta dei rifiuti. L’accordo prevedeva una bizzarra clausola sugli insoluti. Benché fosse onere di Siem occuparsi della riscossione delle tasse non pagate, qualora fossero rimasti dei pagamenti insoluti, l’intero ammontare delle imposte non pagate sarebbe stato spalmato su tutti i contribuenti dell’anno successivo. In questo modo, Siem non aveva alcun incentivo ad inseguire i cittadini inadempienti, dal momento che il suo credito veniva recuperato l’anno dopo dai compaesani virtuosi, che pagavano anche il debito di quelli viziosi. Con questo meccanismo, nel corso degli anni, concittadini illustri e meno illustri hanno evaso la tassa sui rifiuti nella speranza o nella certezza che qualcun altro avrebbe pagato per loro negli anni successivi. E infatti così è stato.
Nel novembre del 2007 il Comune ha conferito il nuovo mandato a Mantova Ambiente, vincolando di fatto il contratto che sarebbe stato stipulato tre anni dopo.
Poche settimane fa è stato infatti firmato il nuovo contratto con il gestore dei rifiuti. Mesi di contrattazione non sono riusciti a togliere la clausola sugli insoluti. La sua eliminazione avrebbe comportato la rescissione dell’impegno stipulato nel 2007, con gravi penali a carico delle casse comunali.
Si è cercato, tuttavia, di intervenire sugli oneri di accertamento operati da Mantova Ambiente, in modo da definire con precisione la procedura da adottare di fronte al mancato pagamento della tassa rifiuti. Con il nuovo contratto si stabiliscono, passo per passo, tutte le procedure che il gestore dovrà attuare prima di rivalersi sui contribuenti dell’anno successivo. Il contratto obbliga ora Mantova Ambiente a procedere dapprima con la procedura di riscossione stragiudiziale, previa raccomandata, e successivamente con la procedura di riscossione coattiva. Obblighi fino ad oggi sconosciuti.
Il cittadino abituato a rifiutare la tassa sarà, giocoforza, un po’ meno tranquillo. Quello educato a pagare si sentirà un po’ meno solo.
(Editoriale pubblicato su Voltapagina n. 33)
Girare a destra
Non capisco come si possa non riconoscere il trionfo del centrodestra a queste elezioni. A sentirli, sembrano tutti vincitori. PdL e Lega, che hanno tutto il diritto di esultare. Ma anche Pd, Udc, Idv e i Grillini sembrano contenti dell’esito delle urne (cosa sarà mail il 3 o 4 per cento?).
Volenti o nolenti, l’Italia vira inesorabilmente a destra. Il problema è che è la destra sbagliata.
Regioniamo un po'
Più di una persona mi ha chiesto indicazioni di voto per le elezioni regionali. Come sempre, su questo argomento deludo i miei interlocutori. Potrei almeno dire per chi voterò io, ma il fatto è che non lo so ancora. Non ho un partito di riferimento, dunque per me la scelta è sempre più difficile che per altri.
Da una parte Formigoni, che governa da sempre. Dicono che la Lombardia sia la prima regione per il livello di sanità e di servizi, e questo depone certo a suo favore. Noi comunque avevamo un ospedale pubblico, ora ne abbiamo uno privato… È indubbiamente la regone più ricca, ma non per merito del Roby. Forse però è anche tra le più inquinate. Sono sempre scettico di fronte a chi governa da tanto tempo. Se vuoi servire un comune, una regione o uno stato, dovresti dare il massimo e poi andartene. Se resti per troppo tempo, potresti suscitare il sospetto di tenere troppo ai tuoi interessi, non a quelli degli altri. Comunque ha dimostrato di saperci fare, ammettiamolo.
Dall’altra Penati (chi è costui?), che nella mestizia del cognome conserva tutte le incognite e le incertezze del caso. Cosa volete che faccia Penati? Ritengo che l’emergenza più forte della Lombardia rimanga l’ambiente. Inteso come salvaguardia del suolo, come difesa dalla cementificazione e dall’inquinamento (qualsiasi). Pulluliamo di villette a schiera e tra poco ci sarà anche il Ti-Bre. Forse se c’è qualcuno più attento alla causa… mah.
Non escluderei nemmeno la lista Grillo, unica ad esplicitare il malcontento globale contro la classe dirigente. Ma anche il movimento a cinque stelle inizia a deludere: tante urla e poca concretezza. Sarà anche colpa del poco seguito, ma ho da sempre l’impressione che la loro preoccupazione sia più quella di distruggere che di proporre. Non bene. Escluderei a priori i Pezzotta e i figuranti vari delle liste minori. Lasciamoli perdere.
Insomma… un discorso inutile per dire: “votate chi vi pare”. Mi raccomando però: ragionate da soli e non fatevi suggerire troppo! E l’importante è andare a votare e non astenersi mai.
Buona Forchetta – La rovere
Posted by Giullare in Buona Forchetta on 24 marzo 2010
Casa di campagna dispersa nei poderi di Cesole, giù da un argine, per una strada sterrata di mezzo chilometro. Si apprezza subito il silenzio surreale del luogo e l’atmosfera da “profonda pianura padana”. La cascina è di recente ristrutturazione, ma i materiali usati (es. tavelle moderne) non restituiscono il giusto effetto “casa vècia”, che il posto meriterebbe. A cena eravamo l’unico tavolo: poi capiremo perchè. A due passi da noi l’ampia cucina, con le cuoche che guardavano Fabrizio Frizzi in tv. Menù scelto dalla proprietaria, senza possibilità di scelta. In tavola un’inquietante bottiglia di lambrusco. Antipasto di salumi e una sgradevole polenta con le cotiche. Poi lasagne ai carciofi (sopra ogni pezzo, un carciofino sottolio!) e tortelli di zucca. Come secondo maiale ai funghi e patate al forno. Anche un po’ di finocchio cotto, più adatto all’ospedale che all’agriturismo. I dolci della casa, assemblati in un vassoio, davano l’idea di essere rimasugli di varia provenienza. Per chiudere nocino strass e liquore al sambuco.
Per non aver scelto nessun piatto e per aver mangiato maluccio: 30€
Voto 4
Agriturismo La rovere, Via Contrargine Sud 28 – Cesole di Marcaria (MN)
L’accusativo
“A tutti quei giudici che non sanno usar l’accusativo e sanno la differenza tra assolvere, risolvere e dissolvere”
(A. Bergonzoni – Non ardo dal desiderio di diventare uomo, finché posso essere anche donna, bambino, animale o cosa)
Giudici svizzeri, che intervengono in tempi da cronografo alla vigilia delle elezioni. Ma giudici Banda Bassotti a Trani, giudici martiri della libertà a Bari. Come è possibile?
Berlusconi tratta le due inchieste di questi giorni, con due misure diverse. Doppiopesismo di vecchio stampo, e di vecchio scalpo (il suo). Si può dubitare di tutto e di tutti. Si può sempre urlare al complotto o frignare contro la cosprazione, a prescindere.
Però chi ha la coscienza a posto in genere è sereno e quasi sempre, se non ha nulla da temere, attende che il tempo galantuomo porti giustizia.
Si lascino lavorare i giudici, anche quelli ipoteticamente prevenuti e forcaioli. Se non hanno nulla in mano, cosa c’è da preoccuparsi?
La scöla
Posted by Giullare in Cose di paese on 16 marzo 2010
La sala è quella più ampia. La lunga vetrata del piano terra si riflette sulle lunghe file di tavoli. Normalmente questa dovrebbe essere una sala mensa. Sedie verdi, un po’ piccole, affiancate l’una all’altra strette strette. Decine di ragazzini imbizzarriti trascorrono la ricreazione tra i corridoi. Qualcuno azzarda una partita a calcio con un pallone di carta appallottolata, altri si spintonano nel disperato ed inconsapevole tentativo di scaricare la tensione accumulata nelle ore tra i banchi, altri ancora semplicemente mangiano la merenda chiacchierando. Tra poco entreranno tutti per ascoltarmi.
Pietro, il genitore che mi ha coinvolto nel progetto, sta sistemando il proiettore a cui poi collegherò il portatile. Le maestre, un po’ euforiche, mi porgono un piccolo regalo “per il mio disturbo”. Così dicono.
Tre classi si siedono in maniera confusa e disordinata, che cosa si aspettino da “questo qui” col computer e il libro in mano… non è dato sapersi.
Cerco di spiegare loro le caratteristiche del nostro dialetto, la sua importanza storica e le peculiarità che lo rendono unico. Qualcuno è molto interessato, altri vociferano rumorosamente, alcuni mi fissano con lo sguardo visibilmente attonito e sgomento (“non abbiamo capito niente”, confesseranno poi questi ultimi).
Questo nuovo progetto delle scuole elementari prevede un percorso orientato a conoscere meglio il territorio. Tre incontri finali dovrebbero sigillare questo cammino formativo: la raccolta differenziata, il dialetto, l’architettura storica di Volta Mantovana.
Me la cavo con qualche slide curiosa, con qualche parola da scrivere correttamente in dialetto, con qualche modo di dire da indovinare con qualche etimologia d’effetto. La cosa risulta a tratti divertente, forse a tratti noiosa.
Al di là della soddisfazione personale, l’esperimento sembra riuscito e apprezzabile sotto il profilo formativo.
Sono contento.
Volere volare
Butto un occhio al monitor dei voli in partenza. Il volo per Verona è puntuale, come sempre quando si vola con AirItaly. Come al solito non c’è coda al desk 206. Tutto normale. Mentre sbrigo la pratica “biglietto”, l’operatrice* mi avverte: “abbiamo una novità: oggi non assegnamo i posti, ma ci si siede dove si vuole”. Chiedo se l’aereo è pieno e se l’abolizione del posto assegnato è definitiva. “Il volo è completo – risponde – e per oggi facciamo così, per i voli futuri… vedremo. Buona fortuna”. Il tono è quello della Pizia, che risponde solenne alle domande esistenziali dei passeggeri, o quello del Dio del cielo, che decide della sorte di ogni volo, della vita e della morte di ognuno, a seconda di come gli tira in quel momento.
Trascorro la mezzora d’attesa a rispolverare le tecniche di occupazione del miglior posto, già collaudate con i voli Ryanair. 1- salire sul primo bus disponibile; 2- collocarsi in piedi, vicino alle porte d’uscita del bus; 3- avvicinarsi alla porta più più vicina alla scala, non appena s’individua l’aeromobile all’orizzonte; 4- scattare veloci, per raggiungere per primi la scaletta. Così accade, ma la vera sorpresa è che l’aereo è sconosciuto: Aurela, recita l’enorme scritta rossa sulla carlinga inevitabilmente bianca. Scorpirò solo a casa, che si tratta di una compagnia lituana. A bordo scelgo il posto che preferisco: finestrino a destra, per dormire appoggiando la testa di lato, senza il rischio di bollire per il sole che tramonta (a sinistra). L’importante è non avere persone dietro, in modo da reclinare lo schienale senza remore morali. Il volo, contrariamente a quanto dichiaratomi, è praticamente vuoto. Il personale di bordo è misto: stewart della AirItaly, con l’inquietante divisa da camerieri di fast food, e hostess dell’Aurela. Chiedo ad una di queste se posso usare il portatile (in genere non lo uso mai) e mi risponde in inglese che devo metterlo sotto il sedile. Con il mio di inglese, eccessivamente claudicante, le spiego che non cerco un posto dove riporlo, ma vorrei accenderlo. “Non in fase di discesa” sentenzia lei; o più che altro questo è quello che capisco io. Ha una tailleur marrone, che più brutto non si può. Non sarebbe nemmeno pessima, ma vestita così la par me nòna. E poi è simpatica come Mourino e Cicchitto mesi insieme.
Si aprono le porte. Faccio per scendere dietro, dove oltre allo sportello aperto c’è già la scaletta. “Only in front!” mi urla la befana. Mi giro e seguo, da ultimo, la fila che scende dalla porta anteriore. Com’è dura volare.
* La scelta del banco check in la faccio secondo queste priorità: 1- banco con meno fila; 2- presenza di un’operatrice donna rispetto ad un uomo; – 3 operatrice più carina.
E vissero tutti iscritti e contenti
Il Tar ha riammesso la lista “viziata” di Formigoni. Non perché il vizio in sé fosse venuto meno, ma perché autorizzati a sollevarlo erano solo le liste escluse, ed i radicali, rei di aver puntato il dito, non erano in questa condizione. Ora l’ordinanza del Tar abolisce anche il controllo sulle firme.
Si può dissentire sul cavillo, ma la giustizia amministrativa ha fatto il suo corso e dunque non c’è nulla da eccepire. “Si ristabilisce la democrazia”, plaudono i più, perché viene salvaguardato il diritto di centinaia di migliaia di elettori di votare per lo schieramento Pdl. Forse è vero: eliminare il primo partito italiano dal concorso elettorale delle principali regioni avrebbe significato guastare e pervertire il naturale equilibrio democratico. È una questione di evidente buonsenso. Tuttavia, il rispetto delle regole dovrebbe venire ancora prima del buonsenso. Questo perché il primo è un principio oggettivo, mentre il secondo rimane comunque un fatto arbitrario e dunque soggettivo.
Ad ogni modo, Tar a parte, il colpo di mano del provvedimento ad listam era, ed è, già pronto. L’ennesimo decreto legge, che regola d’urgenza i paletti della competizione elettorale già in corso. Come se una squadra, subendo un gol sul filo del fuorigioco, cambiasse d’ufficio la regola dell’offside e si riportasse immediatamente sullo 0 a 0. Il decreto stabilisce che la scadenza della presentazione delle liste si misura con l’orario d’ingresso in tribunale di coloro che portano le firme, non con la consegna effettiva dei plichi: questo “salva” il Pdl a sostegno della Polverini. Stabilisce poi che l’autenticazione sia valida anche in assenza di alcuni requisiti formali, purché tali requisiti siano “desumibili” da tutto il resto della documentazione: questo recupererebbe Formigoni, già spedito sulla via del quarto mandato.
I paladini della democrazia, i garanti dei diritti del popolo, dovrebbero accorgersi che per assicurare il sacrosanto diritto di votare un partito si è proceduto a cambiare in corsa le regole del gioco. Ma questo non sarebbe accaduto se gli esclusi fossero stati una civica di pensionati di Campobasso o la lista “No Euro” della Liguria. Due pesi, due misure. La salvaguardia democratica è un’altra cosa.