Ha ancora senso parlare di nucleare?
“Terremoto di fiori e sangue,
non è la fame ma l’ignoranza che uccide”
(Litfiba – Dimmi il nome)
Quello che è accaduto in Giappone è più simile all’apocalisse che ad un terremoto. Le immagini che girano in rete o nei tg sembrano edizioni speciali di Real tv, più che reportage dall’Asia. E come se non bastassero la devastazione del terremoto e quella dello tsunami, ecco arrivare anche l’incidente alla centrale nucleare di Fukushima.
Su queste cose i Giapponesi non sono scemi. Se hanno costruito una centrale nucleare in territorio sismico (ne hanno una cinquantina), significa che avevano tutte le garanzie e le certezze del caso. Invece…
Mi auguro che questa sciagura contribuisca alla riflessione sul nucleare in Italia, visto che i favorevoli propinano da anni l’assoluta sicurezza degli impianti moderni.
Volta, Italy
Posted by Giullare in Cose di paese on 8 marzo 2011
Se siete tra coloro che si stanno riempiendo la bocca di tricolore, se il vostro spirito patriottico è debordato quando s’è deciso che il 17 marzo non si lavora, se improvvisamente avete scoperto che il Risorgimento non è solo l’altro nome del Vialone, allora c’è una mostra che fa per voi.
Fino al 20 marzo, presso le scuderie di Palazzo Cavriani è possibile visitare “Uomini e vicende, miti e valori”, l’esposizione di materiale, più che altro di natura postale, relativo agli accadimenti del Risorgimento Italiano che hanno coinvolto i nostri territori. Le lettere vidimate dall’ufficio postale di Volta, con il timbro dell’Impero Austriaco; le lettere con lo stesso timbro, ma con la sigla austrica abrasa dai Francesi; manifesti, disegni dell’epoca. Al piano superiore c’è anche qualche equipaggiamento bellico, ritrovato sulle colline: potrete capire la differenza tra la borraccia del fante e quella del cavaliere, la baionetta piemontese e quella austriaca e cose del genere.
Intendiamoci, nulla di metafisico. Anzi, alla lunga è una mostra che rischia di essere ripetitiva e piuttosto monotona. Però chi temeva la deriva leghista del comune, forse potrebbe ricredersi.
Dulcis in mundo
Poiché questo blog non produce solo critica retorica o noiosa polemica, ma è permeato anche dalla cultura, oggi parliamo di un dolce tipico del carnevale.
I dessert del periodo carnevalesco traggono origine dalle frictilia degli antichi romani, nate alcuni secoli prima di Cristo. Per le Liberalia, le feste dedicate alle divinità del vino e del grano, i Romani friggevano nel grasso di maiale dei preparati di farina di mais e poi li ricoprivano di miele. Le Liberalia si celebravano il 17 marzo: è curioso scoprire che già oltre duemila anni fa questa data era festa “nazionale”.
Le lattughe, come si chiamano a Volta, sono uno dei dolci di carnevale più comuni in Italia. Di certo sono il dolce con il maggior numero di appellativi regionali. Paese che vai, nome che trovi.
A Volta, dicevo, e in molte parti della Lombardia, si chiamano lattughe. Il nome deriva dalla somiglianza con le foglie dell’insalata lattuga, a sua volta derivante dal latino lactuta (cioè, che secerne latte). Alcuni vedono la somiglianza con la gorgiera, detta anche lattuga, cioè con quella gala di merletto, quel drappo di tela che si portava un tempo sopra la camicia, al posto della cravatta. Ma in Lombardia, come in molte parti d’Italia, prendono anche il nome di chiacchiere, dalla sineddoche legata alla loro forma, simile ad una lingua.
In Veneto abbiamo le gale o i galani, proprio in riferimento alla sopracitata gala di merletto, che a sua volta discende dallo spagnolo gala (lusso, eleganza).
In Toscana la gala diventa popolarmente il cencio, perché il merletto appartiene ai nobili, mentre lo straccio è più vicino al popolo: dal latino cencium (pezzo di stroffa, straccio). Sempre in Toscana si chiamano anche donzelle, perché le donne amano spesso agghindarsi con merletti e pizzi vari, oppure crogetti (da crogiolare, cioè cuocere lentamente).
A nord, verso il Trentino e nel Friuli, semplicemente rimandando ad un’idea di friabilità e croccantezza, prendono il nome di cròstoli.
I Piemontesi e i Liguri li chiamano bugíe (in ligure böxie) o rosoni: il nastro di pasta appare avvolto in maniera concentrica, tondo come il piatto di un portacandele (bugia) o intricato come un rosone.
In Emilia Romagna, oltre a chiamarsi lasagne, dal latino lasanum (pentola, vaso), si trovano spesso con il nome di frappole, o sfrappole, dal francese frapper (battere, stendere la pasta). E così è a Roma o nel Lazio: le frappe.
Nel riminese si chiamano fiocchetti, dal latino floccus, a Reggio Emilia sono detti intrigoni (da intrigare, cioè avviluppare insieme) e a Piacenza sprelle. In Abruzzo si chiamano cioffe, da un termine greco che significa cosa leggera.
Al sud, in Puglia, il dolce prende il nome di pampuglia, ovvero truciolo (dal latino pampinus, tralcio di vite).
I fantasiosi campani invece, osservando la forma allungata della pasta che richiama l’invadenza della suocera, nonché i contorni frastagliati che ne ricordano la scontrosità, hanno coniato il nome di… lingue di suocera.
Propositi bizzarri
(L. Bizzarri – Sanremo 2011)
Un colpo di genio la proposta sul pluralismo televisivo presentata oggi in Commissione Vigilanza. Si suggerisce che di settimana in settimana, nelle trasmissioni d’inchiesta o di dibattito politico della prima serata, si alternino i conduttori “con diversa formazione culturale”. Una settimana Santoro, quell’altra Minzolini.
Se il principio della libertà di scelta dell’elettore e della sovranità popolare viene evocato ogni qualvolta siano in ballo le dimissioni di questo o quel politico (quasi sempre di “quello”), allora lo stesso principio di “gradimento popolare” e di audience deve essere applicato alle trasmissioni televisive. Se il programma ha spettatori, vuol dire che funziona. Se è sgradito o ritenuto fazioso, ne venga proposto uno migliore e il pubblico lo giudicherà. Si chiama libera concorrenza. Non se ne può più di questa esasperazione, di questa falsa “bar condicio”. Non mi serve un format di Minoli per decidere che Vespa non mi piace, mi basta non guardarlo. Così come non chiedo di riavere Derrick perché altrimenti mi costringono a vedere CSI. Ma che ragionamento è?
Dichiarazioni specchio
“Colgo questa occasione per dare un pubblico riconoscimento al vostro Leader, per l’opera che ha saputo svolgere in questi anni, portando il vostro popolo alla piena dignità e facendo del vostro Paese un protagonista della politica internazionale e, con la sua moderazione, incitare alla moderazione tutti i popoli.
Ho approfittato di questa occasione per ripetere a lui la preghiera che continui ad essere promotore di una unione più forte tra tutti i Paesi dell’Africa. Oggi tutti i popoli dell’Africa guardano alla Libia, guardano al vostro Leader, e sanno bene che soltanto uniti potranno migliorare nel benessere e contare nel mondo alla pari con l’Europa e con gli altri continenti”.
(S. Berlusconi – Discorso per la firma del “Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra Italia e Libia”, dal sito del Governo italiano, 30 agosto 2008)
È troppo semplice, oggi, accanirsi contro Gheddafi. È troppo facile scagliarsi contro colui che fino all’altro ieri era il nostro più grande amico. La crescita esponenziale degli ultimi anni, nell’intimità tra governo italiano e dittatore libico, è sotto gli occhi di tutti. E la citazione d’apertura è solo una delle tante, inconfutabili attestazioni di stima di Berlusconi a Gheddafi. Rileggetela con attenzione: fa rabbrividire. Ho cercato un po’ di dichiarazioni (tutte autentiche) che i due leader hanno pronunciato nel corso delle loro lunghe vite politiche. Poi le ho abbinate per argomento. Ogni titolo riporta una frase di Berlusconi e una di Gheddafi, mescolate. Mi sono reso conto che talvolta è difficile distinguere con nettezza l’autore. Solo una doppietta appartiene esclusivamente ad uno dei due governanti. Quale?
LA TV, BRUTTA BESTIA
“Non dovete credere ai canali televisivi che appartengono ai cani randagi”
“La televisione pubblica diffonde l’ansia e le situazioni solo di chi protesta”
IL BUON GOVERNO
“Qui non esiste un regime. Certe volte mi dispiace di non essere un dittatore, ahimè non lo sono”
“Le dittature non sono un problema se fanno il bene della gente”
LIBERTA’ D’OPINIONE
“I manifestanti sono ratti pagati, sono una vergogna per le loro famiglie”.
“Vergogna! Hanno messo in mano a bambini di 5 o 6 anni cartelli non scritti da loro, e con affermazioni false”
LONGEVITA’
“Presidente, le chiedo scusa ma anche lei avrà delle questioni interne ogni tanto, e verrò a scuola da lei per sapere come riesce a superarle, visto i suoi molti anni di permanenza alla guida del suo paese”
“Ho vinto in passato e di questa vittoria si è potuto godere fino ad oggi”
VITTORIA!
“Io sono in grado di stracciare qualunque avversario perché nella vita ho fatto tutto ciò che gli altri non hanno fatto”
“Ho portato la vittoria in passato e di questa vittoria si è potuto godere per molto tempo. Resterò a capo fino alla morte”
NUOVI OBIETTIVI
“Il mio paese vuole essere protagonista nel mondo”
“Domani sogneremo altri traguardi, inventeremo altre sfide. Cercheremo altre vittorie che valgano a realizzare ciò che di buono, di forte, di vero c’è in noi”
CHI SONO?
“Io sono un rivoluzionario”
“Io non sono un fine politico, sono un rivoluzionario in politica, politicamente scorretto”
DIO
“Io sono il tuo Messia, ti libero dall’abbraccio mortale della tua fazione”
“Non ho mai proclamato questa sciocchezza. Di essere unto dal Signore”
Arianesimo culturale
(D. Van De Sfroos – La curiera)
E i passeggeri sotto il sole, la signora Rosa con suo nipote. E la turista che non capisce nulla e i bambini che fanno troppo chiasso… Ma guarda un po’ che fiera… tutti sulla corriera!
Pochi giorni fa l’amministrazione di una città tedesca ha deciso di collocare sui bus pubblici alcuni scaffali di libri, per la lettura dei passeggeri. Il viaggiatore sale, si siede, prende un libro e se lo legge. Quando termina il tragitto può riporlo nello scaffale, oppure portarlo a casa per finire la lettura e riconsegnarlo nel prossimo viaggio, magari su un bus diverso. L’amministrazione, che già mette in conto la perdita di qualche volume, acquista a titolo gratuito i libri, in cambio di pubblicità alla casa editrice. Si chiama senso civico. In Italia sarebbe impensabile. Innanzitutto perché le amministrazioni locali che possono offrire pubblicità gratis non esistono. In secondo luogo perché gli italiani non leggono i libri. E infine perché l’avventore italico, che a malapena sa leggere il suo nome, si ruberebbe anche i fratelli Karamazov in lingua originale, pur di fregarsi qualcosa in barba al pubblico. Sono inflessibili, freddi, rigorosi. Discendono dai vichinghi e non da greci. Mangiano solo wurstel e patate. Ma per educazione civica sono esseri superiori.
Yanez
Confesso che la presenza di Van De Sfroos a Sanremo mi ha creato qualche turbamento. Però avrà avuto le sue ragioni, non giudichiamolo male solo per questo. È certamente più utile riproporre il testo della sua canzone, che tra le pieghe di rime divertenti ci mostra come il mondo reale abbia disatteso e annegato la bellezza delle favole. Sogno e realtà, insomma, non sono proprio la stessa cosa.
Sale scende la marea e riporta la sua rudera
un sedèl e una sciavata e una tuleta de Red Bull.
Sandokan cun’t el mohito e ‘l bigliet cun sö l’invito,
Sandokan che ha imparato a pilotare le infradito.
E la gent che la rüva al mar tant per dì che l’è stada che,
cul getton de la sala giochi el càval el möv un zicch el cü.
Udù de fritüra de pèss e de piza de purtà via.
Kamammuri l’è de sessant’ann che sta söl dondolo de la pension.
Yanez de Gomera, se recordet cume l’era?
Adess biciclet e vuvuzela… e g’ha el Suzuki anca Tremal Naik.
Yanez de Gomera, se recordet de James Brook?
El giüga ai cart giò al Bagno Riviera
e i han dì che l’è sempru ciuch.
Stuzzichini, moscardini e una bibita de quartu culùr,
abbronzati, tatuati i hen pirati vegnü de Varés.
La pantera, gonna nera, canottiera, cameriera
möv el cü anca senza i gettoni
ma l’è ché, dumà per cambiàt el büceer.
Sandokan in sö la spiagia, cui müdànd dela Billabong
G’ha l’artrite e g’ha el riporto,
partìs per Mompracem cul pedalò
e i Dayki cun scià la Gazzetta
g’han mea tem per tajat el co.
I lasen la spada suta l’umbrelon e fan piu danni con l’iPhone.
Yanez de Gomera l’èt vedüda l’oltra sira?
Pusse che la Perla de Labuan,
Marianna adèss la me par un sas.
Yanez de Gomera cünta sö amò cume l’era.
Ho vedü che s’è rifada i tètt, l’ha mea pudü rifàs el cör.
la sirena l’è incazzada che po mea giügà al balòn.
Pulenta e cuba libre per i granchi in prucession,
cumincia l’eppi auar, la tigre di Malesia
finiss all’usteria cul riis in biaanch e la magnesia.
Ustionati, pirati senza prutezion,
barracudas cun sö i rai ban che giüghen a ping pong.
Sandokan che’l vusa dent in pizzeria…
el vusa e canta Romagna Mia…
Yanez de Gomera se recordet cume l’era?
Adess biciclett e vuvuzela e g’ha el Suzuki anca Tremal Naik.
Yanez de Gomera se recordet del colonnello Fitzgerald?
L’ho vedü in sö la curriera, che ‘l nava a Rimini a vedè i delfini.
TRADUZIONE
Sale scende la marea e riporta la sua immondizia
un secchio e una ciabatta e una lattina di Red Bull.
Sandokan col mohito e il biglietto con sopra l’invito,
Sandokan che ha imparato a pilotare le infradito.
e la gente che arriva al mare tanto per dire che ci è stata,
con il gettone della sala giochi il cavallo muove un pochino il sedere.
Odore di frittura di pesce e di pizza d’asporto.
Kamammuri è da sessant’anni che sta sul dondolo della pensione.
Yanez di Gomera, ti ricordi com’era?
Adesso biciclette e vuvuzela… e ha il Suzuki anche Tremal Naik.
Yanez di Gomera, ti ricordi di James Brook?
Gioca a carte giù al Bagno Riviera
e hanno detto che è sempre brillo.
Stuzzichini, moscardini e una bibita di quattro colori,
abbronzati, tatuati, sono pirati venuti da Varese.
La pantera, gonna nera, canottiera, cameriera
muove il sedere anche senza i gettoni,
ma arriva solo per cambiarti il bicchiere.
Sandokan è in spiaggia, con le mutande della Billabong.
Ha l’artrite e ha il riporto,
parte per Mompracem col pedalò
e i Dayaki con in mano la Gazzetta
non hanno mica tempo per tagliarti la testa.
Lasciano la spada sotto l’ombrellone e fanno piu danni con l’iPhone
Yanez di Gomera l’hai vista l’altra sera?
Più che la Perla di Labuan,
Marianna adesso mi sembra un sasso.
Yanez di Gomera racconta ancora com’era
Ho visto che si è rifatta il seno, non ha potuto rifarsi il cuore.
La sirena è incazzata perché non può giocare a pallone
Polenta e cuba libre per i granchi in processione,
comincia l’happy hour, la tigre di Malesia
finisce all’osteria col riso in bianco e la magnesia.
Ustionati, pirati senza protezione,
barracuda con i Ray Ban che giocano a ping pong.
Sandokan che urla dentro in pizzeria…
Urla e canta Romagna Mia.
Yanez de Gomera ti ricordi com’era?
Adesso biciclette e vuvuzela e ha il Suzuki anche Tremal Naik.
Yanez di Gomera ti ricordi del colonnello Fitzgerald?
L’ho visto sopra la corriera, che andava a Rimini a vedere i delfini.
Mollica rafferma per cena
Uno degli spettacoli più monotoni e fastidiosi del mondo sono le interviste che Mollica mette in scena durante la settimana di Sanremo. Se possibile, ancora peggio delle sue recensioni su pellicole e canzonette varie, dove i complimenti e le frasi fatte si sprecano sempre e per tutti. Ma non è ancora stanco, dopo vent’anni, di chiedere sempre alle soubrette di turno “che cosa si prova a salire su quel palco?” o “che cosa significa arrivare a Sanremo?”?
Boh, io non me ne capacito. Una noia mortale, un senso si nausa disarmante. Al confronto le lezioni di costruzioni idrauliche di Paoletti, su RaiSat alle due di notte, o le interviste di Vendola sono uno spasso.
Obsession
Senta, io le domandavo questo, secondo lei, partendo fra circa… 3 minuti e mantenendo una velocità di crociera di circa 80/85 chilometri orari… secondo lei faccio in tempo a lasciarmi la perturbazione alle spalle… diciamo nei pressi di Parma?” (C. Verdone – Bianco, rosso e Verdone)
Ho sentito oggi alla radio la fregnaccia del giorno, e cioè che la maggior parte degli italiani soffre di disturbo ossessivo compulsivo. Tutti, insomma, abbiamo le nostre manìe. Queste sono dieci delle mie.
– Nella libreria i libri vanno allineati prima per macrogenere (romanzo, storia, linguistica, etc…) e poi in ordine alfabetico d’autore
– Prima di leggere un libro devo sempre sapere qual è il numero dell’ultima pagina
– Se interrompo la lettura di un libro senza finire il capitolo, devo farlo alla fine della pagina pari
– Non sopporto che durante la cena ci sia in tavola la bottiglia dell’acqua vuota
– Le foto sul pc vanno ordinate in cartelle denominate “LuogoGGMMAA”
– Faccio rifornimento spesso e con poche quantità di carburante, per la paura di avere il pieno se faccio un incidente (troppo gasolio sprecato)
– Ho sempre 50€ di scorta nel portafoglio, ben ripiegati, perché se resto senza soldi… non si sa mai (mai usati)
– Sto attento alle maiuscole sia nelle mail che negli sms
– Nei bagni pubblici non entro mai nel primo, né nell’ultimo, ma in uno di quelli in mezzo
– Se faccio la spesa, alla cassa devo riempire il più possibile il nastro, usando il meno spazio possibile
Le vostre?
Il trasformista senza talento
Nei romanzi di Le Carrè, spesso la spia fa il doppio gioco. Alcune volte, quando è l’eroe del libro, riesce a farla franca, salva se stessa e magari anche il mondo. In altre occasioni, invece, le cose vanno peggio: la spia viene scoperta e con un rocambolesco colpo di scena i destini si ribaltano.
Stasera, mentre scrivo, su Rai3 va in onda Il Trasformista, filmetto di terza segata (sic!) di Luca Barbareschi. Già… proprio lui: l’attore, il caratterista, il presentatore e infine il politico. Non è il solo ad aver iniziato come uomo di spettacolo, prima di passare nelle aule del Parlamento, ma è certamente il solo ad aver recitato così malamente il ruolo del trasformista.
Barbareschi, finiano di ferro, viene eletto nelle file del Pdl, ma al momento della scissione entra subito a far parte di Futuro e Libertà. La scorsa settimana, durante la votazione per la restituzione degli atti relativi alla vicenda Ruby alla Procura di Milano, Barbareschi annuncia coerentemente di votare “contro”, in linea con tutti gli altri finiani. Angela Napoli, deputata di Futuro e Libertà e capogruppo di Fli in commissione Antimafia, racconta minuziosamente quanto accade. “Barbareschi ha premuto il rosso, cioè contrario al deliberato della Giunta, così come era stato concordato da tutto il Fli. Poi ha messo il telefonino sulla lucetta rossa e ha scattato una foto. Che cinema… quindi ha lasciato il telefonino sopra la lucetta rossa. Ho capito che stava per fare qualcosa e ho toccato il braccio di Buonfiglio, facendogli segno di guardare lì. Alla fine, mentre il presidente Fini stava dicendo “votazione chiusa”, Barbareschi ha cambiato premendo il bianco, e dunque votando l’astensione, così come è apparso sul quadro generale d’Aula. Quando è apparsa la lucetta bianca sul quadro, in mezzo a tutti i rossi, ho sentito gridare dai banchi del mio gruppo: “Chi è stato?”. Io ho subito detto: Barbareschi. Perché l’avevo visto. Ma lui mi ha mostrato la foto che aveva sul cellulare. A quel punto gli ho risposto che era uno sciocco. Il voto è quello che appare sul quadro e viene registrato. Quando ha capito che aveva fatto un’eresia, Barbareschi ha detto “ho sbagliato” ed è andato giù a dirlo agli stenografi. Ma il suo voto non è stato cambiato e non sappiamo se si sia realmente avvicinato a loro e abbia detto qualcosa”. Una bella recita, non c’è che dire.
Ma per ora è ancora lontano dal ruolo di protagonista. Gian Antonio Stella ci ricorda infatti che Barbareschi ha il 52,3% di assenze nelle sedute del Parlamento: più che un protagonista, direi una comparsa. E quando Ferrucci, giornalista de Il Fatto Quotidiano, nel 2009 gli chiese come uno stipendio lordo di 23 mila euro al mese, più benefit, potesse giustificare tutte quelle assenze, il buon Barbareschi rispose: “…non ce la farei ad andare avanti con il solo stipendio da politico”.